Zuppi apre il Consiglio Permanente Cei a Gorizia: «Qui esempio che pace non è utopia»

Zuppi apre il Consiglio Permanente Cei a Gorizia: «Qui esempio che pace non è utopia»

L'appello

Zuppi apre il Consiglio Permanente Cei a Gorizia: «Qui esempio che pace non è utopia»

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 22 Set 2025
Copertina per Zuppi apre il Consiglio Permanente Cei a Gorizia: «Qui esempio che pace non è utopia»

Il cardinale rilancia l'appello alla pace citando la situazione a Gaza, «cessino le armi». Le due città sono «osservatorio privilegiato».

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«Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di esempi concreti come quello di Gorizia per dimostrare che la pace non è un’utopia per ingenui, ma è la vocazione dell’Italia, dell’Europa e di ogni società umana degna di questo nome». Il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha aperto con queste parole i lavori del Consiglio Permanente che si riunisce da oggi al 24 settembre a Gorizia. Città che ospita i lavori su invito dell’arcivescovo metropolita, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, il quale «che il nostro Consiglio straordinariamente si svolgesse in questa città e in questa Chiesa, così ricca di storia e di tradizione e che dal 1752, insieme alla Chiesa sorella di Udine, ha raccolto l’eredità spirituale del Patriarcato di Aquileia. San Giovanni Paolo II, nella sua visita pastorale nel 1992, ricordò che, “posta all’incrocio di molteplici popoli e tradizioni, Gorizia ha la singolare vocazione di essere segno visibile di unità e di dialogo”. Una missione che resta attuale anche oggi e ha molto da suggerirci», ha proseguito il cardinal Zuppi.

Il riferimento, nel discorso iniziale del Presidente della Cei è stato alla ‘piccola Berlino’, dalla quale «ricaviamo una duplice lezione: niente del passato va perduto e nessun confine è invalicabile. Quella storia di sofferenza si è chiusa. Slovenia e Italia hanno scelto da anni la cooperazione e questo è il frutto», così ancora Zuppi.

È, sempre secondo il cardinale, «di esempi concreti come quello di Gorizia per dimostrare che la pace non è un’utopia per ingenui, ma è la vocazione dell’Italia, dell’Europa e di ogni società umana degna di questo nome. E non bisogna riprendere il sogno di Giovanni Paolo II perché respiri pienamente a due polmoni, fino agli Urali? E non dobbiamo dare anima all’Europa e difenderne i valori fondativi con una nuova Camaldoli? “È troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte? Il Giubileo ricordi che quanti si fanno “operatori di pace saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9). L’esigenza della pace interpella tutti e impone di perseguire progetti concreti. Non venga a mancare l’impegno della diplomazia per costruire con coraggio e creatività spazi di trattativa finalizzati a una pace duratura”», ha ribadito Zuppi citando l’enciclica Spes non confundit.

Ma il pensiero, visti i recenti fatti di cronaca internazionale e le pressanti proteste a livello nazionale, è andato anche verso le popolazioni di Gaza dove «mentre ancora gli ostaggi israeliani sono prigionieri in condizioni inumane, un’intera popolazione, affamata, bombardata, è costretta a un esodo continuo e con sofferenze drammatiche come ogni esodo. Facciamo nostre le parole di Leone XIV, unendoci alla sua preghiera, sul popolo di Gaza che “continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili, costretto con la forza a spostarsi ancora una volta dalle proprie terre”. La Chiesa italiana – così ancora il cardinale – si unisce al suo forte e accorato appello per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Chiediamo: cessi il rumore delle armi in nome del rispetto per l’inviolabile dignità della persona umana, di ogni persona; siano protetti i civili da ogni forma di violenza fisica, morale e piscologica; sia garantita a ciascuno la libertà di decidere dove e come vivere nel rispetto dell’altro e in fraternità, perseguendo il principio dei due Stati, unica via per dare un futuro al popolo palestinese preso in ostaggio da Hamas e dall’offensiva militare tuttora in corso».

Appellandosi ai confratelli vescovi, arcivescovi e cardinali, alla presenza anche di monsignor Redaelli, arcivescovo metropolita di Gorizia e presidente di Caritas Italiana, nell’aprire i lavori del Consiglio, Zuppi ha concluso: «Da questo osservatorio del tutto unico e privilegiato che è Gorizia, proviamo a guardare le sfide ecclesiali e sociali del nostro tempo come farebbe Gesù. Forse a noi spetta il compito di seminare e ad altri di mietere. Quello che è essenziale adesso è non ripiegarsi su sé stessi, ma piuttosto cogliere e valorizzare i piccoli segni che preludono a qualcosa di grande, essere portatori di speranza come i giovani che sanno costruire il loro futuro, diventare costruttori umili e tenaci di una pace giusta e di tanta fraternità tra le persone». 

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