Catturati e mai più tornati, cinque nomi rivivono nelle strade di Ronchi

Catturati e mai più tornati, cinque nomi rivivono nelle strade di Ronchi

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Catturati e mai più tornati, cinque nomi rivivono nelle strade di Ronchi

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 24 Mag 2023
Copertina per Catturati e mai più tornati, cinque nomi rivivono nelle strade di Ronchi

Ricordato il 79esimo anniversario del rastrellamento nazifascista. Presenti gli studenti dell'Istituto Da Vinci, «eravamo soltanto dei pezzi».

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Sono cinque le nuove pietre d’inciampo scoperte stamattina a Ronchi dei Legionari, in occasione del 79esimo anniversario del rastrellamento nazifascista che colpì la città bisiaca nel 1944. La cerimonia è stata promossa dall'Associazione nazionale ex deportati (Aned) - in collaborazione con il Comune. La prima tappa ha avuto luogo alle 9.30, nel rione di San Vito, in via XXIV maggio al civico 36. Qui, è stato don Luigi Fontanot, sacerdote cooperatore dell’unità pastorale di San Lorenzo e Santo Stefano, a scoprire la pietra dedicata a Lino Furlan, classe 1919, partigiano appartenente alla Brigata Garibaldi di Trieste e deceduto nel lager di Mauthausen il 18 marzo 1945.

Il corteo composto da cittadini e associazioni locali si è poi spostato nella frazione di Vermegliano, in via Brigata Modena 2, dove i presenti hanno fatto memoria di Guglielmo Deiuri, anche lui partigiano nato nel 1901, morto a Dachau il 18 marzo del 1945. Sul posto, un nipote del fratello di Guglielmo – fu Severino Deiuri – ha ricordato l’uomo e ha espresso un messaggio volto alla tutela della convivenza pacifica e di ripudio della guerra.

Ancora a Vermegliano, ma in via del Capitello 24, è stato ricordato Giuseppe Pacor, nato il 4 marzo del 1921, arrestato nel maggio 1944 e deportato a Mauthausen nel settembre dello stesso anno dove perse la vita il 2 aprile 1945. A seguire, nel rione di Selz, in via Fornaci 4, una pietra è stata dedicata a Bruno Violin, contadino partigiano nato ad Aquileia nel 1919 e deceduto a Dachau il 30 maggio 1945. La mamma e la zia del presidente Aned, Libero Tardivo, furono testimoni oculari del suo arresto. A Selz è stata anche letta una poesia di Ennio Grassi che descriveva la vita dei campi di concentramento, dove c’era una organizzazione del lavoro basata sullo sfruttamento e si viveva mediamente sei mesi per morire poi di stenti e fatica.

“È importante ricordare le persone impegnate in politica, nel sociale o nel sindacato. Esse erano le prime ricercate dai nazifascisti” ha affermato Tardivo a pochi metri di distanza dal monumento dedicato alla Brigata Proletaria. Infine, davanti alla Chiesa di Maria Madre di via Dante alla presenza degli studenti delle classi terze della scuola secondaria di primo grado del comprensivo Da Vinci, è stata installata la pietra dedicata al partigiano dell’Intendenza Montes Attilio Gaiardo nato nel 1922 e morto a Buchenwald il 9 marzo 1945.

In questa quinta tappa sono state raccontate ai ragazzi due storie legate al rastrellamento ronchese. Quella di Arcù Tardivo e di Leda Bevilacqua. La cerimonia ufficiale e conclusiva è stata officiata in piazza Oberdan alle 11. Il sindaco Mauro Benvenuto ha deposto una corona di alloro ai piedi della lapide commemorativa. I deportati ronchesi del 24 maggio 1944 furono 158. “Nei lager – ha spiegato ancora il presidente Tardivo – non era concesso chiedere il perché di fatti o azioni. Lì si perdeva la dignità e si lavorava forzatamente. Ragazzi, impegnatevi nel sociale, siate attivi e pensanti”.

Poi, Mario Candotto, il 96enne sopravvissuto alle sofferenze patite nel campo di concentramento nazista di Dachau, ha letto i nomi dei deportati ronchesi tra i quali ha ricordato i propri genitori. “Per i nazisti noi eravamo soltanto dei pezzi” è stato il breve commento di Candotto interrotto dalla commozione. “Solo quando si dimentica un nome come questi – ha spiegato don Fontanot – la vita finisce per sempre”. E ancora don Luigi, rivolgendosi ai giovani presenti: “Impegnarsi a fare bene le cose, serve. Ci richiama ad essere testimoni e fare memoria per sempre”.

“Tutti noi, nuove generazioni in testa – sono le parole del sindaco Mauro Benvenuto - dobbiamo lavorare per la pace, per la distensione tra i popoli. Dire no alle dittature, dire no alla negazione delle libertà, opporci ai soprusi ed alle prevaricazioni. Oggi abbiamo scoperto altre cinque pietre d’inciampo. Portandole in questo modo a ben 33 quelle che sono state posizionate dal 2019 ad oggi in città. Un percorso della memoria, fatto attraverso nomi, vite, episodi ed epiloghi nefasti che non debbono essere dimenticati. Sono state sofferenze che ci permettono oggi di poter vivere da uomini liberi”.

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