Amidei riempie piazza Vittoria, «portato industria cinema a Gorizia»

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Amidei riempie piazza Vittoria, «portato industria cinema a Gorizia»

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 21 Lug 2023
Copertina per Amidei riempie piazza Vittoria, «portato industria cinema a Gorizia»

Ieri l'inizio del festival con il film La stranezza di Roberto Andò, Anzil: «In quarant’anni a modificare il significato della parola confine».

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Chissà se anche Pirandello avrà applaudito entusiasta dalla sua platea nell’aldilà, di fronte a questo manifesto corale sulla creazione artistica. «Quale autore potrà mai dire come e perché un personaggio gli sia nato nella fantasia? Il mistero della creazione artistica è il mistero stesso della nascita naturale». Così scriveva il drammaturgo nella prefazione ai “Sei personaggi in cerca d’autore”, cui si è ispirato Roberto Andò con “La stranezza”, in concorso per il premio alla miglior sceneggiatura Sergio Amidei di Gorizia, iniziato ieri sera in piazza Vittoria.

Scritto con Ugo Chiti e Massimo Gaudioso presente sul palco, la proiezione ha aperto l’inaugurazione ufficiale della 42ma edizione del festival, sotto il cielo stellato di piazza Vittoria. A intervenire alla serata l’assessore alla cultura Mario Anzil, che ha sottolineato l’importanza della sceneggiatura: «consente di suscitare emozioni e regalare attimi di felicità». Un premio, quello Amidei, che «ha contribuito in quarant’anni a modificare il significato della parola “confine”. Prima eravamo solo il presidio armato del confine orientale, ora siamo un compendio dell’universo che pulsa nel cuore dell’Europa».

«Ad ogni inaugurazione del Premio Amidei si
accende un faro su Gorizia che entra così a far parte del grande set del cinema internazionale. Una magia di cui Gorizia, e con essa la Regione, va fiera da oltre quarant'anni». Riferendosi poi alla seconda edizione della Via della creatività, ha elogiato il livello qualitativo e l'importanza raggiunti dalla manifestazione, «capace di far crescere la città e contribuire alla sua rinascita». Dal canto suo il primo cittadino Ziberna ha rimarcato che «se non ci fosse il premio Amidei, non ci sarebbe una vera industria cinematografica nella nostra città», alludendo anche a Matteo Oleotto presente nei prossimi giorni.

Francesco Donolato, presidente dell’associazione Amidei, ha invece rivelato il tema scelto per questa nuova edizione: quello del cinema indipendente. Memorabili giornate del cinema che saranno arricchite da preziosi ospiti, fra cui Lello Arena, Paolo Mereghetti e Roy Menarini, membro del comitato di direzione scientifica. Dopo la presentazione del video-promo di Marco Devetak, goriziano di nascita e britannico per formazione, il film ha preso avvio mostrandoci un dignitoso e compito Pirandello (Toni Servillo, di impressionante somiglianza) sul treno diretto a Girgenti.

La creazione diviene ossessione, in un viaggio nel tempo che è commistione di sogno e realtà. Le situazioni comiche e strampalate saranno occasione di riflessione sul senso del fare teatro e della creazione in senso lato, per Pirandello quanto per lo stesso Andò. Una sorta di specchio nello specchio, che diviene via via un gioco di allusioni e continui rimandi alla storia del teatro e del cinema. A fare da contraltare all’austero Servillo, recitando come Franco e Ciccio in “Caos” dei fratelli Taviani, Salvatore Ficarra (Sebastiano) e Valentino Picone (Onofrio) si arrangiano a scrivere e recitare come “dilettanti professionisti”.

Sono due fool shakespeariani che stemperano le tinte fosche con il dramma tragicomico “Cicciareddu e Petruzzu”: «Ficarra e Picone erano entusiasti», racconta Gaudioso. «Mettere insieme fantasia e realtà in modo molto naturale ci ha consentito di ottenere un lavoro fatto con grande velocità e leggerezza». L’iniziale battuta di Tano pronunciata con l’intonazione sbagliata – «Non ho nessuno/Scopo e sono felice», oltre che far ridere il pubblico, mostra un teatro di guitti che richiama alla memoria gli attori scalcagnati de “I promessi sposi alla prova”. Dove però la scelta linguistica è intrisa di siciliano e citazioni colte: Seneca, Ovidio, Leopardi, per citarne alcuni.

Una Sicilia in cui la morte si mescola alla vita, con il carro funebre che entra nel cortile dove carrube e pomodori sono stesi a disseccare. E dove i vivi dialogano con i morti: «Guardare troppo la luna fa venire cattivi pensieri», dice la balia apparsa a Luigi. Se la vastità dell’ufficio cimiteriale richiama i faldoni polverosi del “Processo” di Orson Welles, gli strani figuri che si aggirano fra gli scaffali ricordano “L’infernale Quinlan”, mentre la disintegrazione interiore del protagonista a conclusione dei “Sei personaggi” rinvia all’ “Othello”.

Accolto da un pubblico che grida allo scandalo, impreparato ad accogliere un’opera tanto all’avanguardia, Pirandello si osserverà nella specchiera, il volto riflesso in più frammenti come il “Moor of Venice”. Mostrando tutto il dramma interiore che lo consuma, quella tremenda solitudine con cui è costretto a confrontarsi ogni autore. Andò affida alla balia Maria Stella il compito di rivelare il significato del titolo: «Quando eri bambino», dice rivolgendosi a Luigi, «ogni volta che ti assaliva la stranezza appoggiavi la testa sulle mie ginocchia».

Nella sua duplice accezione il termine allude ambiguamente a qualcosa di anomalo, fuori dal comune, e al contempo al significato del dialetto siciliano inteso come “turbamento, confusione”. “Stranezza” che è quel caos interiore alla base di ogni creatura, sia essa una forma d’arte, sia umana: in fondo i sei personaggi intendono solo «dimostrare che si nasce alla vita in tante forme: albero o sasso, acqua o farfalla…o donna. E che si nasce anche personaggi!». Cullato nella dolcezza dell’infanzia l’uomo Pirandello si addormenta, al canto della ninna nanna che si prolunga nella sequenza successiva, quando il feretro viene traslato dalla “stanza dei sospesi” al luogo definitivo.

Morte e rinascita, bramosia e ricerca dell’irraggiungibile. A ribadire quanto il drammaturgo sia ormai lontano dal verismo: «Ti sei messo a camminare per una strada desolata, piena di pericoli. Tu hai messo una bomba sotto le fondamenta dell’edificio che noi abbiamo costruito: la realtà», nota l’amico Giovanni Verga (Renato Carpentieri). Una realtà dalla quale nascono personaggi che prendono vita da sé, commedie in cui «tutti vogliono essere ascoltati, risolti, messi in scena». E dove la sceneggiatura mira a sedurre lo spettatore con la sapienza del “Cyrano de Bergerac”: «con le parole, con la poesia», dirà Nofrio riferendosi al suo amore “colpevole”. Dando origine a universi paralleli che vivono di vita propria, che è poi il fine di ogni opera d’arte.

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