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Il sit-in dei volontari a Gorizia, «un tetto per tutti» e Caritas cerca spazi

Oggi la protesta davanti alla Prefettura sulla situazione migranti in città, l'eurodeputata Lizzi: «Vogliono introdurre il ‘diritto all’invadenza’».
È stato un sit-in di qualche ora, quello che questa mattina ha visto protagonisti alcuni esponenti di associazioni di volontariato di Gorizia. Davanti alla Prefettura, le diverse realtà hanno chiesto un cambio di rotta sulla gestione dell’immigrazione in città, soprattutto per quanto riguarda la prima accoglienza. “Come cittadini siamo preoccupati - spiega Andrea Bellavite, referente della Comitato per la Pace -, non è una questione di scelte politiche”.
Al centro dell’attenzione è la situazione in cui riversano le persone in attesa di appuntamento per le loro richieste d’asilo, dormendo all’addiaccio nei pressi di Casa rossa e della stazione ferroviaria: “Non è accettabile che quei poveri ragazzi dormano all’aperto con pioggia e temporali”. Gli ultimi giorni hanno visto sempre più percorse costrette a trovare riparo sotto tettoie o in tende, nel tentativo di ripararsi dalle intemperie, mentre da oltre due mesi i volontari portano vestiti, scarpe e medicinali da distribuire.
“Non è possibile che il volontariato faccia la parte delle istituzioni - attacca ancora Bellavite -. È fondamentale tutelare la salute persone, di chi arriva e degli altri. Anche perché diventa un pericolo per tutti se si ammalano, ci sono motivi sanitari. Bene se interviene la Chiesa, ma servono le istituzioni”. Sul tema, si è attivata nuovamente la Caritas, cercando nuove soluzioni da aver a disposizione per la notte: “Visti il tempo e la situazione meteo ci stiamo pensando” conferma il direttore dell’ente diocesano, Roberto Nucera, anche se indicazioni precise ancora non ci sono.
“Entro fine mese vorremo offrire un’accoglienza notturna - spiega - ma è ancora tutto da organizzare, ci sono vari aspetti da tenere presenti come la presenza di custodi notturni, la comunicazione e le liste delle presenze”. In ogni caso, il diacono chiede l’aiuto dei volontari già impegnati finora: “Ci stanno già aiutando, tutto il lavoro sarà concordato con loro”. Sul piatto ci sarebbero già alcune possibilità, oltre a quelle già a disposizione della Chiesa, ma Nucera non si sbilancia: “Vanno concordate e valutate”.
“Bisognerà vedere numeri, bisogna dare dignità all’accoglienza” rimarca. Nel frattempo, questa mattina la protesta ha chiesto un confronto con la Prefettura. A firmare l’appello sono stati anche il Centro di accoglienza Ernesto Balducci di Zugliano, Centro Misericordia e solidarietà, Donne in nero di Udine, Cgil Udine, Oikos, Rete Radié Resch, Time for Africa, Comitato per la Pace-Odbor za mir di Gorizia. In replica, è arrivata la posizione dell’eurodeputata Elena Lizzi, parlando di una “protesta per imporci il ‘diritto all’invadenza’”.
Puntando il dito verso la manifestazione di Udine, tenutasi in contemporanea a quelle di Gorizia e Pordenone, l’esponente della Lega ha rilevato che, “senza tenere in alcun conto il diritto internazionale e il diritto della repubblica italiana, quei pochi manifestanti che si sono oggi ritrovati davanti alla prefettura di Udine vogliono introdurre il ‘diritto all’invadenza’ spacciandolo per ‘dovere dell’accoglienza’. Negli anni l’Unione europea ha dato decine di miliardi di euro per l'accoglienza dei richiedenti asilo nei campi profughi”.
Strutture, queste, poste in diversi Paesi extraeuropei di transito. Ora, il gruppo europeo Identità e democrazia “propone che negli stessi campi vengano effettuate le verifiche sui diritti di asilo, con garanzia sui diritti umani. Chi non ha diritto all'asilo, invece, rientra in un'altra categoria di flussi (migranti economici) per i quali esistono i decreti ad hoc, sulla base delle previsioni e richieste delle categorie economiche e del governo”.
Citando il report della Fondazione Moressa su dati Eurostat, riporta che “soltanto il 20% dei permessi di ingresso rilasciati nel 2022 dall'Italia a cittadini extraeuropei riguarda il motivo di lavoro, ovvero 67mila su oltre 337mila. Tutto il resto, quindi, è caos e anarchia o forse indebita pressione politica, oltre che umanitaria, che poi si traduce in loschi affari gestiti anche da organizzazioni malavitose che dei destini delle persone di certo non si curano”.
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