A Ronchi la guerra raccontata da Lucia Goracci, «devi vincere la paura»

A Ronchi la guerra raccontata da Lucia Goracci, «devi vincere la paura»

IL RACCONTO

A Ronchi la guerra raccontata da Lucia Goracci, «devi vincere la paura»

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 14 Giu 2023
Copertina per A Ronchi la guerra raccontata da Lucia Goracci, «devi vincere la paura»

La storica inviata Rai ha parlato dell'autorevolezza del professionista dell'informazione e del capire con i propri occhi per approfondire.

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Gli appuntamenti della prima giornata del Festival del Giornalismo di Ronchi sono cominciati già nel tardo pomeriggio di ieri e hanno anticipato la cerimonia di inaugurazione. Tra i quattro incontri ospitati nel cuore della città, in piazzetta dell’Emigrante, c’era il panel “Come si racconta la guerra?”. È intervenuta la giornalista Lucia Goracci, inviata di guerra del Tg3 che ha dialogato con Pietro Comelli, caporedattore della redazione di Gorizia e Monfalcone del Piccolo. Autorevolezza, terzietà, affidabilità e discernimento sono state le quattro parole chiave che l’ospite ha utilizzato per spiegare il ruolo che un professionista dell’informazione ricopre in scenari di guerra.

Si è parlato anche di giornalista embedded e di citizen journalism, elementi fondamentali e necessari per fare informazione durante un conflitto. “Diffidate sempre da chi in guerra cerca la verità – sono state le parole di Lucia Goracci – la distinzione tra il bene e il male lasciamola agli uomini di fede. L’unica cosa da fare in scenari del genere è allineare i fatti con onestà e sapienza perché purtroppo la verità non esiste in guerra”. Non sono mancati poi i riferimenti all’innovazione tecnologica che ha permesso di raccontare eventi in diretta con tutto ciò che ne consegue come emozioni, reazioni ed errori.

“Il progresso tecnologico – ha continuato Goracci – genera però l’illusione che tutto ciò che circola in rete sia verità. Ma l’informazione è altro, è relazione, è una scoperta continua. Quando racconti la guerra conta molto l’esperienza e non bisogna piegare il racconto alle linee editoriali. Bisogna raccontare i fatti senza dover rispettare agende politiche”. Credibilità, presenza sul territorio e preparazione culturale, sono elementi fondamentali per un inviato di guerra. Per documentare fasi critiche e gravi poi, l’importanza delle immagini è cruciale.

“Se le immagini sono brutte – ha spiegato Goracci – farai un testo mediocre. Ma la potenza del racconto secondo me sta nelle microstorie. Per me sono fondamentali i civili. Come vivono loro la guerra? Per fare tutto questo bisogna lasciarsi affascinare dalla vita del posto e dall’umanità, due aspetti che resistono alla guerra. Bisogna raccontare storie fatte di sogni, storie di sopravvivenza e i civili ci aiutano ad immedesimarci nelle loro situazioni”. Un’altra sfida della quale si è parlato è stata quella del capire, conoscere e raccontare anche il nemico quando è vivo sapendosi destreggiare e difendere dal pericolo.

La sua percezione, il rischio di rapimento, il giornalista oggetto di riscatti, le guerre urbane e i confini non percepibili. La relatrice ha testimoniato tutto questo. “Succede l’irreparabile quando meno te lo aspetti. La paura fa parte del nostro presente, va però vinta perché andare a capire con i tuoi occhi deve essere più forte. Quando devi documentare, i collaboratori sono fondamentali. Autisti, operatori video e fixer devono restare gli stessi. A loro devi la vita, sono i tuoi angeli”. E ancora Goracci: “Bisogna poi avere la capacità di instaurare dei legami anche nei momenti estremamente concitati. Io sono per un giornalismo d’immersione che racconta la gente”.

Dalla voce e dagli occhi della storica inviata Rai, si percepisce che non le passa mai la voglia di tornare in Iran e Afghanistan. La sua passione è forte. Ha rivelato ai presenti di avere una predilezione per i documentari. “Vorrei realizzarne di più per approfondire quello che non si riesce a dire in un minuto e mezzo del telegiornale”. Infine, incalzata dal moderatore, la cronista si è espressa sulla guerra in Ucraina. Le sue parole sono state – come sempre – chiare. “Non si può raccontare solo dal fronte ucraino – avverte Goracci - chi racconta dalla parte russa, lo può fare solo parlando dal suo ufficio e questo è assurdo. Per me esserci vale sempre la pena rispetto al non esserci”. E di questo ultimo aspetto, grazie a lei, ne sono stati certi tutti i numerosi presenti che l’hanno salutata con un lungo applauso.

Photo Credits - Luca A. d'Agostino Phocus Agency

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