Gli Scout di Staranzano ragionano su ‘Palestina tra ieri e oggi’. «Mettere da parte l'ideologia per guardare all'umanità»

Gli Scout di Staranzano ragionano su ‘Palestina tra ieri e oggi’. «Mettere da parte l'ideologia per guardare all'umanità»

LA SERATA INFORMATIVA

Gli Scout di Staranzano ragionano su ‘Palestina tra ieri e oggi’. «Mettere da parte l'ideologia per guardare all'umanità»

Di Federico De Giovannini • Pubblicato il 10 Ott 2025
Copertina per Gli Scout di Staranzano ragionano su ‘Palestina tra ieri e oggi’. «Mettere da parte l'ideologia per guardare all'umanità»

Più di un centinaio le persone presenti. Gli interventi del dottore in Scienze Storiche Giovanni Montena, della studentessa Safa Yassin e il direttore della rivista 'Altreconomia' Duccio Facchini moderati dal giornalista Guido Baggi.

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Conoscere che cosa ha vissuto e vive ancor oggi la Palestina e il suo popolo. Approfondire da più punti di vista le radici e le ripercussioni di un conflitto che continua a imperversare dall’inizio del nostro Dopoguerra, così che nessuno possa dire: “Non sapevo”. Queste le premesse della serata informativa che il Gruppo Scout Staranzano 1 ha voluto organizzare questo mercoledì, 8 ottobre, nella sala delle Stalle Rosse, con il patrocinio del Comune di Staranzano.

Sono state all’incirca 120 le persone che hanno riempito tutti i posti disponibili in sala per ascoltare gli interventi. L’incontro, moderato dal giornalista, catechista e scout Guido Baggi, ha avuto come ospiti e relatori Giovanni Montena, dottore in scienze storiche, la studentessa palestinese di psicologia Safa Yassin e, in collegamento web da remoto, il direttore della rivista indipendente "Altreconomia" Duccio Facchini.

Una serata voluta dal gruppo degli scout staranzanesi per «aiutare le persone ad informarsi, per poter fare delle scelte consapevoli», come spiegato dai capi-educatori Simone Sgualdini e Silvana Carlovich. «Crediamo di dover dare un esempio concreto ai ragazzi che educhiamo: se qualcosa non funziona, non basta aspettare che questa cosa cambi da sola, ma impegnarsi in tal senso». A portare poi i saluti dell’amministrazione l’assessore alle politiche giovanili di Staranzano, Simone Campobasso, con un breve focus da parte sua su come nelle piazze d’Italia di questi giorni, «molto partecipate da docenti e giovani», si vada denunciando anche «un’assenza di dibattito sulla questione israeliano-palestinese nelle scuole», parte di un più ampio e «grosso nostro problema di erosione delle democrazie».

«Questa serata è un momento di discernimento su un tema che di per sé è difficile e non casualmente oscuro, mancante di informazioni: i vari momenti della storia sono sempre interpretati dall’interesse del vincitore o del potere di turno. Qualche volta realtà e narrazione coincidono, molte volte no». Così ha introdotto i tre interventi Baggi: un invito ad allargare la conoscenza oltre determinate narrazioni affermatesi nel corso della storia di questo conflitto, cogliendo quelle «interferenze» e informazioni emerse nel tempo, «mettendo da parte l’ideologia per discernere e guardare all'umanità, alla situazione drammatica di chi vive in queste terre».

Per tracciare il tragico percorso che ha portato a ciò a cui assistiamo oggi, nel 2025, bisogna risalire fino alla fine della Prima Guerra Mondiale: da qui ha preso il via l’intervento a carattere storico di Montena. Una panoramica dettagliata sulla nascita del Mandato di Palestina britannico dopo il crollo dell’Impero Ottomano, passando per l’impegno nella creazione di uno stato ebraico della dichiarazione Balfour e per i travagliati anni Trenta, in cui la regione vide un crescendo di tensione tra la nascita di gruppi paramilitari terroristici di matrice sionista estrema quali Irgun, Lehi e Haganah e le rivolte della popolazione autoctona.

Le migrazioni verso la Palestina, durante la prima metà del Novecento, di ebrei in fuga da un’Europa sempre più ostile verso di loro e il trauma dell’Olocausto hanno dato l’impulso per la nascita dello Stato di Israele nel 1948. Tappa preceduta dal piano di partizione dell’Onu che assegnava il 56% del territorio al nuovo Stato ebraico: una proposta votata favorevolmente dalla maggioranza degli Stati membri - non senza pressioni politiche di matrice sionista sui principali governi - che gli Stati arabi però rifiutarono con decisione.

E qui, una rivelazione forse inaspettata: la nascente leadership sionista intendeva davvero accettare la partizione e fermarsi entro i confini così definiti? Le lettere del 1937 di David Ben-Gurion (futuro primo ministro di Israele) e Chaim Weizmann, citate da Montena, suggeriscono il contrario. All’indomani dell’indipendenza israeliana scoppiò la prima guerra, ma – ha ricordato in conclusione Montena – nei mesi precedenti a quel maggio’48, ben 300mila palestinesi furono cacciati dalle forze militari del nascente Israele tra massacri e centinaia di villaggi svuotati nel primo drammatico capitolo di una lunga storia di oppressione: la Nakba.

Proprio in uno dei villaggi arabi che in quella fase storica divennero parte dello Stato di Israele è nata e cresciuta Yassin, da anni studentessa in Italia. Dalle sue parole è emerso il significato della quotidianità a quelle latitudini per una persona di origini palestinesi o sostenitrice della causa, tra timori di ritorsioni, censure mediatiche e zone “off-limits” o meno a seconda della propria origine. Non è semplice definire semanticamente, ha raccontato la ragazza, una realtà divisa da partizioni territoriali, ma in cui prevale il sentimento di unione e solidarietà reciproca del popolo palestinese tra Gaza e Cisgiordania.

Quali sono, infine, le dinamiche economiche che legano a stretto filo Israele e l’Unione Europea? Questo l’aspetto su cui si è concentrato il direttore di Altreconomia Facchini, portando l’attenzione sull’esiguo totale di sanzioni imposte dall’Ue per violazioni dei diritti umani verso persone fisiche e giuridiche nello Stato ebraico e sui dati che mostrano come l’Unione e determinati suoi Paesi membri figurino tra i principali investitori di Israele degli ultimi anni.

Focus anche sul rapporto per l’Onu di Francesca Albanese e sulle aziende coinvolte nell’economia di guerra e genocidio a Gaza, dalle Big Tech fino «all’italiana Leonardo, coinvolta nel raggruppamento di imprese che si occupa della produzione degli F-35, usati assieme agli F-16 dall’aeronautica israeliana per distruggere la vita a Gaza». Ultimo punto toccato da Facchini sono state le inchieste condotte dalla rivista sull’export di armi, materiale esplosivo per le demolizioni controllate e mezzi finalizzati alle esercitazioni belliche dall’Italia verso Israele: «Una situazione che la stampa italiana ha raccontato veramente poco e, se non ci fossero state combattive e corsare testate indipendenti, saremmo ancora qui a credere il contrario». 

Foto Claudia Miniussi 

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