oltre il 70% lavora con l'Italia
Un'azienda su tre di Nova Gorica rischia la chiusura, il Covid colpisce duro oltreconfine
La pandemia ha colpito duro le imprese slovene, soprattutto a causa dei confini chiusi. Emergono, però, nuove opportunità.
Se c’è un dato chiaro e oggettivo che emerge dalla pandemia in corso, è sicuramente che il Covid non conosce confini. Lo sanno bene Friuli Venezia Giulia e Slovenia, la cui frontiera è tornata ad essere protagonista delle misure di contenimento al virus decise soprattutto dal governo di Lubiana. In un contesto socio-economico come quello di Gorizia, però, le ripercussioni sono state inevitabili, in particolare per quelle realtà che operano a stretto contatto con oltreconfine. Non a caso, secondo una ricerca della Camera territoriale artigianale-imprenditoriale di Nova Gorica (che conta 600 soci), il 73% delle aziende locali opera con l’Italia.
“Fino a inizio settimana l’80% dei negozi sono rimasti chiusi - racconta Roberta Fortuna (nella foto), direttrice dell’ente -, solo negli ultimi giorni hanno ricominciato ad aprire. Si tratta principalmente di piccole realtà, mentre la grandi catene sono riuscite ad operare anche nei mesi scorsi”. A soffrire della situazione sono soprattutto i ristoratori, che hanno dovuto abbassare le serrande già a fine ottobre. Per loro “non ci sono ancora segnali di riapertura. Alcuni continuano con il take away, ma non basta. Ieri ho parlato con un titolare che ha 20 dipendenti e non sa come fare”. Il lockdown e i confini chiusi sono stati una mazzata per il settore, la cui clientela italiana è fino al 70% in alcuni casi.
Da martedì, quindi, oltre ad alcune scuole “hanno riaperto i piccoli negozi - prosegue Fortuna -, con tante restrizioni. Una volta a settimana i dipendenti devono fare i test, ma anche clienti per accedere ai servizi, soprattutto per i centri cosmetici”. Questi ultimi, fino a poco tempo fa, potevano operare solo con persone che necessitavano di cure per la pelle. L’ente camerale ha inoltre rilevato nel suo sondaggio che il 40% degli intervistati ha dovuto sospendere le attività durante la seconda ondata, arrivando al 70% tra chi è stato costretto a limitarla. Tra i numeri più allarmanti, ci sono quelli su chi è rimasto definitivamente a casa: il 20% ha dovuto fare licenziamenti per il calo delle entrate.
Tutto ciò si riflette sul mercato del lavoro, con un aumento dei disoccupati del 21,7% tra gennaio 2021 e 2020. La media della Slovenia è invece del 14,6%. “Ora le casse integrazioni arrivano anche al 100% ma solo per chi è chiuso con decreto. Finora erano all’80% e l’azienda doveva pagare il restante 20%”. Circa il 43% di chi è stato chiuso ha ricevuto la misura, mentre i liberi professionisti hanno ottenuto un sussidio di 600 euro, ora aumentato a 1.100 euro al mese. “Si può sopravvivere, ma l’obiettivo è lavorare e guadagnare. La situazione è critica e, quando le misure dello Stato finiranno, non sappiamo se le attività riapriranno effettivamente”. Il rischio, infatti, è che 1/3 delle Pmi locali muoia.
“Noi stiamo proponendo nuove misure, complementari con quelle nazionali. Lavoriamo tanto anche con i comuni, anche per coprire alcuni costi, in aiuto a commercianti e ristoratori”. Il bacino di riferimento è di sei comuni, di cui il più grande è proprio Nova Gorica. Ci sono, però, anche dei cambiamenti in corso: “Tante aziende hanno sviluppato le vendite online e alcune sono cresciute, soprattutto nel campo IT”. Proprio questo sarà centrale nella nuova area industriale di Kromberk: “Tante aziende sono interessate ad investire, il Comune aprirà a breve la vendita di lotti e abbiamo già molta richiesta”. L’appeal è dato anche dai finanziamento pubblici per insediarsi.
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