l'evento
Trionfano i giovani al 57esimo Festival della Canzone Gradese: primo posto a Filippo Fabris, Mattia Marchesan e Mattia Troian
‘Te scriverè ‘na canson’ sale al primo posto seguita da ‘Flama de amor’ e ‘Coro zigante’. Rilanciata l’importanza di «ciacolà graisan».
«L’ultime rose d’autunno le more», scriveva Biagio Marin nella raccolta “Fiuri de tapo”. Quando muoiono le rose, ecco invece Grado rifiorire nel Festival della Canzone Gradese giunto alla sua 57esima edizione. Una serata elettrizzante che ha preso forma ieri - 25 ottobre - in un gremito PalaCongressi per la prima volta accessibile con ingresso libero grazie al patrocinio di Regione, Fondazione Carigo e Comune di Grado. «Quest’anno l’organizzazione ha inteso donare una serata alla cittadinanza – spiega il direttore artistico Leonardo Tognon - come rilancio per la presenza di giovani e bambini. Un’iniziativa per attirare la popolazione al PalaCongressi che può accogliere fino a 960 posti». Era il Carnevale del 1946 quando gl’isolani si strinsero in un corale abbraccio, intonando in musica i versi di un componimento poetico per lasciarsi alle spalle le sofferenze della guerra. «Nell’immediato dopoguerra – racconta – i nostri pescatori invece di piangere, nella serata di Carnevale organizzarono un “veglion”. Avvenne che nel 1946 a mezzanotte in punto si misero a musicare una poesia che era stata presentata».
Da allora ebbe inizio la celebre kermesse canora, trasformando il “veglion de pescaor” nel noto festival. «Sono 78 anni che esiste – aggiunge – e nacque ben prima del Festival di San Remo. Più che una manifestazione è un evento d’identità popolare in cui, attraverso le canzoni, la popolazione si esprime e racconta le sue storie». Un fil rouge che unisce gli abitanti attraverso la parola del dialetto graisan, il cui fuoco è mantenuto vivo come le mille luci che brillano nella tradizione dei presepi di Natale, moltiplicate in ogni angolo del centro storico e per le vie del porto. «Non è solo nostalgia – riprende - è anche futuro, un momento d’incontro che serve a mantenere viva la parlata, che si custodisce e rinnova anche attraverso l’opportunità di scrivere testi e musiche». Non essendo presente un modello musicale gradese, non si può che parlare di festival, che unisce nello stesso spazio melodico generi differenti. «Non esiste una musica tipica gradese come nel caso della villotta friulana», chiarisce. Mentre nel caso della “vilote furlane” si segue lo schema polifonico a tre o quattro voci, la musica gradese spazia dal trap al rap al funk coinvolgendo le famiglie per due o tre generazioni, ormai anche grazie alla sezione della Conchiglia d’Oro.
Cinque sono state le canzoni giovanili del coro diretto da Marta Chiusso, composto da Audrey Clama, Emma Rose Di Benedetto, Liam Facchinetti, Nicole Godina, Evelina Gottardo, Aurora Hysenaj, Vittoria Marchesan, Amy Merkovska-Icralova, Anna Metti, Emma Maria Rampado, Lisa Sciacca, Edoardo Sesti, Elia Sesti, Sveva Toscani e Ginevra Valli. Dal «picolo granseto cagiùo dal leto» di “El granso blu” il coro ha difeso la città da “I pirati uscochi”, per poi difendere a spada tratta la parlata gradese con il nonno brontolone di “Ma ‘l nono Gian”. Dopo la scuola sopra le righe in cui si balla al ritmo del “Ganba Dance” non si poteva che concludere con la narrazione de “La fiaba del piter” che la nonna nascondeva sotta al letto. «Quante volte da piccoli avete sentito dire che erano gli angeli che vuotavano il piter?», domanda con ironia il presentatore. Otto invece sono stati i brani presentati dagli adulti: il possente “Fiama de amor” dedicato a Maria, “Quel che hè drento” a esprimere «fregole de sintiminti», il dicotomico “Gravo xe” sulla duplice anima dell’isola, “Coro zigante” per commemorare anche gli amici passati, fino a “Ninanana per un amor” che narra la gioia di diventare padre. Imperniato sugli amori tormentati che riempiono l’anima è invece “Te scriverè ‘na canson”, seguito in ordine di esecuzione dal simpatico “Reggaeton de sabbion” e infine dalla laguna di “Cason mio”.
Tra gli ospiti presenti al festival l’abilissimo Simone Zentilin, partito sui transatlantici che traversano gli oceani, dando spettacolo in ben 325 concerti di fronte a oltre 360mila persone. Zentilin si è esibito con grande passione intonando brani quali “La voce del silenzio”, “Crazy little thing called love” o la celebre “Volare”. Non è mancato un saluto dagli States con il messaggio registrato di Filippo Lugnan dall’iconica UCLA - Università della California di Los Angeles - dove il gradese ha suonato al pianoforte di Frank Sinatra. «Il festival vive attraverso queste storie – sottolinea – peculiari a una cultura legata alla parlata e alle qualità artistiche degli isolani». Ricco d’immagini il libretto di sala, quest’anno dedicato alle opere del grande artista gradese Aldo Marocco, scomparso in una sera di marzo del 2018 lasciando la città sgomenta. «Finché avremo il sostegno di quanti scrivono le canzoni – evidenzia il presidente del festival Fabio Marchesini – cercheremo di proseguire il nostro cammino». A ricordare le parole di don Luigi Pontel è stato invece il primo cittadino Giuseppe Corbatto, che ha ribadito l’importanza di «conservare rinnovando e rinnovare conservando». Mentre don Paolo Nutarelli ha voluto ringraziare coloro che «prestano il loro tempo per lasciare una traccia negli altri».
Ad aggiudicarsi lo scettro dell’edizione 2025 per la sezione Conchiglia d’Oro con 246 voti validi non poteva che essere “Ma ‘l nono Gian” sull’importanza di “ciacolà graisan”. Terzo classificato con 272 voti è stato poi il brano “Coro zigante” - durante il quale non è mancato un saluto a Ivan Regolin – cantato da Gianni Camuffo, Fabio Fabris, Eros Gregori e Gianni Marchesan. Seconda posizione per “Fiama de amor” con 337 voti, eseguito da Eleonora Franzin ed Elena Marchesan, preceduto dal primo posto di “Te scriverè ‘na canson” con 394 scelte del pubblico. A riproporlo nel bis finale sono stati Mattia Marchesan, Mattia Troian e il vincitore della scorsa edizione Filippo Fabris. (Foto: Rossana D'Ambrosio).
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