IL COMMENTO
La semplicità di Bruno Pizzul nei ricordi di Dino Zoff: due amici al centro dell’impresa dell'82

«Una persona di sostanza sotto tutti gli aspetti, le sue telecronache la semplicità del calcio»: così lo descrive il portiere di Mariano campione del mondo in una breve intervista.
Tutto il mondo del calcio, della stampa e degli appassionati di sport piange e ricorda con affetto Bruno Pizzul: dai racconti dei compaesani di Cormons che l’hanno conosciuto alle emozioni di illustri “colleghi” corregionali del settore calcistico, la giornata di oggi ha visto un commosso susseguirsi di omaggi alla figura dell’iconico telecronista. Ne ha parlato al nostro giornale in una breve intervista anche un’altra intramontabile eccellenza dello sport nazionale, rimasta come Bruno sempre intimamente legata alle sue origini e al Friuli Venezia Giulia: Dino Zoff, ex allenatore e portiere campione del mondo con gli Azzurri nel 1982. Un nome che non ha bisogno di ulteriori presentazioni.
Lei è nato a Mariano del Friuli, Bruno visse a Cormons. Si può dire che per poco non eravate compaesani. Vi conoscevate già prima di diventare di professionisti?
Non ci conoscevamo del tutto, ma essendo contesti di paese si sapeva già tutto. Lui aveva cominciato molto prima di me nella Cormonese, io quattro anni dopo nella Marianese ma lui aveva già cambiato. Non ci siamo mai incontrati in campo, se non forse in qualche partita di allenamento, però non c’erano ancora tra noi certi livelli di amicizia. Questi arrivarono dopo, quando io ero in nazionale e lui la seguiva dai microfoni. Durante le vacanze d’estate veniva anche a trovarmi e pranzavamo insieme ad amici sotto gli alberi a casa mia: è stata una persona a modo, simpatica e c’è sempre stato un rapporto di rispetto reciproco sul piano del lavoro.
Tutti coloro che l’hanno conosciuto lo definiscono una persona umile, molto legata al Friuli e al territorio…
Si, sotto tutti gli aspetti è stata una persona semplice e “di sostanza”, come si dice qui da noi. Pur essendo parte dell’ambito dello sport fu aperto e simpatico e mirava molto alla sostanza.
Entrambi, sebbene in modi diversi, siete stati protagonisti dei Mondiali dell’82. Quali sono i suoi ricordi legati a Bruno di quell’intenso periodo?
Naturalmente eravamo coinvolti in ruoli diversi: io avevo una funzione in campo, lui era cronista; dunque, Bruno l’avete sentito più voi che io. Noi eravamo tutti impegnati a perseguire il meglio che potevamo fare. Fu un periodo veramente strano a causa delle critiche mediatiche: certamente non fu lui a gettarle, però insomma a livello mediatico l’atmosfera fu pesante. Naturalmente con lui le cose erano diverse: con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto, fra di noi c’è stata una buona amicizia.
Come definirebbe il suo stile nelle telecronache?
Descriverei le sue telecronache proprio come la semplicità del calcio. Bruno usava termini adeguati all’avvenimento e alle giocate e non sproporzionati o iperbolici. Sapeva essere attinente alla realtà di quello che succedeva in campo.
Foto: Coni/Facebook (sinistra) e Fabio Bergamasco (destra)
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