Venezia e quei concerti perduti di Vivaldi, Giovanni Sollima protagonista a Monfalcone

Venezia e quei concerti perduti di Vivaldi, Giovanni Sollima protagonista a Monfalcone

Il concerto

Venezia e quei concerti perduti di Vivaldi, Giovanni Sollima protagonista a Monfalcone

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 15 Feb 2022
Copertina per Venezia e quei concerti perduti di Vivaldi, Giovanni Sollima protagonista a Monfalcone

Il Comunale ospiterà Al-Bunduqiyya - The lost concerto, lavoro del violoncellista Sollima che costruisce un concerto su una parte di viola realmente composta da Vivaldi.

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Sarà in scena stasera al Comunale di Monfalcone, con inizio alle 20.45, Al-Bunduqiyya, concerto dedicato a Venezia. Un “cortocircuito temporale” di cui Giovanni Sollima con il suo violoncello ne è autore e protagonista. Ad accompagnarlo Federico Guglielmo al violino e l’ensemble Il Pomo d’Oro. Venezia è città di contaminazione, fertile terreno per il fiorire delle arti. Una città nella quale però, secondo Giorgio Agamben, abitare oggi è come leggere una lingua morta. Essa però in qualche modo ancora parla e viene letta, così come accade per le composizioni: non importa quanto remote siano, rivivono nel tempo attuale dell'esecuzione e dell'ascolto. Ne abbiamo parlato proprio con Giovanni Sollima.

AL-BUNDUQIYYA – THE LOST CONCERTO è una ricerca anacronistica che fa della musica le proprie parole. Da cosa nasce e come si snoda questo percorso?

Sicuramente è il risultato di uno scambio di idee, sinceramente pensavo già da anni a Venezia, soprattutto alla lunga Repubblica di Venezia, ai tanti intrecci anche culturali, al mare stesso come flusso dove - oserei dire - galleggia il canto, viaggiando da una costa all’altra. Ovviamente da siciliano questo aspetto mi è molto caro ed effettivamente ci penso fin da quando sono bambino, più tardi ho iniziato a raccogliere canti, studiare lingue, dialetti, ecc. Venezia resta centrale in tutta la sua fragilità, città perduta, un tempo punto di incontro e oggi - malgrado tutto - ci parla attraverso le sue rovine.

Si parla di Venezia e di crocevia, di un mix unico di lingue e di popoli. Quindi anche di contaminazioni musicali. Oltre alla citazione vivaldiana quali altri stili o autori si inseriscono nel concerto?

Sicuramente certi canti o danze popolari, seguendo in qualche modo l’Adriatico, ad esempio abbiamo inserito un antico canto popolare albanese, ancora molto “sentito” li ma – al tempo stesso - è un canto Arbereshe di Sicilia, le differenze sono davvero minime. Proseguiamo con un canto di Gondoliere riportato da Tartini (altra figura “ponte” tra culture) fino a raggiungere Cipro. Il resto lo ingloba lo stesso Vivaldi con il suo Gran Moghul e altro ancora.

Non esiste musica che si possa definire “morta”, così come le lingue, ma anche se usata in altri contesti temporali anche le lingue non più in uso cambiano modo di essere lette e la sensibilità che di esse si ha. Così anche la musica?

La musica è un organismo vivente, può anche sorprendere se ricontestualizzata. E spesso ho la sensazione che sia soltanto apparentemente ricontestualizzata, data la palese o celata presenza di elementi apparentemente - ripeto… - lontani. Le tracce, se forti, diventano solchi, attraversano le epoche, sono sempre visibili.

Si fa “rinascere” Vivaldi attraverso anche alcuni frammenti. Come è stato inserirsi nella mente e nella mano compositiva di un autore così? E qual è stata la reazione del pubblico?

In realtà la vicenda dei concerti per violoncello “perduti” è ancora più affascinante. Non si tratta di frammenti ma di una parte di viola superstite, completa di tutto, incluse battute di pausa numerate. Ho lavorato sul Concerto in mi minore. Le altre parti, quindi anche quella del violoncello solista, sono andate smarrite. La mia non è e non vuole essere una ricostruzione, ho cercato di respirare il più possibile quella parte di viola a tratti ovviamente misteriosa, prendendola come spunto tematico e, al tempo stesso, rispettando maniacalmente le battute di pausa che delineano lo spazio, quindi muovendomi all’interno di un’architettura già chiara e definita. Il resto - oltre la viola - si muove in assoluta fantasia. Vivaldi è comunque presente e integro in quella parte di viola, ma per il resto è come se venisse da un’altra epoca o dimensione. Definirei “Il Concerto perduto” un brano distopico. 

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