La ricorrenza
Vent'anni de La Casetta, modello di comunità e metodo di lavoro per la riabilitazione

Dal 2003 a oggi sono state 63 le persone ospitate nella struttura, di cui 34 maschi e 29 femmine, e dei 54 progetti di riabilitazione ben l’85% è stato concluso.
La Casetta non è solo una struttura messa a disposizione per la riabilitazione dal Dipartimento di salute mentale, ma un modello di comunità e di metodo di lavoro riconosciuto internazionalmente e che andrebbe esportato. È questo in sintesi il bilancio dei vent’anni di attività della struttura goriziana di via Vittorio Veneto 162, espresso ieri mattina durante i festeggiamenti per il traguardo raggiunto. La celebrazione dell’avvio del progetto nel 2003 è stata organizzata dal Consorzio di cooperative Il Mosaico, del quale fanno parte Aesontius e La Cisile – le cooperative che direttamente gestiscono la struttura – e ha visto la partecipazione degli ospiti, dei loro familiari e dei rappresentanti dei principali enti e associazioni coinvolti.
“Gorizia – ha ricordato Mauro Perissini, il presidente di La Cisile – è un contesto importante per la storia di accoglienza che rappresenta in quest’ambito”. Il riferimento è ai primi esperimenti di Franco Basaglia, condotti a pochi metri di distanza, volti “ad abbattere i muri per collegarsi alla città”. Interpretazione condivisa dall’assessore al Welfare di Gorizia Silvana Romano, che ha confermato “l’impegno dell’amministrazione a replicare questo modello aumentando il numero di ‘casette’ in città, grazie a progetti in collaborazione con il Cisi (Consorzio isontino servizi integrati)”.
A dare un’idea più dettagliata sul ruolo di questa struttura è stata l’educatrice e presidente di Aesontius Pina Piccinonna: “Il nostro obiettivo è quello di creare un luogo a dimensione familiare, in cui si possa crescere, vivere autonomamente e costruire la propria identità. Siamo depositari di tante storie diverse”. “Un progetto di vita – sempre Piccinonna – che si basa su tre assi: casa, lavoro e socialità”, puntando quindi a rimuovere “lo stigma” che la società tende a imprimere sulle persone con problemi e disturbi mentali gravi.
Un obiettivo che, per essere raggiunto, vede avere un ruolo fondamentale associazioni e realtà produttive locali come Prologo, Via Rastello, Mitico Arpège, il maneggio Oasi del Preval, il Sert e Civiform. Grazie a queste, infatti, è stato possibile realizzare laboratori di formazione, corsi di lettura e scrittura creativa, escursioni in barca e collaborazioni finalizzate all’inserimento degli ospiti nel mondo del lavoro.
Dal 2003 a oggi sono state 63 le persone ospitate nella struttura, di cui 34 maschi e 29 femmine, e dei 54 progetti di riabilitazione ben il 85% è stato concluso. È stato rilevato, però, un sensibile abbassamento dell’età media di quanti richiedono assistenza, un fatto che ha comportato mutate esigenze rispetto a quelle di vent’anni prima. Giuseppe Spampinato – presidente dell’associazione velica Mitico Arpège di Udine – ha infatti sottolineato come, per problemi burocratici legati alle convenzioni in essere, “molte associazioni non operano più con minorenni”. Oltre a questo, il mondo dell’assistenza versa in gravi difficoltà. “Manca personale e mancano risorse – la triste constatazione di Spampinato – per tornare a organizzare weekend in campeggio a Grado, come se ne facevano prima della pandemia”.
La dirigente del Centro di salute mentale di Gorizia, Paola Zanus, ha riconosciuto che “l’esperienza di La Casetta dimostra che c’è un metodo, fatto di partecipazione di soggetti attivi, impegno e attività nel mondo esterno, che può portare alla guarigione”. Sempre secondo Zanus, “nella salute mentale la prognosi ha a che fare con elementi aspecifici, per cui tutto il mondo può essere considerato responsabile”. Una linea condivisa anche dal direttore del Dipartimento di salute mentale Asugi Pierfranco Trinca, in collegamento telefonico, che ha ribadito come questo sia appunto “un modello da esportare”.
Presenti alla celebrazione anche il direttore del Cisi, l’assessore al Welfare di Villesse, il consigliere della Fondazione Carigo Marco Braida, il consigliere regionale Diego Moretti e l’assessore uscente al Patrimonio Sebastiano Callari. Da quest’ultimo è arrivato l’invito a “progettare anche il percorso successivo alla riabilitazione”.
Tanta commozione anche per la testimonianza diretta di alcuni degli ospiti della “Casetta”, come quella di Manuela: “Nella vita mi è sempre stato detto di evitare di muovermi. Qui ho scoperto che ho il diritto di fare qualcosa. Qui ho trovato persone stupende tra ragazzi ed educatori”. “Manuela inizierà presto un tirocinio al centro ‘Senigallia’ – ha annunciato Perissini – affiancando educatori e operatori”. Michele invece, dopo un corso di formazione curato da Civiform, è diventato pasticcere di terzo livello e ha trovato casa a Trieste. E così via, con tante altre storie individuali che hanno infuso speranza e confermato l’importanza di luoghi come questo.
A chiudere la mattinata è stato il presidente de Il Mosaico Luca Fontana, che ha ricordato che nel 2024 il consorzio compirà 30 anni di attività: “Vogliamo trovare insieme agli enti pubblici e alle famiglie risposte adeguate per tracciare il welfare dei prossimi 30 anni”.
Fotoservizio di Daniele Tibaldi.
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