Santi di casa nostra: un San Valentino a Privano e un parroco scontento

Santi di casa nostra: un San Valentino a Privano e un parroco scontento

La storia

Santi di casa nostra: un San Valentino a Privano e un parroco scontento

Di Ferruccio Tassin • Pubblicato il 14 Feb 2022
Copertina per Santi di casa nostra: un San Valentino a Privano e un parroco scontento

Ferruccio Tassin ci porta nel piccolo borgo di Privano per raccontare la storia della devozione al santo degli innamorati.

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Pare che nella storia le preferenze dei Privanesi siano sempre andate a S. Valentino con altare, nella chiesa di San Martino, da antica data.
La grande statua lignea che si porta in processione probabilmente è del secolo scorso e lo riporta nella immagine tradizionale coi paramenti sacerdotali: pianeta, manipolo, calice e palma del martirio. Ora, è universalmente noto per la – non infondata – tradizione che lo vuole protettore degli innamorati, spiegando il fatto con l’uso di donare l’abito da sposa in quel giorno, a Roma, in una chiesa a lui intitolata, o per il risvegliarsi della natura verso la sua festa (in Friuli, risveglio raggelato dal proverbio “A San Valentin, si sclape le glaz cu l’manarìn”). Si cita l’antica usanza, in Inghilterra, di scambiarsi biglietti affettuosi tra innamorati.
Nelle nostre terre, evocava aspetti più prosaici della vita, mali tremendi: invocato contro l’epilessia, in friulano mâl di Sant Valentin; si ricorreva a lui nelle pestilenze tra uomini e animali, dai destini veramente legati.
Difficile dire se l’epilessia fosse più frequente, certo è che la segale poteva essere inquinata da segale cornuta e il grano dal loglio. Le loro farine provocavano convulsioni, e altre malattie, per le quali i rimedi erano scarsi; non restava che il Santo. Vissuto nel III secolo, richiama due figure: di un vescovo e di un sacerdote. Qui è stata preferita la II ipotesi.
Privano è, per i paesi dei dintorni, la festa del “pan di San Valentin”; si benediva in quel giorno e si consumava attribuendogli facoltà preventive; prima di mangiarlo, si baciava.
Nelle case si confezionavano “pagnocutis” tonde di pane di “sorgturc”, pane giallo dal colore della farina “pan zal”, molto apprezzato, alternativa alla quotidiana polenta nelle famiglie contadine che “l’avevano corta” sottopadrone.

Festa grande: i giovani preparavano archi infrascati di verde dove passava la processione; il verde era soprattutto edera raccolta nelle boschette. I tre giorni prima della festa, triduo. L’unica osteria faceva faville: il titolare aveva bisogno di aiuti col numero di avventori! Oltre che di Joannis e Strassoldo, numerosi erano i Palmarini ospitati, per amicizia, dalle famiglie. A loro veniva offerto il pane giallo. La forma di ospitalità era propiziata dal fatto che numerose donne privanesi andavano nella città fortezza a vendere il latte.
Patetica in quel giorno la fede semplice e affettuosa di Valentino Cecconi di Palmanova, agente delle assicurazioni RAS, ben conosciuto in paese. Il Santo era portato a spalla e Valentino, per tutta la processione, lo accompagnava con la mano appoggiata alla statua in affettuoso cammino insieme: i due Valentini.

Un ricordo della stampa sulla festa:
(“La Vita Cattolica”, 25 febbraio 1951 p. 2) PRIVANO - RIPRESA L’ATTIVITÀ DELLA CANTORIA.
“Il bel tempo ha permesso l’afflusso di una folla di fedeli alla chiesa di Privano, dove si sono svolte solenni funzioni in onore di S. Valentino.
Nel pomeriggio tali funzioni culminarono nella grandiosa processione, inusitata per Privano, paese di sole quattrocento anime, e nella infiammata e calda parola del Sac. Dott. Prof. Riccardo della Rovere che celebrando, da par suo, il Santo nella sua doppia aureola di sacerdote e martire, invitò tutti ad una vera e concreta devozione al Santo per arginare i tanti mali spirituali che travagliano il mondo d’oggi.
Si vuole qui ricordare per le doverose felicitazioni e per i migliori auguri, la ripresa attività della cantoria locale, che, diretta dal maestro Cesare Cantarini, ha eseguito, oltre ad altra musica d’autore, la Messa Eucaristica a quattro voci del Perosi”.
Come in tutti i paesi, non era raro che qualcosa non andasse per il verso giusto, come si capisce dalle note di don Edoardo Zuliani nel libro storico della parrocchia. Siamo a San Valentino del 1977: “La festa è preceduta da un Triduo di preghiera.
Fin il 14 (lunedì) fu celebrata una S. Messa per i devoti accorsi, nonostante il giorno feriale. Domenica 20 si celebrò la festa solenne. Alla S. Messa delle 11.15 molti erano anche i forestieri (tempo piovoso a tratti). Fu cantata la messa del “Congresso”, cui si aggiunsero i tradizionali inni al Santo.
Celebrò il parroco, data la difficoltà di trovare un sacerdote forestiero la domenica. Molto pratico il panegirico. Nel pomeriggio l’incertezza del tempo sconsigliava la processione esterna.
Il parroco l’avrebbe fatta, ma i pochi presenti di Privano, forse anche per non sfigurare per lo scarso numero, sconsigliarono il parroco, che tutto fece allora in chiesa: vespri e benedizione col bacio della reliquia. Seppe dopo che proprio quelli cui poco importa la parte religiosa, criticano perché non si fece la processione: ma se non erano presenti neppure loro!”.


In foto: S. Valentino, qui Vescovo, in uno stendardo dell’Ottocento a Privano.

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