L’EVENTO
Salvi archivio e biblioteca del professor Tavano, saranno donati alla città di Gorizia

Presentata a Palazzo Coronini l’operazione in occasione del novantasettesimo compleanno e a quasi un mese dalla sua scomparsa.
Un sentiero di destini incrociati, quello che si è delineato nella Sala delle conferenze del Palazzo Coronini, in ricordo del professor Sergio Tavano. Dopo una lunga pioggia, per incanto cessata poco prima dell’incontro delle 18, nella serata del tredici marzo un nutrito gruppo di persone si è ritrovato all’ingresso di Via Coronini e quindi al primo piano delle Scuderie. «In questa stessa sala, il quindici ottobre dello scorso anno ci eravamo riuniti per Maddalena Malni Pascoletti – esordisce il direttore della Biblioteca Statale Isontina Luca Caburlotto – e abbiamo voluto affidare la prolusione proprio al professor Tavano».
Nella medesima sede si è scelto di commemorare i novantasette anni del compianto intellettuale, presentando il fondo archivistico e la biblioteca personale da lui donata con slancio di generosità ai cittadini. Un uomo «libero da rancori e pregiudizi» nonostante avesse con i suoi occhi attraversato i 40 giorni di occupazione titina, che ha saputo «elaborare» gl’infiniti lutti e drammi della guerra segnati da quel confine arbitrariamente tracciato. «Il suo intervento è stato registrato – rimarca Caburlotto – e verrà considerato un testamento spirituale».
Tavano era un uomo di cultura con la vocazione all’apertura, come testimoniano le parole rivolte al figlio in occasione delle celebrazioni per l’8 febbraio: «Carlo, ce l’abbiamo fatta!». Al dialogo fra culture coniugava l’amore per la «plurima» Gorizia, della quale amava la «bellezza silenziosa e aristocratica», come sottolinea in una sua ultima intervista. Un ricordo «informale e non paludato» dello studioso ha voluto restituirlo anche il referente dell’Archivio di Stato di Gorizia Marco Plesnicar, ringraziando Sergio per aver donato «a Gorizia e allo Stato il frutto di studi pluridecennali, a disposizione di quanti vorranno accedervi». Commossa la primogenita Cecilia, soprattutto «per il grande affetto» mostrato dalla comunità.
«Quest’affetto è lo stesso sentimento che ha legato papà a Gorizia – racconta – e che lo ha portato a dirsi entusiasta di questa serata organizzata in suo onore da Plesnicar. Era felicissimo, il giorno dopo ha detto “Non ho dormito”». Del padre, Cecilia rammenta come fosse solito ascoltare la musica di Bach mentre lavorava «con la porta aperta, così che per noi era familiare il bello che lui respirava». Un immenso patrimonio donato alla città, comprendente anche migliaia di diapositive in cui ha saputo unire presente e passato. «Un’estate che eravamo a Grado – racconta - è arrivato in spiaggia non per riprendere noi, ma l’onda da abbinare al tappeto musivo della Basilica di Sant’Eufemia».
Il conservatore dei Musei Provinciali Alessandro Quinzi ha invece evidenziato l’importanza della bibliografia di Tavano: «È uscita una prima raccolta nel 2003, quando il Goriški muzej gli ha dedicato un numero». La raccolta restituisce l’immagine di un uomo colto dedito alla lettura – per lo più interessato ad Aquileia e a Gorizia - per il quale il senso di offrire l’archivio e la biblioteca rappresenta un «donare tutto lo scibile per una nuova Storia, perché la Storia va sempre rivista e indagata», spiega Quinzi.
Ecco il volto della Gorizia settecentesca da cui transitano pittori di grande fama come Antonio Paroli o Rosalba Carriera. Una reinterpretazione della Nizza austriaca riaffiora nello scritto di Tavano “La città giardino” - datato 1974 – in cui spicca «la freschezza e il rigoglio vegetale che s’insinuava ovunque». Una flora mediterranea caratterizzata da magnolie, lauri e siepi, ma anche cedri deodara e pini d’Aleppo e da quei fiori «festosi e trionfanti specialmente in primavera». Quando ovunque ciliegi e peschi cantavano il loro inno alla rinascita, tingendo colli e giardini di «una tenue nube bianca e rosata». Cuore di questa meraviglia di petali è il parco Coronini, che Tavano definisce «monumento nazionale» in dialogo con il conte. Ricchezza paesaggistica trasfusa in “Gorizia viva – I secoli e le ore della città” di Biagio Marin, dove l’autore evoca la città di inizio Novecento attraverso «i giardini e i tanti alberi» che rappresentavano «la rivelazione di un mondo da fiaba».
A fargli eco è Ervino Pocar, che rievoca la grandiosità della Natura in quel «platano che cresceva dietro la fontana pubblica», sorta di «monumento vegetale in cui si davano convegno merli e stornelli». «Anche a Nova Gorica viene data grande importanza al verde pubblico – osserva Quinzi – secondo i dettami di Le Corbusier». Ultima, ma non da meno, è la questione linguistica della città, allora composta da «genti che padroneggiavano più lingue». Quando nel 1938 il parroco di Sant’Ignazio sale al pulpito, esordisce affermando che la sua sarebbe stata l’ultima predica in friulano «per disposizioni dello Stato», mentre nel liceo già comincia a sparire qualche compagno ebreo.
«Definirei il professor Tavano un “portatore sano” di questa cultura del ‘900 che si esprimeva in più lingue», riflette Quinzi. A ringraziare il grande intellettuale è stato poi il presidente del Circolo Fotografico Isontino Antonio Fabris: «Il Circolo ha 55 anni, e ha proseguito nel tempo anche grazie alla sua grande amicizia». Forte emozione anche nel discorso di Barbara Macor, nipote del celebre Celso, che accennando all’amicizia fra i due ha voluto poi mettere in rilievo «l’assoluta fede di Tavano nella pace e nel superamento di qualsiasi confine». L’incontro si è concluso con le parole di Plesnicar, che ha salutato i presenti ricordando l’appuntamento delle Storie goriziane previsto per l’8 aprile.
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