Le ricerche
Grande Guerra, la lapide scoperta a Vermegliano arriva dal Collio: ecco la storia di Cesare Paglia

In poco più di un giorno un gruppo di ricercatori italo-sloveni si è messo in moto per svelare il mistero. Ancora buio sul viaggio della lapide.
Un mistero, o per lo meno una curiosità, che può dirsi in parte risolto, quello della lapide funeraria del soldato Cesare Paglia, risalente alla Prima guerra mondiale e ritrovata ieri a Vermegliano durante i lavori per la creazione del nuovo parcheggio, nei pressi di piazza Santo Stefano.
Varie le voci che si sono alzate circa il ritrovamento, da chi l’ha definito un pesce d’aprile a chi ha, giustamente, portato dati storici sottolineando la limitata presenza del 128° rgt. fanteria sul Carso (solo un mese, giugno 1916, e sul monte San Michele; in tempo per subire l'attacco chimico del 29 giugno 1916) e, soprattutto, l’incongruenza tra il reparto riportato in epigrafe (il 128° rgt. di fanteria, per l'appunto) e il fregio di artiglieria presente alla base della lapide.
Che si trattasse di un riutilizzo marmoreo ne era quasi certo il ricercatore storico Marco Mantini che, questa mattina, grazie alla sensibilità e alla collaborazione del direttore del Sacrario di Redipuglia, Massimiliano Fioretti, ha potuto visionare la lapide ritrovata, che ora è custodita dalla Direzione di Redipuglia quale reperto sottoposto a tutela.
Andando con ordine, va detto che sul luogo del ritrovamento si trovava un cimitero di guerra che, nel corso degli anni, cambiò più volte nome. “La presenza di strutture sanitarie, come a Vermegliano, faceva sì che si creassero comunque dei cimiteri più o meno strutturati. Oltre a quello vicino alla chiesa venne costruito quello nella zona in cui è stata ritrovata la lapide”.
Durante la guerra, continua Mantini, il cimitero veniva indicato quale “Cimitero militare di Vermegliano a sinistra del viale prima della piazza” per poi diventare, nel primissimo dopoguerra nell’ambito della sistemazione provvisoria, il “Cimitero grande di Vermegliano” per poi, nel 1920/1921, venire intitolato al tenente colonnello Arturo Galanti, comandante del 149° rgt. di fanteria, morto l’11 novembre 1915 proprio nelle strutture sanitarie di Vermegliano. N
ei primissimi Anni Venti si concluse la sistemazione provvisoria dei cimiteri di guerra presenti sul fronte carsico: il cimitero 'grande' di Vermegliano custodiva 824 caduti, tutti italiani. Ad oggi si possono apprezzare i resti del muro di cinta. Il camposanto venne soppresso e tutte le salme furono traslate nel 1923 al cimitero degli 'Invitti della terza Armata' appena realizzato sul colle S.Elia.
Ma il soldato Cesare Paglia morì lì? No. Dalle ricerche condotte nelle ultime ore da Mantini e da alcuni ricercatori sia italiani che sloveni - in questo caso Massimo Peloia di Milano, Mitja Močnik e David Erik Pipan del Društvo Soška fronta di Nova Gorica – è emerso che il Paglia, nato a Civica Castellana, allora in provincia di Roma ma attualmente sotto quella di Viterbo, il 1 novembre 1887, morì a Dornovico superiore/Drnovk sul Collio sloveno sede - alla data di morte del Paglia, ovvero il 15.08.1916, dell'Ospedaletto da campo n.111, con cinquanta letti.
Il 128° rgt. di fanteria, inquadrato nella brigata Firenze, era dislocato nel settore di Plava dove, stando all'atto di morte, il Paglia venne ferito gravemente da un colpo di fucile e, in seguito, trasportato all'Ospedaletto n.111 dove morì venendo seppellito nel cimitero adiacente. “È probabile – prosegue Mantini – che sia stato poi traslato tra gli ignoti sepolti all'Ossario di Oslavia”.
Tutto torna, insomma, ma il mistero, però, su come la lapide sia arrivata lì è ancora da svelare. “La storia ci porterà sicuramente a condurre ulteriori ricerche”, precisa Mantini che sì è occupato per oltre vent’anni della ricerca e censimento dell'epigrafia di guerra sul fronte del Carso e delle Alpi Giulie.
La lapide in sé reca alcune decorazioni di buona fattura in stile secessionista con il fregio dell’artiglieria a cavallo e l'indicazione della 28a batteria: ma se il Paglia era nella fanteria, perché allora compaiono anche i riferimenti all'artiglieria? Semplice riutilizzo della lapide sulla quale vi era già il nome o i nomi di caduti della 28esima batteria: probabilmente uno o più nomi – e qui si spiega la presenza del fregio d’artiglieria – poi abrasi per far spazio al nome del Paglia.
“Come la lapide sia arrivata a Vermegliano non lo sappiamo, certo è che dobbiamo ringraziare l’ignoto autore dello spostamento per averci permesso di condurre queste e le prossime ricerche”, conclude Mantini. Resta il fatto che era sotto terra da più di qualche anno e che, per fortuna, è stata messa in salvo.
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