Lo psichiatra Vittorino Andreoli apre Geografie, «noi e la dittatura del denaro»

Lo psichiatra Vittorino Andreoli apre Geografie, «noi e la dittatura del denaro»

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Lo psichiatra Vittorino Andreoli apre Geografie, «noi e la dittatura del denaro»

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 19 Mar 2024
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Studioso del cervello e psichiatra di fama internazionale, ha dedicato la sua ultima opera al potere dei soldi. Domani aprirà Geografie a Monfalcone.

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Vittorino Andreoli, psichiatra e scrittore, aprirà domani sera (mercoledì 20 marzo) alle 18, l’edizione 2024 del Festival Geografie a Monfalcone. Un appuntamento atteso vista la tematica cardine dell’incontro, ovvero la “Dittatura del denario”, titolo anche dell’ultima pubblicazione del medico. Studioso del cervello e psichiatra di fama internazionale, Andreoli è stato direttore del dipartimento di Psichiatria di Verona-Soave ed è membro della New York Academy of Sciences.

È autore di numerosi libri di successo, tra cui, per Solferino, L’uomo col cervello in tasca (2019), Una certa età (2020), La famiglia digitale (2021), L’origine della coscienza (2021), Contaminazione (2022), Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio) (2023) e La dittatura del denaro. Contro le menzogne dell’economia (2024).

Il denaro non può rispondere alle dinamiche dei bisogni del corpo e della mente. Se esce dalla sua dimensione di strumento, genera confusione ed egocentrismi. Permette la “sopravvivenza”, ma anche il “potere”. Può produrre veri e propri disturbi di dipendenza, quando da mezzo diventa fine ultimo, condizionando il presente e il futuro del singolo. Occorre dunque allontanarsi dal culto del “Dio-denaro” per tornare a un’economia dal volto umano, all’individuo e al suo significato di essere nel mondo. Una “psicoeconomia” del bene aperta a campi come quelli della fragilità dei sentimenti e delle relazioni e ai valori che sono alla base del vivere comune.

«Non ho nulla contro l’economia – racconta Andreoli ridendo - perché del resto so che il denaro è uno strumento, tanto antico da essere utilizzato ancora dagli antichi Greci. Allora perché mai uno psichiatra si interessa al denaro? Perché in questi anni di analisi posso dire di aver riscontrato la dittatura del denaro. Quello che risulta chiaramente dai vari pazienti che si presentano a me è che si può parlare di malattie da denaro». Andreoli nel suo ultimo volume “La dittatura del denaro”, appunto, parla dapprima delle varie patologie a esso correlate ma anche dell’economia del benessere e quindi «attribuisco il benessere non esclusivamente al denaro come cerca di fare l'economia attuale».

Sul termine “Valore”, e derivati, Andreoli si sofferma non poco: «Viene usato esclusivamente per il denaro. E io ho sottolineato che per l'uomo, per l'umanesimo, esistono tanti altri valori. Come lo stare bene. Ecco, dipende anche da valori che l'economia del denaro ha dimenticato e che invece hanno un'importanza grandissima, anche se appunto non dipendono dal denaro, l'amore non è denaro dipendente, l'amicizia non lo è così come il dono, un sorriso, la gentilezza. Un altro valore importante per l'uomo è quello della fiducia, che ha lo stesso termine di fede. E quindi che può addirittura arrivare a una dimensione che va oltre le cose oltre questo mondo».

Andreoli racconta di malattie del denaro e di possibili cure. «Deve rimanere uno strumento, non un’ossessione o, ancor peggio, una ragione di vita. Sono a favore di un’economia che rispetti il benessere, senza bisogno di appendere al collo di ognuno un cartello di cartone con il prezzo di ciascuno». Che proposte, dunque? Quelle di creare «un’economia del bene, evitare che il denaro ci porti alla patologia dell’inutile o del necessario, per chi ne ha tanto o per chi ne ha poco».

E sui giovani? Vi è lo stesso effetto? Andreoli è sicuro di no e la chiama la teoria del “minimalista”. «Oggi c'è una tendenza che, però, non è ancora tale da cambiare una economia, ma è propria del mondo giovanile che non è disposto a spendere la propria vita per il denaro. E per questo non li limiti in una certa libertà, curiosità, voglia di viaggiare. Allora questi minimalisti non accettano di esserne condizionati. In sostanza è il minimalista è colui che cerca di rispondere ai bisogni della propria interiorità, i bisogni dell'uomo, del giovane».

Un minimalista, però, si preoccupa e si impegna ma «il lavoro è strumento per vivere non è più “vivo per lavorare”, ma “lavoro il sufficiente per vivere”, dimenticandosi dei telefoni all’ultima moda ma segue la scoperta di un’esigenza esistenziale: questa tendenza minimalista mi pare interessante. Naturalmente non è presente in tutti i giovani, però comincia a prendere piede e, secondo me, è un segnale che indica come quella economia, quella che io ho tratto nella prima parte, è insopportabile e non risponde più all'uomo», conclude Andreoli.

Foto Giuseppe Nicoloro/Flickr

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