il ricordo
L'addio degli amici nella notte a Ismail, moto tutte accese a Sant'Andrea
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Quasi 200 ragazzi si sono ritrovati ieri sera nella zona industriale, il ricordo del giovane amato da tutti: i motori rombano in sua memoria nel silenzio.
Le moto arrivano a ondate, come un fiume che inizia a scorrere sempre più forte, sotto il cielo che fino a qualche minuto prima aveva tuonato minaccioso. Anche lui ha gridato di dolore, a modo suo, così come stanno facendo adesso gli occhi dei tantissimi ragazzi accorsi nell’area industriale di Sant’Andrea, in quella via Gregorčič che ha visto il tragico schianto di Ismail Mrkonjić, 17enne venuto a mancare ieri all’ospedale di Cattinara. Tolto i caschi, il dolore trova corpo nel pianto e negli abbracci silenziosi.
Inizialmente si era diffusa la notizia di una messa in suo ricordo nel rione di Gorizia, ma alla fine è nata una cerimonia laica alla luce dei fanali di quasi 150 motociclette. Arrivano da tutta la città e da fuori, perché Ismail era conosciuto e benvoluto da tutti. Gli amici lo chiamavano Spada, così lo salutano in cerchio i suoi più stretti conoscenti, come in un rituale d’addio dopo le 22, davanti a uno striscione firmato da tutti. Canzoni trap e bosniache fanno da sfondo, dopo aver rotto il singhiozzo costante dei presenti.
Tutti sono increduli, le voci spezzate vogliono dire una cosa sola: “Perché? Perché è successo questo?” ma la risposta non c’è. Sarà data dal punto di vista tecnico dell’incidente da parte dei carabinieri, giunti sul posto nella notte di mercoledì insieme ai sanitari che hanno cercato di salvare il giovane, residente nella stessa Sant’Andrea, portandolo in volo al nosocomio di Trieste. Da lì, però, è arrivata la notizia dopo mezzogiorno: non c’era più nulla da fare. “Sgasate pure ma non impennate, altrimenti ve ne andate” chiede qualcuno.
La ferita è profonda nel cuore, probabilmente proprio una mossa avventata in sella alla propria moto è alla base della tragedia. Nessun altro veicolo risulta infatti coinvolto, il palo della segnaletica stradale a pochi passi dalla Coveme è ancora divelto. Ai suoi piedi, qualcuno ha portato un lume, qualche fiore e scritto un frase di addio in bosniaco. Ismail era molto legato alle sue origini, seppur cresciuto qui nell’estremo Nordest, ed era un ragazzo come tanti che vive la propria vita con gli amici, sognando un futuro nella quieta provincia.
Sull’altro lato dell’incrocio, altri hanno appeso un grande telo, dove tantissimi firmano. Un piccolo segno con il pennarello per ricordare il giovane che non c’è più, il sorriso ormai perduto per sempre. La mattina dopo, però, non c’è più lo striscione, forse spostato in qualche altro angolo del quartiere. “Sempre uniti nel male e nel bene” canta Sfera Ebbasta dalle casse di un'auto, il requiem laico di una comunità troppo giovane per dover sapere cosa significa scomparire, da dover conoscere il contrario di vita fuori dal dizionario.
Tutti stretti, sono circa 200 in tutto i giovani accorsi. È bastato un messaggio tra le chat e su Instagram per spingerli a essere presenti, non potevano mancare a questo momento. Poi arriverà anche il funerale, il momento solenne dell’addio, ma per questi ragazzi ieri sera è stato il primo grande saluto a un amico fraterno. Anche i semplici conoscenti hanno sentito il bisogno di rispondere "ci sono". L’eco delle moto si accende all’unisono, per un minuto tutte sgasano ferme sul posto e anche qualche auto si accende, raggiungendo quel cielo stellato.
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