Fine vita, la tavola rotonda dell'Udc a Gorizia tra libertà e cure palliative

Fine vita, la tavola rotonda dell'Udc a Gorizia tra libertà e cure palliative

la serata

Fine vita, la tavola rotonda dell'Udc a Gorizia tra libertà e cure palliative

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 26 Gen 2024
Copertina per Fine vita, la tavola rotonda dell'Udc a Gorizia tra libertà e cure palliative

Ieri l'incontro organizzato dall'Udc sul tema di stretta attualità, Bruna Scaggiante (Lilt Fvg): «Nessuno può decidere per un altro».

Condividi
Tempo di lettura

Secondo Heidegger l’essere umano si traduce in un essere-per-la-morte, nell’accezione della piena autenticità del vivere. Di qui l’importanza di affrontare gli ultimi momenti della propria esistenza con dignità e portando il dolore ai minimi termini. Si è svolta nella serata di ieri – presso la Sala Dora Bassi di Gorizia – la tavola rotonda sul fine vita organizzata dall’Unione di centro. A moderare il dibattito l’assessore al Go!2025 Patrizia Artico, coadiuvata dalla presidente del consiglio comunale Silvia Paoletti (Udc Gorizia).

«Credo non ci possa essere un partito che possa imporre – ha osservato il sindaco Rodolfo Ziberna – Ovviamente un partito deve prendere una posizione, se non altro perché c’è la Corte costituzionale. A ogni cittadino ritengo debba essere assicurata la libertà di coscienza. Quando in consiglio è stata portata la mozione sul fine vita l’ho fatta propria, perché non si tratta di un problema di maggioranza, quanto di coscienza personale». Fondamentale secondo Ziberna è assicurare al malato il diritto alle cure palliative. Un tema delicato anche per Paoletti, secondo cui «il diritto della vita deve essere sempre difeso, potenziando le cure palliative».

Questioni che meritano un confronto, nonostante il dolore che portano con sé, perché «qualunque sia la scelta, porta dolore», ha rimarcato Artico. Ad approfondire l’aspetto filosofico è stato invece Don Franco Gismano – docente di Filosofia e teologia morale presso la facoltà di Udine. Alla radice del termine coscienza giace il significato etimologico “cum-scire”, che vale come un “sapere insieme”. «Un pensare insieme, complessità di quella che diventa la responsabilità personale nelle scelte. Uno dei grossi problemi che rendono difficile costruire una normativa di legge è legato a questa difficoltà/pericolo di ridurre la persona a individuo».

Una unicità possibile solo attraverso il confronto con gli altri, che evidenzia come nel percorso di malattia ciascun paziente debba essere valutato a sé. Ad avvalorare questa tesi le stesse terapie oncologiche individuali, nella misura in cui ogni carcinoma ha caratteristiche molecolari differenti. A ribadirlo è Bruna Scaggiante – coordinatore regionale Lilt Fvg – per la quale è importante ascoltare l’individuo senza entrare nel merito delle scelte individuali: «Nessuno può decidere per un altro. Le amministrazioni hanno il dovere di fornire una qualità nell’accompagnamento del malato verso la sua fine».

Un tema che ci riguarda da vicino e che scuote le coscienze collettive, perché «non stiamo parlando di terza persona, ma di noi – conferma il consigliere regionale Carlo Grilli. «Oggi l’Oms definisce disabile la persona che si ritrova in un contesto non in grado di garantire gli strumenti necessari a svolgere una vita autonoma. Parliamo di persone che hanno un nome, non dobbiamo generalizzare. Ogni persona non solo è importante, ma essenziale, preziosa per la comunità». Riportando il caso di Eluana Englaro «imprigionata in un corpo da anni», Artico riflette sulla possibilità di differenziare i pazienti in relazione al caso singolo.

A rispondere è don Gismano, secondo il quale «il rispetto della persona implica il riconoscimento alla stessa di prendere decisioni circa la propria vita. Non fornire quest’opportunità significa non riconoscerne la dignità». Una libertà di scelta che è diritto di ciascuno, e che implica una «risposta di coscienza condivisa. Poi, non è detto che la libertà di scegliere comporti una scelta giusta. Un conto è l’aspetto del diritto, un conto l’aspetto morale. E la libertà non è solo volontà». Laddove la sofferenza diviene insostenibile è necessario un intervento tempestivo.

«Come ha detto don Gismano, qualsiasi scelta individuale incide sulla collettività – sottolinea Scaggiante - Se come collettività siamo chiamati a fornire una risposta, credo debba essere individuata nei tempi brevi di percorso». Risposte rapide anche attraverso programmi privilegiati di ricovero, che evitino di morire in un’anonima corsia d’ospedale. Per questo motivo è necessario interpretare le necessità del paziente, perché «chi vive il processo va ascoltato nei tempi giusti» in primis dal medico, che deve svolgere il proprio ruolo «secondo scienza e coscienza».

Numerosi gli interventi dei cittadini, fra cui quello di Tiziana Mitaritonna - referente per la cellula Coscioni di Gorizia – la quale ha evidenziato il vuoto legislativo ancora presente. «Esiste una legge sulle cure palliative, ma non quella sul fine vita. Abbiamo raccolto 8200 firme, eppure è tutto fermo in terza commissione, nonostante vi siano state varie mozioni presentate sia dal consigliere Enrico Bullian che da parti dell’opposizione».

Un tema che non può essere procrastinato oltre, e che deve passare innanzitutto attraverso una trasformazione culturale, ha insistito Scaggiante. «Come può intervenire, la società attuale? Intanto con un cambiamento culturale. Dall’altra è necessario promuovere fatti e azioni affinché si accompagni il malato in seno al nucleo familiare».

Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram e Whatsapp, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) la redazione de Il Goriziano è contattabile al +39 328 663 0311.

Articoli correlati
...
Occhiello

Notizia 1 sezione

...
Occhiello

Notizia 2 sezione

...
Occhiello

Notizia 3 sezione

×