La serata
Vajont, a sessant'anni a Maniago il ricordo con gli studenti di Gorizia e Nova Gorica

Quarantaquattro bambini hanno intercalato al cortometraggio e alle letture della fiaba le proprie voci bianche.
Ventidue e trentanove. È il nove ottobre del 1963, e in una manciata di minuti la vita di 1910 persone viene cancellata d’improvviso. La roccia che frana. L’acqua che oltrepassa il muro. Quel muro che separa, quella barriera innalzata a trattenere, quasi fosse una frontiera da oltrepassare, oltre cui si distende la vertiginosa libertà dell’infinito. Si è svolto nella tarda serata del 7 ottobre – nella sala gremita del cinema Manzoni di Maniago – lo spettacolo in memoria dei sessant’anni dalla tragedia più terribile che ha sconvolto l’Italia. Finanziato con contributo regionale, il progetto è stato realizzato - oltre che con il partenariato dell’Associazione teatro delle Piramidi, Associazione teatro Maniago, Casa della gioventù, istituto comprensivo “Margherita Hack” di Maniago e “P.D.M. Turoldo” di Maniago - con il supporto del Centro studium Aps di Gorizia. Un disegno transfrontaliero al quale hanno partecipato con grande passione i ragazzi di Librilliamo di Gorizia, Nova Gorica e Budapest - insieme ai bambini del coro della scuola primaria “Sant’Angela Merici”, accompagnati dalla maestra Laura Belviso. Filo conduttore della serata è stata Anna, protagonista del libro scritto e illustrato dall’acquarellista Michela Occhi “Anna della vela”. Acquarelli a tinte delicate tratteggiano la leggerezza innocente dell’infanzia.
“Un’operazione magica – racconta la moderatrice Anna Poggioli – nata anche grazie all’incontro con la poetessa Novella Cantarutti. Che narra la tragedia del Vajont vissuta attraverso gli occhi di una bambina piena di sogni, con leggerezza fiabesca”. In un poetico cortometraggio - scandito dalla canzone “Fino all’imbrunire” dei Negramaro - Anna (la piccola e meravigliosa Giulia Pasqualato) attraversa i vicoli acciottolati di Erto con il suo cane Minin. Si avvicina alla vasca di una fontana, lascia andare la sua vela. La stessa che la porterà con sé nel finale, per condurla lontano. Impiegata per diciotto anni in una farmacia di Vajont - comune nato per ospitare gli sfollati in seguito al disastro – Occhi si è incuriosita alle storie narrate dagli anziani e ha voluto lasciare una traccia di memoria.
“Non volevo raccontare qualcosa di spaventoso”, racconta. “Mi hanno chiesto perché ho lasciato il finale aperto. Perché nel mio cuore Anna è viva”. Anche l’assessore alla cultura di Maniago Anna Olivetta ha evidenziato l’intenzione di richiamare un’atmosfera leggera, in occasione della commemorazione. “Lunedì ci sarà la commemorazione ufficiale, alla presenza di Mattarella. Ma il nostro desiderio era dare una lettura leggera. Un progetto in cui i protagonisti si sono aggiunti uno dopo l’altro quasi per magia, dando una mano in modo lieve. Con una dimensione transfrontaliera che sperimento per la prima volta”.
Quarantaquattro bambini hanno intercalato al cortometraggio e alle letture della fiaba le proprie voci bianche, all’unisono, per trasmettere un unico immenso messaggio: quello di amare. “Amare è la risposta. Amare a dismisura”, ripete un ritornello, “perché solo l’amore c’illumina”. Letture in lingue diverse - inglese, tedesco, sloveno e ungherese – di brani tradotti da studenti universitari e delle scuole superiori, come il lavoro svolto da Alice Terpin dell’Isis “D’Annunzio” di Gorizia, seguito dall’insegnante Tiziana Lavoriero. Traduzioni che si innestano nel progetto di plurilinguismo avviato con Go!2025, originando la tessitura del libro già in quel “Mi chiamo Anna – My name is Anna – Ich heiẞe Anna – Ime mi je Anna – Annának hívnak”. Perché si sogna in tutte le lingue, e nessun muro, nessuna diga innalzata può impedirci di sognare. “In mezzo alla nostra valle stanno costruendo un grande, gigantesco muro”, racconta Anna attraverso le voci dei bambini.
Alludendo al cantiere della diga, in cui tutti i papà lavorano, con preoccupazione. “Hanno detto che la montagna di notte mormora, parla ma nessuno l’ascolta”, prosegue, rappresentando con infantile candore la tragedia che sta per compiersi. Un racconto “dolcissimo e commovente, destinato alle nuove generazioni, ma prezioso anche per gli adulti”, rimarca Poggioli - che ha insegnato lettere e filosofia a Vajont subito dopo che era stato fondato, lavorando anche con i ragazzi sfollati. Il progetto corale sarà poi portato nelle scuole di Maniago, non si esclude che possa approdare anche a Gorizia. A coronare la fiaba, il lavoro storico della maestra Milena Zanin - al quale si si sono aggiunte le riprese realizzate con il drone da Luca Giusto.
“È un libro scritto a tutela della memoria e a monito, riguardante anche il rispetto che dobbiamo alla Natura. Grande messaggio epico che ha per protagonista i giovani”, rappresentati dalla figura della bambina che assurge a simbolo di tutte le generazioni future. Messaggio in cui la pagina più bella è il sogno del 10 ottobre. “La mia nave è partita a cavallo di un’onda che ci ha portato tutti verso il mare”. Quel mare azzurro che si è innalzato per duecentocinquanta metri, superando la diga e riversandosi su Longarone, lasciando dietro di sé una desolata scia di fango. Una sorta di “La vita è bella” dove ad essere narrato non è l’olocausto, ma il buio assoluto che ha lasciato nella popolazione coinvolta. Un’oscurità che l’autrice preferisce stemperare in acquarelli azzurri, cedendo alla delicatezza dell’infanzia per crederci fino in fondo. “Io vivo/io canto/io sogno/ io danzo/ io creo//In questa vita io ci spero”, hanno cantato i bambini in un continuum, facendo da cassa di risonanza del libro stesso. A chiudere, le splendide parole di Marco Pellegrini – anima di Librilliamo: “Abbiamo imparato che i miracoli sono questi, sono concreti. Sono tutto quello che abbiamo, e dobbiamo proseguire”.





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