Savogna d'Isonzo accoglie 46 nuovi residenti, sono 40 quelli trasferiti

Savogna d'Isonzo accoglie 46 nuovi residenti, sono 40 quelli trasferiti

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Savogna d'Isonzo accoglie 46 nuovi residenti, sono 40 quelli trasferiti

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 23 Gen 2024
Copertina per Savogna d'Isonzo accoglie 46 nuovi residenti, sono 40 quelli trasferiti

La popolazione si attesa a 1671 unità. Se le nascite sono scarse con sole otto nel corso dell'anno, non va meglio per la situazione sanitaria.

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Il busto di Primož Trubar, scrittore e sacerdote protestante che visse nel Cinquecento, accoglie gli ospiti nell’ingresso dell’imponente Castello di Rubbia, frazione del comune di Savogna d’Isonzo. Il castello è circondato da un bosco che digrada dolcemente verso il Vipacco. «Le piccole realtà non hanno una grande storia – osserva lo storico Mitja Juren – ma Savogna ha una sua storia, a partire dai castellieri sopra Gabria, come il castello di Rubbia. Poi è diventata tragicamente nota per i combattimenti alle pendici del Carso, con la sesta battaglia dell’Isonzo», racconta riferendosi a quella che oggi è anche nota come “battaglia di Gorizia”, combattuta nell’agosto del 1916.

Nel tempo, la popolazione ha subito un lieve calo, passando dai 1724 abitanti del 2001 ai 1671 registrati al 31 dicembre 2023. Erano 1.705  nel 2022. «È una situazione simile a quella della Seconda guerra mondiale, dove i cittadini sono rimasti pressoché gli stessi presenti», ribadisce Juren. «Non c’è stata un’emigrazione molto significativa, il lieve calo demografico è diffuso come nel resto del Paese – aggiunge il giornalista Vladimir Klemše - Una volta c’erano famiglie più numerose, vista anche la posizione geografica vantaggiosa». Una cittadina simboleggiata dai castelli e dal ponte ferroviario del 1860, poi ricostruito nel 1920.

«Per l’anniversario dei 160 anni dalla sua erezione si è fatta una bella mostra fotografica», racconta Juren. Pur conservando le potenzialità dei campi da coltivare, Savogna può vantare la vicinanza alla città di Gorizia e al polo industriale di Monfalcone. «Sono coltivazioni per lo più a frumento, granturco, patate e soprattutto ortaggi a uso domestico», specifica Klemše. Un territorio di confine che racchiude nazionalità diverse, dove quelle più numerose – oltre all’italiana - sono rappresentate da cittadini sloveni, pakistani e ucraini. Perché le conseguenze dell’invasione russa contro l’Ucraina sono visibili anche nei profughi che hanno trovato accoglienza in Italia, destinati a fermarsi con una permanenza a medio o lungo termine.

I nuovi residenti si attestano a 46, mentre i cittadini emigrati scendono a quota 40. Un saldo positivo di sei unità, purtroppo controbilanciato da 22 decessi – di cui sei nel centro abitato – e appena otto nascite, tutte avvenute nelle frazioni. «Il calo demografico vale per l’intera Italia, e prosegue già da una decina d’anni – rimarca il primo cittadino Luca Pisk – Il nostro governo dovrebbe intervenire a favore delle famiglie, andando incontro alle spese da sostenere da parte di ciascun nucleo familiare». Una cittadina che ha già dovuto fare i conti con la chiusura della scuola elementare “Živ Žav” di San Michele del Carso, dove i nove bambini iscritti sono stati trasferiti alla “Peter Butkovič-Domen” della stessa Savogna.

«Dopo appena due anni hanno dovuto chiudere la scuola appena ristrutturata perché non ci sono più bambini. Io stesso, che ho due figli ormai ventenni, mi sono reso conto delle difficoltà di abitare fuori, non ci sono mezzi pubblici che colleghino Savogna a Gorizia. Per tutto l’aspetto culturale o sportivo bisogna avere l’auto per spostarsi. Per le problematiche anagrafiche, sono più quelli che divorziano che quelli che si sposano», commenta Juren. E se le nascite sono scarse, non va meglio per la situazione sanitaria. «Anche i medici cominciano a scarseggiare, molti decidono di andare all’estero» spiega Pisk.

«Quando le famiglie non vengono incentivate si spostano altrove, soprattutto dove ci sono meno da tasse da pagare. Magari spostandosi in Paesi con temperature più miti, come capita di vedere in alcuni programmi televisivi. Paesi come il Portogallo, dove i pensionati decidono di andare». A Madeira, se le strelitzie e le spiagge incontaminate accolgono i turisti, il costo della vita e le spese sanitarie sono molto vantaggiose, attirando quanti con la pensione avrebbero una vita meno dignitosa qui in Italia.

«Anche le aziende si spostano all’estero, dove c’è meno burocrazia e decisamente più vantaggi. Il calo demografico va a ripercuotersi a cascata su tutte le attività. La gente oggi sta poco a spostarsi, soprattutto le nuove generazioni, ben disposte a trasferirsi all’estero. Siamo passati dai momenti d’oro degli anni Ottanta all’abbandono delle terre. Resterà celebre la frase di Prodi - “con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più” – poi smentito», ironizza con amarezza.

Un dramma che va a sommarsi con la crisi economica scatenata dalle guerre che hanno contagiato anche l’Europa. «Non riusciamo mai a vedere un giorno di pace e il costo dei materiali è aumentato enormemente». Un’inflazione vertiginosa che rischia di esplodere con la crisi in Mar Rosso e l’aumento dei costi di spedizione, oltre che con una nuova corsa al riarmo. «I cittadini tenderanno a spostarsi con un conseguente aumento del calo demografico, ma saranno i Comuni a pagarne le spese – sottolinea Pisk - D’altronde, paghiamo le conseguenze delle scelte della nostra classe politica dirigente».

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