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Il ricordo dei deportati di Gorizia in Jugoslavia: «Ancora non responsabilità»

Il ricordo di chi non è tornato e dei giornalisti morti sul campo, i lavori per il Lapidario.
Le persone non possono essere cancellate con un tratto di gomma, girando la schiena dall'altra parte e facendo finta che non siano mai esistite per non disturbare il manovratore o intralciare interessi diversi. Lo ha evidenziato ieri, nel Parco della Rimembranza di Gorizia, il presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin, rappresentando l'intera assemblea legislativa in occasione della tradizionale cerimonia in memoria dei deportati locali in Jugoslavia. "Se ci voltiamo davanti a una sopraffazione e trascuriamo chi è diventato martire per un'idea, significa che stiamo mostrando lespalle anche alla democrazia".
Una cerimonia definita diversa dalle altre, per le quali si è giunti a un'assunzione di responsabilità e a una condivisione attraverso una documentazione storica. In questo caso, invece, "non si capisce perché non si riesca ad arrivare a una condivisione di quanto accaduto per guardare avanti e rendere pace a quelle persone presenti su quel muro che ancora pace non hanno. Come non l'hanno i loro figli e i loro nipoti". Zanin ha anche evidenziato che si tratta di una delle poche situazioni in cui "non si è fatta piena assunzione di responsabilità e chi ha contribuito alla sofferenza di tante famiglie non ha ancora maturato che ha commesso un abominio e una violenza".
Un tentativo, ha aggiunto, "di sopraffare le famiglie e le comunità con un'altra dittatura dopo anni di sofferenza. La guerra, infatti, si era già conclusa. Eppure, 665 (ma, probabilmente, molti di più) goriziani e isontini vennero comunque strappati dalle rispettive famiglie per essere deportati nell'ex Jugoslavia da dove, gran parte di essi non avrebbero fatto mai più ritorno". In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, inoltre, sono stati ricordati anche i cronisti deceduti nell'esercizio della proprio professione: davanti al Lapidario attiguo al monumento centrale è stata deposta una corona d'alloro.
Un momento condiviso insieme ai vertici dell'amministrazione comunale, della Lega nazionale e del Comitato dei congiunti dei deportati in Jugoslavia, presieduto da Laura Stanta. Dal canto suo, il sindaco Rodolfo Ziberna - assentatosi dal consiglio comunale in cui si stava discutendo il bilancio - ha ringraziato Zanin "per sempre essere vicina alla città in ricordo di tragedie che verranno sempre ricordate, aggiungendo anche che nessuno cerca vendette, ma solo il riconoscimento di quanto è avvenuto". Il prefetto di Gorizia, Raffaele Ricciardi, ha invece sottolineato che "il dolore non ha colore e orientamento politico. È solo dolore e deve costituire un insegnamento".
I presidente della sezione locale della Lega nazionale, Luca Urizio, ha concluso il suo intervento ricordando che, sul lapidario che verrà completato in futuro con la pavimentazione del Percorso del ricordo, "scriveremo per la prima volta in Italia i nomi di chi è stato a uccidere i nostri martiri. Siamo solo contro chi ha tradito e ha commesso eccidi come questo: è necessario cancellare l'omertà per poter venire qui a pregare. Questi non sono numeri, ma nomi, e noi abbiamo il dovere di continuare a ricordarli". Zanin ha quindi confermato l'impegno per contribuire all'opera, evidenziando che "ovunque esista ancora un retro pensiero di supremazia, il rischio è che si ripeta quanto sta accadendo a 1500 chilometri di distanza perché, se non si fanno i conti fino in fondo con la storia, essa finisce per riproporsi".
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