Il resoconto
Folla per l'ultimo saluto al diacono Renato Nucera, Cormons dà l'addio all'«orso riflessivo»
A presiedere la liturgia funebre l'arcivescovo Carlo Redaelli in un gremito duomo di Sant'Adalberto. Il ricordo dell'impegno nel sociale e nelle comunità di Gorizia e Gradisca d'Isonzo.
Sembrano vivi ma non lo sono poi così tanto, i colori illuminati dal sole autunnale di novembre. Tanto più tra le vie del centro storico di uno dei nostri paesi nei quali la luce finge di scaldare le persone che velocemente, come a Cormons oggi pomeriggio, 7 novembre, si portavano al duomo di Sant’Adalberto per l’ultimo saluto al diacono permanente Renato Nucera, scomparso il 1° novembre.
«Renato, all’interno della vocazione cristiana che accomuna tutti i battezzati, ha ricevuto il dono della vocazione matrimoniale e poi di quella diaconale. Una vocazione, quella matrimoniale, vissuta con la moglie Daniela e a favore di figli e nipoti, che avrebbe raggiunto tra alcune settimane il traguardo del cinquantesimo di matrimonio. Una vocazione che si è intrecciata in modo armonioso, grazie anche all’intesa con la sua compagna di una vita, con quella diaconale», ha ricordato l’arcivescovo Carlo Redaelli nell’omelia. È stato proprio l’ordinario goriziano a celebrare le esequie del diacono Nucera, attorniato non solo da numerosi sacerdoti del clero secolare ma anche dai vari confratelli nel diaconato dello stesso Nucera.
«Renato ha vissuto il servizio mettendo in gioco la sua forte personalità, che qualche volta poteva creare qualche sconcerto nei suoi interlocutori, ma sempre con molta verità e molto cuore. Certamente il diacono Renato lo ha realizzato nel suo servizio in riferimento a una comunità per giovani con dipendenze, presso la comunità di San Valeriano a Gradisca di Isonzo, nella direzione della Caritas diocesana, nella responsabilità verso la Comunità sacerdotale di Gorizia», ha proseguito l’arcivescovo.
Tra i tanti in un gremito duomo di Sant’Adalberto, tra parenti e amici, anche i volontari e la direzione della Caritas diocesana di Gorizia, della Misericordia di Cormons e della Croce Rossa italiana.
«Papà ti ammiravo un sacco e da piccolo ti vedevo come un gigante, con quella dedizione di far sorridere e star bene le persone», ha ricordato il figlio Matteo, in prima fila con il fratello Davide e la mamma Daniela. «Amare ti veniva davvero bene, hai speso tanto per farci stare bene. Hai fatto delle tue scelte il baluardo contro le cattiverie che hai subito», così ancora il figlio che ha ricordato i «sedici anni a San Valeriano a Gradisca che sono stati indimenticabili, ti sei preoccupato che stessimo tutti sempre bene».
Ha ricordato il padre come «un orso riflessivo, esattamente come il totem che ti hanno donato gli scout di Cormons», dando spazio ai ricordi dell’impegno «verso la Caritas, i sacerdoti dal grande carisma che abbiamo conosciuto nel corso degli anni». L’amore per Daniela, sua moglie, è stato uno dei punti cruciali del saluto finale del figlio: «Per me sei stato padre, uomo e mentore e non ho mai dubitato delle tue scelte».
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