L'Ucraina e gli effetti della guerra sul Fvg, l'analisi dell'esperto

L'Ucraina e gli effetti della guerra sul Fvg, l'analisi dell'esperto

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L'Ucraina e gli effetti della guerra sul Fvg, l'analisi dell'esperto

Di Mitja Stefancic • Pubblicato il 07 Mar 2022
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L'analisi dello studioso, tra le origini delle tensioni e gli effetti sul territorio regionale.

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Mitja Stefancic ha un dottorato in Economia dall'Università di Lubiana ed è stato cultore della materia in Economia politica all'Università di Trieste. Ha scritto per Affari internazionali.

Sul conflitto russo-ucraino, l'8 marzo Il Goriziano modererà un webinar organizzato da Azione cattolica Gorizia con ospiti Cesare La Mantia, professore di Storia dell’Europa orientale presso l’Università di Trieste; padre Germano Marani, professore al Pontificio istituto orientale nonché prefetto degli studi al Russicum; e Myroslav Marynovic, docente all’Università cattolica di Leopoli.

Genealogia della crisi e durata del conflitto

Per tratteggiare una provvisoria spiegazione sulla nascita del conflitto si dovrebbero considerare numerosi elementi, iniziando dalla rinascita di una certa tendenza imperialista della Russia e, al contempo, l’enfatizzarsi del nazionalismo in certe parti dell’Ucraina. Capire la logica in base a cui è nato il conflitto non è semplice. Ci vorranno il tempo necessario, i dati e la razionalità necessaria per analizzare a fondo la genealogia dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina.

In questo momento le emozioni che proviamo possiamo usarle per esprimere la solidarietà ai civili ucraini, alle persone costrette a lasciare le loro case, i loro cari. Ma prendere una posizione netta o cercare di individuare chi ha ragione e chi è il colpevole in un conflitto del genere è difficilissimo, seppure è indiscutibile che l’aggressione l’ha compiuta l’esercito russo ai danni della vicina Ucraina.

Nonostante l’informazione copiosa ed abbondante a cui siamo esposti quotidianamente stimo che nella nostra veste di cittadini comuni non disponiamo degli elementi che occorrono per tratteggiare un’analisi obiettiva. Al momento nemmeno gli analisti migliori dispongono di tutte le informazioni per elaborare un’analisi. Anche loro si stanno facendo un’idea sugli sviluppi del conflitto solo in maniera graduale.

C’è poi l’incognita del futuro: in questo momento la variabile temporale della durata del conflitto rimane imprevedibile. Si possono solamente fare delle ipotesi.

Le ipotesi di un conflitto tra Russia e Ucraina circolavano da tempo

Tra alcuni accademici che ho potuto ascoltare all’università l’attenzione nei confronti delle dinamiche tra la Russia e l’Ucraina era alta già da almeno una quindicina di anni. Se vogliamo guardare all’estero, alcuni ricercatori, per esempio David Lane dell’Università di Cambridge e Richard Sakwa dell’Università di Kent in Inghilterra hanno scritto parecchio riguardo alle tensioni tra i suddetti Paesi. Da questo si può trarre una conclusione molto diretta: gli avvertimenti di questi esperti non sono stati presi in debita considerazione da chi si occupa di diplomazia e delle relazioni internazionali.

Negli Stati Uniti il politologo John Mearshimer dell’Università di Chicago ha portato avanti la tesi secondo cui i conflitti tra i due Paesi sarebbero stati la conseguenza di un possibile ingresso dell’Ucraina nella Nato: le sue idee non sono state recepite e discusse a dovere, rimanendo perciò alternative, anche se, d’altro canto, c’è da dire che l’ingresso nell'organizzazione è stato ipotizzato (e di conseguenza propagandato) soprattutto dal presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, il quale ha forse sorvolato sul fatto che basta il voto contrario di un solo membro per bloccarne l’ingresso. Non sono semplici dettagli.

Queste constatazioni servono per spiegare che di materiale su cui riflettere per tempo ce n’era eccome, ma non si è fatto abbastanza. Soprattutto sul piano diplomatico. Da cittadino di due Stati membri dell’Ue posso qui sollevare la mia opinione riguardo la scarsa efficacia della mediazione europea tra Russia e Ucraina, una diplomazia incapace di prevenire il ritorno ai nazionalismi e, dall’altro lato, contenere certi “appetiti” politici.

L’impatto sulle economie europee sarà significativo

La strategia che si è messa in campo contro la Russia è quella dell’imposizione di sanzioni economiche, finanziarie e commerciali. Si tratta di una tattica che non è nuova, visto che è già stata adoperata contro la Russia nel corso degli anni passati. La novità è che il livello delle sanzioni è aumentato ulteriormente.

Ancor più incisiva è la scelta comunitaria del congelamento degli asset e delle riserve russe, una strategia che mira a mettere in ginocchio l’economia russa e che persino l’ex vice governatore della Banca centrale russa Sergei Aleksashenko ha descritto come una mossa potentissima che potrebbe infliggere danni irrimediabili all’economia russa. Del resto, le dichiarazioni della presidente della Commissione Ue von der Leyen sono state chiare a tal proposito. Per citare le sue parole: “congeleremo gli attivi della Banca centrale della Russia. Questo bloccherà le sue transazioni e renderà impossibile alla Banca centrale russa liquidare i suoi asset”.

Tutto bene, se la guerra dura qualche giorno o al limite qualche settimana e se il monito sanzionatorio è recepito da subito. Ma il conflitto potrebbe durare svariate settimane, forse mesi. Quella che è una strategia di politica internazionale per indebolire l’economia russa (e dunque il consenso del popolo russo nei confronti di Vladimir Putin) potrebbe rivelarsi un bumerang sul piano economico per la stessa Ue.

L’Italia rischia di subire indirettamente delle conseguenze pesantissime, basti pensare sulle aziende che hanno degli investimenti sul mercato russo, oppure alle banche e alle assicurazioni italiane che in Russia hanno delle percentuali di mercato importanti.

Infine, credo che i piccoli investitori privati che hanno degli investimenti legati al mercato russo abbiano in pochi giorni già subito perdite ingenti.

Per le suddette ragioni, ritengo che tutti gli sforzi politici e diplomatici debbano focalizzarsi su un unico obiettivo comune: convincere i due Paesi belligeranti a sedersi a un tavolo e trovare delle soluzioni pacifiche per deporre le armi, facendo capire che le prevaricazioni non sono ammesse. Altrimenti non ne guadagnerà nessuno: né russi né ucraini né gli europei. Servirebbe poi un mediatore autorevole, ma anche abbastanza neutrale. Questo ruolo potrebbe essere svolto dai diplomatici cinesi.

Infine, condivido i dubbi di coloro che sono critici sulla strategia di armare l’Ucraina, è come gettare benzina sul fuoco pensando di spegnere l’incendio.

In Fvg dobbiamo prepararci a contenere gli effetti della crisi che verrà

Partiamo dalla constatazione che tutto sommato i rapporti tra l’Italia e la Russia non erano per niente male prima del 24 febbraio scorso. A mio avviso, si stavano sviluppando delle collaborazioni imprenditoriali e stavano fiorendo dei legami commerciali interessanti. Dal mio punto di vista di studioso ho perciò apprezzato il fatto che il presidente della nostra regione, Massimiliano Fedriga, abbia da subito compreso la gravità della situazione e le ripercussioni che ci saranno sull’economia regionale.

A soffrirne saranno in primis le aziende regionali che basano il loro modello imprenditoriale sulle esportazioni – soprattutto sugli export verso i Paesi dell’est e la Russia.

In regione – anche nelle nostre vicinanze, per esempio a Monfalcone – hanno sede o delle filiali strategiche aziende di medie dimensioni che negli ultimi anni hanno fatto degli investimenti strategici in Russia. Queste aziende rischiano di doversi fermare per molto tempo in assenza di un ritorno alla pace tra Russia e Ucraina.

Anche le imprese che si trovano nella situazione di dover disinvestire devono fare delle scelte mirate su come disinvestire e come riorganizzare i propri investimenti e le loro politiche di sviluppo: non sono cose che si decidono da un giorno all’altro e ci sarà bisogno di figure preparate che sappiano consigliare i manager nelle strategie da portare avanti. Insomma, ci attendono tempi “interessanti”.

L’unica soluzione sarebbe deporre le armi


Viviamo in un mondo globalizzato che si sta rivelando interdipendente, sempre più fragile, sempre più in crisi. In definitiva, per tornare a noi e all’Europa, non vedo nulla di buono se l’invasione russa non dovesse terminare in tempi brevi e se non si trovasse un accordo anche solo provvisorio in tempi utili. Un ritorno al dialogo e alla ragione è auspicabile.

Vorrei perciò concludere con un pensiero molto forte dello scrittore Herbert G. Wells: “Se non poniamo fine alla guerra, la guerra finirà noi”. Mai come oggi queste parole hanno un peso specifico.

Nella foto: check point a Kiev (Lion Udler), la mappa dell'invasione russa e Mitja Stefancic.

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