La rotta di Gorizia sotto l'occhio della Nato, armi in Jugoslavia contro Mosca

La rotta di Gorizia sotto l'occhio della Nato, armi in Jugoslavia contro Mosca

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La rotta di Gorizia sotto l'occhio della Nato, armi in Jugoslavia contro Mosca

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 23 Giu 2021
Copertina per La rotta di Gorizia sotto l'occhio della Nato, armi in Jugoslavia contro Mosca

Negli archivi dell'organizzazione, i piani di difesa in caso di attacco comunista. Contro i sovietici, l'alleanza con la Jugoslavia.

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Nel corso della seconda metà del Novecento, il fianco orientale di Gorizia e di tutto il Friuli Venezia Giulia è stato "osservato speciale" da parte del blocco occidentale. La paura, infatti, è che da Est potesse arrivare un'invasione comunista, ma i dissaporti venutisi a creare tra la Jugolsavia di Tito e l'Unione sovietica di Stalin già dal 1948 hanno permesso di guardare in modo diverso al "vicino rosso". È quanto emerge dalla ricerca di Marco Barone, che ha analizzato alcuni documenti desecretati della Nato datati 1957, riguardanti proprio il rischio di attacco dall’Europa orientale verso l’Italia.

“La via che desta più preoccupazione è quella di Gorizia - spiega il ricercatore -. La rotta di Gorizia, così viene chiamata. L’organizzazione atlantica analizza nel suo documento, tratto dagli archivi pubblici fruibili solo da qualche anno, che ‘per attaccare l'Italia, il nemico deve utilizzare l'approccio di Tarvisio o Gorizia o entrambi, anche se per farlo deve passare per Villach in Austria per raggiungere Tarvisio, e per Lubiana in Jugoslavia per raggiungere Gorizia. Questi sono gli approcci principali, anche se ce ne sono altri minori che senza dubbio verranno usati insieme ad essi. Di conseguenza, l'avanzata nemica deve essere contrastata”.

Per far ciò, il comando prevedeva l’impiego di “forze mobili e armi speciali in Austria e Jugoslavia in modo che qualsiasi attacco importante contro i passi possa essere respinto”. Da ciò, quindi, Barone evidenzia che “si evince che la Jugoslavia veniva ritenuta come una forza alleata su cui fare affidamento per contrastare l'avanzata sovietica”. Per quanto riguarda la città in riva all’Isonzo, “la Nato afferma che ‘sulla posizione di Gorizia, il cui terreno aperto si estende per circa 40 miglia a nord dall'Adriatico, un corpo alleato dovrebbe stabilire una posizione generalmente conforme a quella delineata’”, con una riserva dietro al Tagliamento.

“Occorre prestare attenzione - prosegue il testo - per evitare un'indebita concentrazione di forze del D-Day in questo corridoio ristretto per non diventare bersagli dell'attacco atomico e termonucleare sovietico. Due corpi, comprendenti un totale di quattro divisioni di fanteria e due corazzate, potevano stabilire queste posizioni”. Quest’asse, quindi, era costantemente monitorata: “La minaccia in quest'area è (…) per la Jugoslavia settentrionale e Gorizia a circa 200 miglia dalle aree di concentrazione in Ungheria. La rotta Gorizia e il corridoio Villach-Tarvisio sono quelli che destano maggiore preoccupazione” conclude il documento.

Nella foto: piazza Transalpina nel 1960 (Gaetano Lazzaro, Collezione Mischou, Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia)

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