«Sono una povera vecchia», la lettera di una donna ebrea di Gorizia per non essere divisa dalla sua domestica

«Sono una povera vecchia», la lettera di una donna ebrea di Gorizia per non essere divisa dalla sua domestica

La storia

«Sono una povera vecchia», la lettera di una donna ebrea di Gorizia per non essere divisa dalla sua domestica

Di Redazione • Pubblicato il 27 Gen 2021
Copertina per «Sono una povera vecchia», la lettera di una donna ebrea di Gorizia per non essere divisa dalla sua domestica

L'incredibile documento del '43 riscoperto dall'Archivio di Stato sulla madre di Carlo Michelstaedter, che verrà poi deportata ad Auschwitz.

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Le storia legate agli anni turbolenti della Seconda guerra mondiale sono infinite, soprattutto in una terra di confine come questa. Una testimonianza in questo senso è stata raccontata dall'Archivio di Stato di Gorizia, che ha scovato nel proprio archivio un documento risalente al 1943 (nella foto). All'epoca, la comunità ebraica in città era composta da poco meno di 100 persone. Dopo l'8 settembre, la zona fu invasa dall'esercito della Germania e incluso nella Zona di operazioni litorale adriatico, ossia l'Operationszone adriatisches küstenland, una provincia del Terzo Reich.

Nella notte del 23 novembre, gli ebrei residenti in città vennero rastrellati e 45 membri della comunità vennero trasferiti ad Auschwitz. Come ricostruito dall'Archivio, la "più anziana tra le vittime di questo tragico atto criminoso - scrive l'istituto in una nota - fu la quasi novantenne Emma Luzzatto vedova Michelstaedter, madre di Carlo, letterato goriziano morto suicida nel 1910 a ventitre anni ed oggi internazionalmente riconosciuto". Per celebrare l’odierna Giornata della Memoria, quindi, l’Archivio di Stato ha partecipato all’iniziativa proposta dalla Direzione generale archivi, proponendo in una newsletter straordinaria questo documento originale, "che riporta la richiesta avanzata al Ministero dell’Interno, attraverso la Prefettura di Gorizia, dalla signora Emma Michelstaeder".

"L’anziana donna, nata nel 1854, chiedeva di ottenere l’autorizzazione a mantenere in servizio la propria domestica 'ariana'". La donna, infatti, era "necessaria alla sua assistenza diurna e nottura, in deroga al disposto dell’art. 12 del D.L. n. 1728 del 17 novembre 1938. A supporto delle esigenze personali, dettate da evidenti ragioni di salute, Emma Michelstaedter menzionava le benemerenze patriottiche del defunto marito Alberto, inviso all’autorità politica asburgica perché irredentista liberale italiano e deportato durante la prima guerra mondiale. Le leggi razziali, tuttavia, non contemplavano deroghe specifiche applicabili specificatamente all’art. 12".

Questa normativa proibiva agli ebrei di mantenere personale di servizio "ariano". Ciononostante, "il prefetto di Gorizia Vezio Orazi accolse l'istanza, benché a titolo provvisorio, con nota indirizzata alla locale Questura in data 20 gennaio 1939. Una curiosità: Carlo Michelstaedter si tolse la vita il 17 ottobre 1910, giorno del compleanno della madre Emma". Una storia che racconta di rapporti stretti aldilà della follia cieca di quegli anni, probabilmente vissuta anche in altri contesti ma sepolta troppo spesso dal racconto agghiacciante di ciò che l'idologia nazi-fascista riuscì a compiere.


Archivio di Stato di Gorizia, Prefettura di Gorizia – Archivio di Gabinetto (1927-1946), b. 48, f. 101, n. 3, fasc. Domestiche ariane

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