Le operazioni
Ronchi, ecco i lavori allo storico organo Mascioni: «Importante documento storico»

Costruito nel 1929 era stato restaurato nel 2004. Nel 1943 il parroco don Falzari lo faceva usare dalle SS per evitare rastrellamenti.
I tecnici, artigiani organari e collaudatori, sono arrivati ieri, lunedì 15 gennaio, nella tarda mattinata direttamente da Azzio, in provincia di Varese. L’arrivo del viaggio è stata la città di Ronchi dei Legionari dove la squadra sta operando nella chiesa arcipretale di San Lorenzo martire. Lì è l’organo Mascioni, opera 419 del 1929, a essere il soggetto cardine dell’intervento di manutenzione straordinaria programmata da almeno due anni.
Il progetto, infatti, è del 19 febbraio 2022 e ci sono voluti ben due anni per poter reperire i fondi necessari ad avviare l’intera operazione. A finanziare il tutto, oltre alla parrocchia dei santi Lorenzo e Domenica, anche la Bcc Staranzano e Villesse e sponsor privati per un costo totale, esclusa l’Iva, di 22.900 euro.
Un intervento non da poco, dunque, ma necessario viste le condizioni dello strumento che era stato restaurato vent’anni fa, nel 2004. Da allora, a parte qualche piccolo aggiustamento, nulla era stato toccato. Da qui la decisione della parrocchia di intervenire radicalmente.
L’intera operazione si protrae in cantoria: già entrando nella chiesa parrocchiale, in questi giorni, si può vedere fisicamente la mancanza delle canne di facciata e di gran parte dell’organo stesso. Gli operai sono tre, Carmine Piscopo, Andrea Sist e Sergio Castegnaro, artigiani e restauratori. Le operazioni sono varie e minuziose, dalla sistemazione della consolle fino alla pulitura delle canne. La loro intonazione, invece, avverrà appena tra due settimane.
L’organo di Ronchi dei Legionari, a 95 anni dalla sua costruzione, è ancora lì come era stato progettato: uno strumento interamente pneumatico, ovvero la cui gestione avviene grazie all’aria che viene non solo introdotta dal mantice ma pressurizzata nei sistemi di gestione che, dalle tastiere e pedaliera, consentono di azionare le varie canne dei diversi registri.
Un sistema ingegnoso, poi sostituito nel corso degli anni dal sistema elettrico. La ditta che l’ha costruito è, comunque, la stessa che lo sta restaurando: si tratta della ditta Mascioni e il progettista dell’organo ronchese è stato Vincenzo Mascioni. A oggi sono i pronipoti a portarne avanti la ditta e manutenere gli strumenti. Va detto che dal 1829, anno dell’apertura della ditta, sono oltre duemila gli organi costruiti in tutto il mondo: basti pensare che la cattedrale di Tokyo ha un organo targato Mascioni. Mentre nell’arcidiocesi di Gorizia gli strumenti sono tre, Ronchi dei Legionari, Barbana (1952) e Grado (1953). Anche il santuario di Monte Santo / Sveta Gora ha un organo Mascioni così come la concattedrale del Divin Salvatore di Nova Gorica, anche se costruito nel 1986. A Ronchi, secondo quanto riportato nel volume curato da Nassimbeni e Stella, vi era in precedenza un organo costruito nel 1797 dall'organista Francesco Comelli, poi distrutto durante la prima guerra mondiale. L'attuale organo fu inaugurato il 20 aprile del 1930.
Secondo i restauratori si tratta di «un documento di arte organaria dell’epoca rimasto invariato e funzionante che non ha subito modifiche foniche né strutturali o cambi di trasmissione», come hanno raccontato ieri sera durante un punto stampa organizzato in cantoria per mostrare il prosieguo delle operazioni. Sono stati i tecnici a guidare i presenti, dal parroco, monsignor Ignazio Sudoso, al vicario parrocchiale don Luigi Fontanot, con l’organista della parrocchia, lo scrivente, il consigliere del consiglio affari economici, Salvatore Ferrara, il sindaco Mauro Benvenuto, il giornalista, Luca Perrino e l’impresario Michael Bertogna.
Un momento per conoscere la realtà che si cela al di sopra della bussola della chiesa parrocchiale: uno strumento unico che fa sentire la propria voce ma del cui funzionamento quasi nessuno è a conoscenza. Una grande macchina in funzione e della quale non ci si accorge finché non comincia a dare alcuni segni di cedimento – un po’ come per il corpo umano – ed è per questo che intervenire tempestivamente è quantomai necessario. Per lasciare, così, non solo ai contemporanei ma anche ai posteri la grandezza di un documento storico simile. Lo strumento, infatti, ha passato i decenni e varie generazioni. Basti pensare che nel 1943 due ufficiali delle Ss naziste, di stanza nella vicina Villa von Hinke, erano stati autorizzati a suonare organo e violino dal parroco, don Giovanni Battista Falzari, con l'accordo di evitare alcuni rastrellamenti. Conservare queste testimonianze è un dovere verso la storia.
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