Monfalcone, Garimberti condannato in carcere per la morte di Polentarutti

Monfalcone, Garimberti condannato in carcere per la morte di Polentarutti

la sentenza

Monfalcone, Garimberti condannato in carcere per la morte di Polentarutti

Di Redazione • Pubblicato il 14 Ago 2021
Copertina per Monfalcone, Garimberti condannato in carcere per la morte di Polentarutti

Condannato in Appello, il 56enne dovrà trascorrere 24 anni in galera. L'omicidio avvenne nel 2011.

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Tra ieri e oggi, Roberto Garimberti ha trascorso la prima notte in carcere dopo la sentenza che lo ha condannato per l'omicidio di Ramon Polentarutti (nella foto). Nel pomeriggio di venerdì, gli agenti della Mobile di Gorizia e del commissariato di Monfalcone hanno tratto in arresto l'uomo, 56 anni, dopo la decisione della Corte d’Assise di Trieste e conferma in Appello un anno dopo. Quest'ultima si è espressa a febbraio, con lo stesso accusato che ha deciso di non proseguire in Cassazione. Da lì, la condanna è passata in giudicato, diventando quindi definitiva. Arriva quindi la parola fine al caso iniziato nel 2011.

Garimberti dovrà quindi scontare 24 anni e otto mesi di reclusione, frutto dei reati di omicidio, depezzamento e occultamento di cadavere, appropriazione indebita. La scomparsa della vittima avvenne il 9 aprile 2011, avendo anche eco nazionale finendo sul celebre programma tv "Chi l'ha visto". I resti di Polentarutti, all'epoca 40enne di Monfalcone, vennero ritrovati nel corso di lunghe indagini, rintracciando alcune frammenti ossei. Il 2 novembre 2012, infatti, emerseo di frammenti ossei del cadavere all’interno di due sacchetti di polietilene del discount “DPiù”, casualmente trasportati dall’acqua del canale Valentinis.

Le borse erano finite nelle vasche di raffreddamento della centrale termoelettrica di Monfalcone, fermandosi sulle griglie di filtraggio. Altri minimi frammenti ossei vennero successivamente trovati durante la perquisizione del 3 giugno 2013, interrati nel giardino dell’abitazione di Garimberti in via Carducci, sempre a Monfalcone, sotto un focolaio che nascondeva in profondità anche i resti scheletrici di un cane. Mosaico ricostruito dal lavoro della Scientifica, grazie all’impiego della tecnologia più sofisticata e il contributo di diversi validissimi consulenti tecnici. Grazie a ciò, è stato formulata l'accusa.

Polentarutti viveva a casa di Galimberti, suo conoscente, insieme alla compagna e alla figlia piccola. Entrambi segnati da un passato turbolento, i rapporti tra padrone di casa e inquilino si incrinarono qualche mese prima della scomparsa di quest'ultimo. Come raccontato dalla fidanzata alla trasmissione della Rai, infatti, la famiglia era stata cacciata dall'abitazione. Non gli era stato possibile recuperare nemmeno i propri vestiti e averi. Da lì a poco, il 40enne sarebbe scomparso, facendo cadere già allora gli occhi degli inquirenti sul futuro condannato. Indagini, comunque, iniziate solo dopo aver ritrovato i resti della vittima.

L’autorità giudiziaria è stata così agevolata nel sostenere la posizione nei confronti di Garimberti per omicidio volontario, soppressione del cadavere, nonché appropriazione indebita del telefonino di Polentarutti, nel quale il colpevole aveva inserito una sua scheda telefonica per farne uso dopo la scomparsa. Scenario emerso dalle indagini che sono state approfondite per lungo tempo e con notevole impegno dalla squadra mobile. Alla fine, quindi, il giudice ha messo fine a un decennio di mistero, con gli agenti che ieri hanno rintracciato il condannato al suo attuale domicilio, protandolo in carcere a Gorizia.

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