Trattenuto del Cpr morì nel 2020, corsa contro la prescrizione per il processo Enukidze

Trattenuto del Cpr morì nel 2020, corsa contro la prescrizione per il processo Enukidze

DAL TRIBUNALE DI GORIZIA

Trattenuto del Cpr morì nel 2020, corsa contro la prescrizione per il processo Enukidze

Di Federico De Giovannini • Pubblicato il 23 Mag 2025
Copertina per Trattenuto del Cpr morì nel 2020, corsa contro la prescrizione per il processo Enukidze

Per uno sciopero dei treni i due compagni di cella non arrivano a Gorizia, l’udienza slitta a febbraio 2026 ma il reato si prescrive a luglio 2027.

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Si è praticamente risolta con un rinvio a febbraio 2026 l’udienza in programma alle ore 14 di questo pomeriggio al Tribunale di Gorizia nell’ambito del processo per la morte di Vakhtang Enukidze dopo il trattenimento al Cpr di Gradisca. Erano le 15.30 del 18 gennaio 2020 quando il cittadino georgiano, allora trentasettenne, venne dichiarato deceduto nel reparto di terapia intensiva dell’Ospedale di Gorizia, dopo aver trascorso gli ultimi giorni fra la famigerata struttura di Gradisca e il carcere di via Barzellini, dove – stando a quanto emerso nell’ultima udienza di aprile 2024 – subì delle percosse. Come riportò il nostro giornale trattando la cronaca della seduta, le conclusioni dell’ispettore furono nette: «Enukidze aveva subito delle violenze durante la breve permanenza nel carcere isontino».

Resta da appurare cosa avvenne nel centro gradiscano in quelle ore della notte del 18 gennaio, da quando Enukidze cominciò ad avvertire difficoltà respiratorie fino al momento in cui vennero effettivamente allertati i soccorsi. Il processo, dunque, vede sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio colposo non aggravato Simone Borile, l’allora direttore della cooperativa Ekene (la quale continua tuttora a essere l’ente gestore del Cpr) e Roberto Maria La Rosa, l’operatore di turno quella notte al centralino della struttura.

La seduta di oggi avrebbe rappresentato uno snodo di grande importanza per l’intero processo: erano infatti attesi per portare la loro testimonianza due dei cinque trattenuti con cui Vakhtang condivise la cella all’ex caserma Polonio nelle sue ultime ore di vita, rintracciati grazie alle ricerche compiute negli ultimi mesi dall’Interpol. Nessuno dei due testi, però, è arrivato all’udienza: da quanto si è appreso, a causa dello sciopero nazionale dei treni indetto per tutta la giornata di oggi, uno dei due è rimasto bloccato in stazione a Mestre assieme alla scorta di agenti che lo accompagnavano verso Gorizia, mentre l’altro non si è proprio messo in viaggio.

L’appuntamento presieduto dal giudice Francesca De Mitri, dunque, non ha visto nessun avanzamento rilevante. Si segnala solo la presentazione da parte dei due avvocati della difesa Giorgio Gargiulo e Mattia Basso di una sentenza della Corte costituzionale riguardante l’articolo 500 del Codice di Procedura Penale, la quale stabilisce che si può fare affidamento sulle dichiarazioni raccolte dalle Forze dell’Ordine subito dopo l’accaduto al posto o a supporto della testimonianza in aula. Un’eventualità contestata e ritenuta non preferibile alla testimonianza in loco dai due avvocati di parte civile Riccardo Cattarini e Rossana De Agostini (presente in sostituzione di Pietro Romeo, l’avvocato rappresentante dei familiari di Enukidze).

La seduta si è quindi conclusa con un rinvio che fa preoccupare le parti civili: il giudice De Mitri ha infatti revocato la prossima udienza, prevista per il 10 ottobre, fissandola invece in data 6 febbraio 2026. Quasi nove mesi d’attesa che fanno crescere e non di poco il rischio che si superino i termini della prescrizione, fissati secondo la Legge a cinque anni per l’omicidio colposo e, in presenza di atti interruttivi, prorogabili fino a sette anni e sei mesi.

Per il processo in questione, il termine massimo prima della caduta in prescrizione è fissato a luglio 2027: una scadenza che, alla luce del rinvio di data odierna, comincia a farsi stringente. Solo dopo aver ascoltato le testimonianze dei compagni di cella di Enukidze ancora reperibili, infatti, si potrà procedere con l’ascolto al banco degli imputati di Borile e del centralinista La Rosa.

Fuori dal Tribunale di via Nazario Sauro, a ribattere il messaggio che «non ci sarà giustizia per Vakhtang fintantoché le mura del Cpr non crolleranno», una decina di manifestanti dell’assemblea No Cpr No Frontiere Fvg – a fronte di una trentina di Forze dell’ordine. Il loro presidio intende denunciare «l’intero sistema dei Cpr» a prescindere da quella che sarà la sentenza di questo processo, definendo il tribunale come «il luogo in cui si decide durante udienze-farsa dell’internamento delle persone senza-documenti» e in cui «nessuna vera “giustizia” potrà essere stabilita». «Questi che si vorrebbero additare come unici responsabili – scrive ancora l’assemblea riferendosi a Borile e a La Rosa – non sono “mele marce” di un sistema riformabile perché ancora “inefficiente e costoso”, bensì due piccoli ingranaggi della vasta macchina di ricatto e sfruttamento che, sulla vita dei più marginali e ricattabili, genera lauti profitti e consenso elettorale».

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