la serata
La satira di Milko Bambič contro il fascismo, il film riscopre l'artista a Gorizia

Ieri sera l'anteprima del documentario di Radovan Čok, il racconto: «Fu la caricatura del regime fascista a condurlo lontano dalla sua Trieste».
Geometrie di colori. Spatolate materiche, pennellate decise che ritraggono figure convesse, tema ricorrente di molte sue opere futuriste. Dalle “Metamorfosi delle fabbriche di Trieste” ai fumetti satirici della rivista “Skovir”, fino ad approdare a “La notte di San Nicolò”, primo libro illustrato, e infine “Re Honolulu”, testimonianze di un’arte cangiante, Bambič parla una lingua universale e senza etichette. È stata proiettata nella serata di ieri – presso il Kinemax di Gorizia – la prima assoluta del documentario “Milko Bambič: In Statu Nascendi”, con la regia di Radovan Čok ospite del Kinoatelje.
L’evento si è inserito nell’ambito della Giornata della cultura slovena, a un anno esatto dal Go!2025. Quale figura eclettica possa davvero simboleggiare l’essenza della capitale della cultura, se non lo sguardo poliedrico e multiculturale di Bambič? «Questa serata si inserisce anche nel ciclo di film iniziato in gennaio – spiega Mateja Zorn – Ma oggi, in particolare, si celebra la Giornata della cultura slovena, meravigliosa opportunità per ricordare un artista versatile come Bambič. Un’opportunità doppiamente speciale, perché abbiamo ufficialmente iniziato il conto alla rovescia in vista della Capitale della cultura. Con Gorizia e Nova Gorica che concorrono a trasmettere lo stesso identico messaggio, quello che creatività e cultura rendono liberi».
Occhiali tondi, baffi a coronare il sorriso di un uomo allegro, «ingenuo e fiducioso come un eterno bambino», l’artista sloveno amava viaggiare, recandosi spesso a Parigi e sentendosi cittadino del mondo. «È stato un periodo in cui andavo spesso a Trieste, in parte per Černigoj e la sua avanguardia, in parte per gli articoli che di tanto in tanto pubblicavo nel Primorski dnevnik – racconta lo storico d’arte Peter Krečič – E a Trieste era impossibile non imbattersi in Milko Bambič, che all’epoca – negli anni Settanta – era tra le maggiori personalità della cultura slovena». Una personalità complessa che ha spaziato dalla pittura al fumetto alla critica d’arte, alle numerose lingue conosciute e persino alle invenzioni, come quelle della matita sottrattagli da ignoti e mai brevettata.
Un uomo senza confini, dalla mentalità aperta e avida di sapere, con interessi diversi che gli consentivano di penetrare la realtà senza appartenere a movimenti. «È difficile da collocare, non è possibile etichettarlo – spiega Čok - Forse è vissuto cento anni prima o cento anni dopo il tempo in cui sarebbe dovuto nascere. Un uomo del Rinascimento, come Leonardo Da Vinci, che lui amava. Nato troppo presto o troppo tardi per essere compreso fino in fondo». Un’ideologia mitteleuropea contraria al nichilismo fascista e alle miserie dei nazionalismi, che ai giorni nostri si presta a rappresentare la quintessenza del Bid Book, fungendo da collante fra generazioni e culture differenti.
Uno “Statu Nascendi” che allude al desiderio di solidarietà con il prossimo e al contempo all’accezione chimica (che Čok ha studiato in giovinezza). Nel significato di originaria purezza e di condensazione della materia, come accade con i personaggi delle “Cosmicomiche” di Calvino, che prendono origine dalla materia condensata attraverso lo sguardo lieve della comicità. L’altra potente arma a disposizione di Bambič è infatti l’ironia. Le strisce di “Bu-ci-bu” sdrammatizzano la realtà fascista, richiamando parallelismi con le vignette attuali di “Charlie Hebdo”, che proprio il 7 gennaio scorso ha ricordato l’attentato di cui fu vittima nel 2015, pubblicando le caricature del regime iraniano».
«Fu la caricatura del regime fascista a condurlo lontano dalla sua Trieste, città multiculturale e multietnica che Saba definisce «una porta aperta ai sogni». Un sogno che svanì nel lungo esilio a Lubiana, fino a farvi ritorno per ritornare a essere quel personaggio carismatico di sempre, presenziando alle mostre e alle attività culturali, perché «che fossero sloveni, italiani o stranieri, era sempre presente».
A conclusione della proiezione il pubblico ha avuto modo di ascoltare il regista Radovan Čok presente in sala insieme alla troupe.
Čok ha ricordato come tutto fosse nato dall’incontro con l’erede del patrimonio Bambić, – Valentina Verani – alla quale il documentario è dedicato. Un’avventura sbocciata «per una serie di coincidenze», ha spiegato anche la produttrice e coautrice della sceneggiatura Slađana Vide. «Sette giorni intensi di riprese, con un grande lavoro di raccolta delle immagini d’archivio, alcune provenienti anche da Praga». Presente anche il direttore della fotografia Predrag Bambić, lontano parente dell’artista scomparso nel 1991, che ha evidenziato come nonostante vi fosse a disposizione poco materiale sia stato ottenuto un capolavoro.
«L’arte è un gioco, ma un gioco serio», amava dire l’autore dei tre cuori sulla Radenska. Una «specie di svago» che lo ha condotto a vivere nella pienezza, tramandando alle nuove generazioni l’eclettismo di uno sguardo aperto al mondo.
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