Sgombero e rabbia in porto, il racconto dei no green pass a Trieste

Sgombero e rabbia in porto, il racconto dei no green pass a Trieste

la testimonianza

Sgombero e rabbia in porto, il racconto dei no green pass a Trieste

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 20 Ott 2021
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Ira dei manifestanti dopo i fatti di lunedì. Il presidente dell'associazione: «Morta la democrazia».

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Le immagini della protesta davanti ai cancelli del molo 7 di Trieste sono ancora nitide. Soprattutto negli occhi di chi era lì, prendendo parte alla protesta nata dalla mobilitazione dei portuali e diventata qualcosa di più ampio. Tra le migliaia di manifestanti scesi in strada chiedendo la messa al bando del green pass, in particolare per accedere ai luoghi di lavoro, c’era anche Paride Simoni, presidente dell’associazione Vivere o sopravvivere di Ronchi dei Legionari, già organizzatore della mobilitazione del 15 ottobre a Monfalcone con lo stesso obiettivo.

Il manifestante non usa mezzi termini per esprimere la propria rabbia per l’azione delle forze dell’ordine: “Abbiamo subito violenze, quel giorno è morta la democrazia”. Arrivato fin dalla mattina nel piazzale, Simoni racconta di un clima disteso: “C’erano persone sedute per terra a cantare. I blindati sono arrivati dal porto, iniziando ad avanzare dopo che un incaricato ha urlato velocemente per tre volte ‘in nome della legge, disperdetevi’. Da lì, hanno cominciato a sparare con i cannoni ad acqua sulla folla, con i getti dall’alto, per poi schierarsi e spingere”.

Il riferimento è ai carabinieri e poliziotti dispiegati in tenuta anti-sommossa, che Paride accusa: “I manifestanti erano fermi, hanno manganellato chi trovavano davanti”. Parla di fumogeni lanciati in modo indiscriminato, anche sulle retrovie, continuando a premere sulla folla per farla retrocedere verso l’uscita. “Ci avevano detto che, una volta arrivati al parcheggio, non ci avrebbero più caricato. Non era vero, ci hanno quasi accerchiato lasciandoci uno spiraglio da dove passare mentre proseguivano con i lacrimogeni”. Questi, sottolinea, “sono arrivati anche in una scuola”.

Su questo aspetto, la Questura ha replicato in una nota che ciò “non risponde a verità il fatto che lo stesso abbia raggiunto l’interno del plesso scolastico (in via Campi Elisi, ndr) essendosi fermato nel piazzale antistante, senza arrecare danno alcuno ai presenti”. Il presidente dell’associazione da sempre schierata contro le misure anti-Covid racconta di aver soccorso una ragazza: “Era un’infermiera in preda agli attacchi di panico. Stavamo andando via, quando la polizia è tornata con i manganelli”. Una volta usciti dall’area del porto, la gente si è quindi diretta verso piazza Unità d’Italia.

Qui sono rimasti per tutta la giornata di ieri: “Continuavano a lanciare fumogeni, alcuni sono finiti perfino tra i tavolini dei bar”. Dopo queste lunghe giornate, Simoni non molla: “Il presidio rimarrà fino a sabato, quando ci sarà l’incontro con i rappresentanti del governo a Trieste. Venerdì sarà fatto un nuovo corteo. La gente ha preso più coraggio, la piazza è piena - rimarca -. Questo è forse l’ultimo appiglio della democrazia contro la dittatura”. Nel frattempo, nelle stesse ore dei momenti più tesi, le urne per le elezioni amministrative segnalavano la vittoria dell’astensionismo, con oltre il 50% di triestini che non hanno votato.

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