Il ricordo degli internati a Visco, sit-in fuori dall'ex caserma Sbaiz

Il ricordo degli internati a Visco, sit-in fuori dall'ex caserma Sbaiz

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Il ricordo degli internati a Visco, sit-in fuori dall'ex caserma Sbaiz

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 08 Set 2022
Copertina per Il ricordo degli internati a Visco, sit-in fuori dall'ex caserma Sbaiz

Presenti anche i sindaci di Palmanova e Duino, sull'area l'idea del Comune per il recupero.

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Hanno voluto ricordare ancora una volta quel capitolo della storia italiana, troppo spesso rilegato in secondo piano. Questa mattina, la data evocativa dell’8 settembre ha richiamato un gruppo di persone fuori dai cancelli dell’ex caserma Sbaiz di Visco, dove durante la Seconda guerra mondiale venne allestito un campo di prigionia per civili jugoslavi. Questi erano diretti nel sito friulano dopo i rastrellamenti in città e villaggi da parte del regio esercito, oltre in altri come Gonars e Poggio Terza Armata.

Un momento di raccoglimento, quindi, per ricordare quelle persone strappate alle loro case e le condizioni in cui furono condannati a vivere. A raccogliere l’appello dello storico Ferruccio Tassin, da anni promotore dell’iniziativa, sono stati anche alcuni amministratori locali, tra cui sindaco e vice di Palmanova, Giuseppe Tellini e Francesco Martines, e il sindaco di Duino Aurisina, Igor Gabrovec, oltre al presidente regionale dell’Anpi, Dino Spanghero. “Educare alla pace si può - così Tassin - urge una pedagogia della pace”.

“I necromani - ha commentato l’ideatore della manifestazione - quando si propose di salvare questo campo, osservarono che i morti erano pochi, qui”. Ha quindi puntato il dito anche verso chi ha detto che l’area non era di interesse storico perché ricostruita, riferimento alle parole dell’allora assessore alla cultura Gianni Torrenti, nella giunta regionale di Debora Serracchiani. “Questo campo è e deve rimanere l’emblema del confine. Di quello ‘buono’, degli scambi in tutti i sensi, e di quello ‘cattivo’, della separazione, dell’odio e della diversità”.

Qui, nel 1945, furono prigionieri 20mila fra cetnici e domobranci sotto la custodia inglese. Sull’area, che già da tempo è stata riconvertita in parte come base della Protezione civile e per l’addestramento cinofilo, l’amministrazione comunale ha avviato uno studio di idee. L’obiettivo è poter accedere a fondi nazionali ed europei per la riconversione dei luoghi dismessi, anche in collaborazione con le amministrazioni comunali limitrofe. “Pensatori locali hanno detto che il paese è ostaggio del campo” l’affondo di Tassin.

Nel corso del momento davanti ai cancelli, sono state lette passi di diari, lettere e poesie legate al tema. L’organizzazione non ha nascosto critiche verso la stessa attuale giunta: “Speriamo che la politica si comporti almeno quanto ha già fatto la Soprintendenza. Altrimenti, il nazionalismo, fonte di ogni male, ripeterà le sue imprese, come fa oggi nella guerra contro l’Ucraina. Chi passi davanti a questo luogo pensi a questo e anche che qui alcuni reclusi lavorarono per un piatto di minestra in più, non come metafora, ma come drammatica realtà”.

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