Uccisi perché si erano ribellati alle tasse, a Gorizia il ricordo della rivolta dei Tolminotti

Uccisi perché si erano ribellati alle tasse, a Gorizia il ricordo della rivolta dei Tolminotti

questa mattina

Uccisi perché si erano ribellati alle tasse, a Gorizia il ricordo della rivolta dei Tolminotti

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 20 Feb 2021
Copertina per Uccisi perché si erano ribellati alle tasse, a Gorizia il ricordo della rivolta dei Tolminotti

Un gruppo di persone ha ricordato l'episodio di 300 anni fa. Indignazione per il cestino di rifiuti sotto la targa.

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Si sono dati appuntamento con il passaparola, limitandosi a poche persone per evitare il formarsi di assembramenti. Si sono ritrovati così in una decina, questa mattina, in piazza della Vittoria a Gorizia, davanti alla stele che ricorda l’insurrezione dei Tolminotti fra il 23 e il 24 aprile del 1714. Un capitolo poco ricordato della storia locale, così come pochi prestano attenzione quotidianamente a quella lapide affissa nel 1992 sull’edificio che fa angolo con l’androne di galleria Bombi. A raccontarlo c’era la storica locale Aleksandra Devetak (nella foto), la stessa ad aver organizzato l’iniziativa, invitando personalmente amici, conoscenti e amanti della cultura.

È stata quindi l’occasione per riscoprire quel capitolo della Gorizia settecentesca, già oggetto di volumi, mostre e addirittura un fumetto, con le opere di Remigio Gabellini esposte nel 2013 al Kuturni Dom. Il tutto era legato alle rivolte contadine di questa popolazione originaria della valle dell’Isonzo, colpita da malattie e raccolti distrutti dalle intemperie nei primi anni del XVIII secolo. A questa situazione già di forte precarietà, si aggiunsero le pesantissime tasse imposte dall’Impero di Vienna. A riscuotere era il conte Coronini, a capo del distretto, che ben presto si attirò le inimicizie dei locali. La situazione arrivò a un punto tale che i Tolminotti si rifiutarono di pagare.

I mesi seguenti furono caratterizzati da aspri scontri, fino all’esecuzione sommaria di una decina di contadini, impiccati ed esposti pubblicamente a monito. “Siamo qui oggi - ha spiegato Devetak - per ricordare questi 11 giovani, padri e nonni che hanno sacrificato le loro vite per la giustizia sociale. Perché venissero abbassate le tasse e le loro famiglie potessero vivere una vita decorosa. In questa piazza, sono stati massacrati, appesi e vilipesi e questa è la targa di cui abbiamo iniziato a parlare nel 1988, finalmente collocata nel ’92”. Tutto ciò a testimonianza “di quanta fatica affrontiamo per far valere la nostra storia. Che non è solo degli sloveni, ma della nostra Contea, di Gradisca e Gorizia, della nostra gente”.

“Sono scesi dal Carso - ha aggiunto , dalla valle del Vipaco e dal Tolminotto per la giustizia. Nel 1713, (i moti) iniziano non solo qui ma in tutta Europa” fino ad arrivare nell’aprile dell’anno dopo quando, proprio nel centro città, “vengono giustiziati. Un giorno, sono passata sotto questa targa e ho visto cosa c’era sotto”, riferendosi al cestino dei rifiuti stracolmo e con immondizie anche all'esterno, rimosso poco dopo. “Ho pubblicato su Facebook le foto e oltre 400 persone si sono rese conto di quanto sia stato vergognoso lasciare lì tutte quelle scovazze per trent’anni. Spero che questa sia la volta buona, altrimenti le foto andranno alla Commissione europea, che ha designato Nova Gorica e Gorizia a Capitale europea della cultura. Questo non è cultura”.

Sulla vicenda è intervenuta anche la senatrice del Partito democratico Tatjana Rojc, presente all'evento, chiedendo in una nota di “permettere una dignitosa memoria agli 11 martiri condannati a morte e barbaramente uccisi nel 1714 a Gorizia, colpevoli di aver capeggiato la cosiddetta 'Rivolta dei Tolminotti'". La dem, nel corso della breve cerimonia conclusa con l'apposizione di una corona che simbolicamente voleva ridare dignità a un luogo della memoria, ha ricordato che “la lapide quadrilingue è stata apposta dopo un lungo impegno che ha fatto bene alla memoria di tutta Gorizia e mi fa piacere ricordare che nel ventennale della lapide, a prendere la parola per il Comune, è stato l'allora assessore comunale Guido Germano Pettarin, oggi collega al Parlamento”.


Foto di Anna Cecchini/Facebook

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