Un solo parroco per cinque paesi, la comunità di Turriaco chiede più aiuto

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Un solo parroco per cinque paesi, la comunità di Turriaco chiede più aiuto

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 14 Feb 2024
Copertina per Un solo parroco per cinque paesi, la comunità di Turriaco chiede più aiuto

Incontro tra il vicesindaco Nicola Pieri, l’assessore Paola Spanghero e l'arcivescovo Carlo. Attenzione anche sulle strutture di accoglienza in paese.

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Lo aveva chiesto anche durante le esequie di don Enzo Fabrissin, il 16 dicembre scorso: don Francesco Fragiacomo, attuale parroco di Turriaco, San Canzian, Pieris, Begliano e Isola Morosini. Una richiesta all’arcivescovo metropolita di Gorizia, monsignor Carlo Redaelli: «Serve un aiuto per tutte queste parrocchie». Ora l'appello, vista la scomparsa di don Enzo a dicembre, figura storica che dal 1998 prima parroco di Turriaco poi vicario parrocchiale finché le forze gliel’hanno consentito, è arrivata all’ordinario diocesano anche dal Comune.

Stamattina, una delegazione costituita dal vicesindaco Nicola Pieri e dall’assessore alle politiche sociali Paola Spanghero, è stata ricevuta da monsignor Redaelli. Un incontro cordiale, richiesto proprio dall’amministrazione comunale, per tenere edotto il vescovo dei sentimenti della comunità di Turriaco, ancora scossa dalla scomparsa del parroco, don Enzo Fabrissin. «Il colloquio è partito proprio dal ricordo di don Enzo, e sul fatto che in questi ultimi mesi i cittadini abbiano risentito della mancanza di una figura sempre presente e all’ascolto dei loro bisogni» raccontano Pieri e Spanghero.

«Il ruolo di guida dell’unità pastorale - spiegano - è tenuto ora da don Francesco Fragiacomo, che deve seguire anche la comunità di San Canzian con le sue parrocchie, oltre a quella del capoluogo e di Turriaco, anche di Pieris, Begliano e Isola Morosini. Un compito importante ma al tempo stesso complicato vista la dimensione del territorio e del numero delle parrocchie. Per questo si è fatto presente all’arcivescovo il bisogno di un parroco dedicato alla comunità di Turriaco: sensibile alla richiesta, monsignor Redaelli ha spiegato come la situazione sia complessa e complicata per tutte le parrocchie dell’arcidiocesi e non solo».

In ogni caso, «si cercherà in qualche modo una soluzione, che potrebbe arrivare dalla presenza più assidua di qualche sacerdote impegnato ora in altri luoghi, in attesa della nomina di nuovi sacerdoti che dovrebbero arrivare nel corso». Tra i temi sviscerati anche la situazione delle strutture parrocchiali, canonica e oratorio. Se per la prima il discorso è legato alla presenza o meno di un sacerdote (e la cui alternativa potrebbe essere una destinazione a fini sociali), nell’oratorio è ora ospitata anche un’associazione che ha sempre lavorato a stretto contatto con la parrocchia.

«Dobbiamo far continuare questa convivenza che ormai è diventata ultratrentennale – è stato il pensiero riportato dal vicesindaco Pieri – perché il lavoro che le associazioni hanno fatto sul territorio è sempre stato meritevole, accompagnando la parrocchia stessa in percorsi sociali e di crescita della comunità, specialmente nel suo impegno con i giovani. Sarebbe un peccato disperderne l’operato, anche perché non devono prevalere logiche economiche su quelle sociali, altrimenti si rischia di ripetere errori già fatti nel passato nella gestione di altri luoghi pubblici».

Anche su questo aspetto, come rimarcano gli amministratori, c’è stata massima condivisione con l’arcivescovo, che pur rimarcando la necessità di mettere in opera delle convenzioni che regolino i compiti degli utenti delle strutture, ha sottolineato l’importanza delle associazioni nel tessuto cittadino e l’assoluta volontà nel continuare a condividere strutture e progetti. Infine, è stata presentata all’arcivescovo la situazione in paese in termini di accoglienza, con le due strutture che ospitano i richiedenti asilo e l’accoglienza privata che nel recente passato è servita per alcune famiglie ucraine: quadro già noto al vertice della Curia, che ha elogiato la comunità turriachese per i suoi progetti di ospitalità e accoglienza.

Ha quindi rimarcato, secondo quanto riportano gli amministratori, come il modello dell’accoglienza diffusa sia quello ottimale, che garantisce la qualità della vita di queste persone e al tempo stesso ne consente un miglior controllo, ancor più efficace se all’accoglienza si affiancano progetti di inserimento sociale e lavorativo dei richiedenti asilo. Il decano, don Paolo Zuttion, ha ribadito che non si tratta di una «presa di posizione contro il parroco ma, anzi, è la conferma di una richiesta di aiuto e di sostegno, magari fisso per quanto riguarda le domeniche», che attualmente, a turno, sono sopperite da alcuni sacerdoti delle parrocchie vicine. Una sorta di “cappellano festivo”; decisione, in ogni caso, che sarà, eventualmente, proprio l’ordinario a prendere nelle prossime settimane.

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