la ricostruzione
Giovane di Gorizia muore nel carcere di Padova, scoppiano risse e violenze

A denunciare l'accaduto è il sindacato di polizia Sappe, il giovane era uno dei condannati per la rapina all'edicola sulla Mainizza a fine 2022.
Un detenuto è morto ieri, giovedì 29 febbraio, nel carcere di Padova: si tratta di un giovane 25enne di Gorizia, di origini serbe, condannato insieme a un'altra persona per la rapina all'edicola sullo stradone della Mainizza di Madonnina. Il fatto era avvenuto a fine ottobre del 2022, a cui era seguito nel giro di poco tempo un secondo colpo, questa volta ai danni di un distributore di benzina a Nova Gorica. A stroncarlo sarebbe stato un malore, che ne ha provocato l'arresto cardiaco, come riferito dal Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) che ha ricostruito quanto accaduto dopo il tragico evento.
Il ritrovamento del corpo, spiega la sigla, «è stato il pretesto per altri ristretti di seminare il panico in carcere, rendendosi responsabili di gravi atti di violenza, uno dei quali particolarmente inquietante: un detenuto, urlando “Allah è grande” e brandendo una bomboletta di gas, minacciava di farsi e farci saltare». A denunciare l'accaduto è il segretario generale Donato Capece, che rileva come «già la notizia della morte di un detenuto in carcere, per cause naturali, è triste e grave, ma amareggia ancora più che ciò ha indotto altri detenuti a scatenare violenze inaudite e inaccettabili».
Verso le 10, spiega il sindacato, dopo il decesso altri detenuti -in particolare stranieri- «hanno iniziato a protestare e il personale di Polizia penitenziaria, come sempre sottorganico, con non poche difficoltà ha gestito l'evento riportanti tutto alla calma. Purtroppo, solo per poche ore. Difatti, nel pomeriggio e sino alla sera si sono registrati episodi di violenze, in particolare nei due Blocchi detentivi II e IV, sia tra di loro che a danno del personale di Polizia». Ulteriori disordini sono scoppiati dopo le 16.30, a partire da una rissa tra detenuti «e, successivamente, delle aggressioni al personale di Polizia penitenziaria, con due agenti contusi poi inviati al Pronto soccorso», prosegue la nota.
«Verso le 18.30, poi, altri disordini nel II Blocco dove c’è anche stato l’episodio più inquietante. Il tempestivo intervento dei poliziotti, già sotto stress e fortemente oltraggiati e minacciati, è riuscito a scongiurare rissa e aggressioni al personale. Ma un detenuto si è parato davanti a un poliziotto urlando “Allah è grande” e, brandendo in mano una bomboletta di gas, minacciava di farsi e farli saltare. Fortunatamente, non è accaduto nulla e il personale di Polizia è riuscito a far rientrare la situazione dopo una lunga ed estenuante mediazione».
Capece sollecita «chiunque, ma soprattutto chi ha ruoli di responsabilità politica ed istituzionale - penso in primis ai Sottosegretari alla Giustizia Delmastro e Ostellari, ognuno per quanto di competenza per delega ministeriale - dovrebbe andare nella Casa di reclusione di Padova a vedere come lavorano i poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del Sappe e di tutto il Corpo ma dell’intera nazione». Il segretario rileva com'è «sotto gli occhi di tutti che la situazione penitenziaria è sempre più critica», ricordando: «Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare nelle loro carceri le pene, come anche prevedere la riapertura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici».
Persone, quest'ultime, «sempre più numerose, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario. Ma servono anche più tecnologia e più investimenti: la situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose. Basta! Siamo noi a non poterne più da questa situazione di diffusa illegalità: siamo a noi a doverci chiedere dove è lo Stato» conclude il vertice del Sappe.
Foto Inside carceri/Flickr (archivio)
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