Il funerale
Ronchi, un migliaio a salutare Alessandro: «Persona buona e pulita»

San Lorenzo gremita, l'ultimo addio al giovane morto il 27 aprile in un incidente stradale.
“Non sappiamo perché quello che è accaduto è successo proprio ad Alessandro, non abbiamo risposte. Ma rimane il bene che lui nella sua breve vita ha dato e testimoniato”. È stato chiaro nella sua omelia il parroco di San Lorenzo a Ronchi dei Legionari, monsignor Ignazio Sudoso, durante l’omelia al funerale di Alessandro Paolini, il giovane ronchese ventunenne deceduto il 27 aprile scorso sull’A23 all’altezza di Buja in un incidente stradale.
Una folla ha atteso l’arrivo del feretro, alle 11 in punto, in un Piazzale Monsignor Mario Virgulin deserto di macchine, interdette dall’apposita ordinanza che la Polizia Locale di Ronchi ha emanato per questioni di ordine pubblico. In tanti, quasi un migliaio, hanno partecipato alle esequie, chi occupando interamente la chiesa parrocchiale, chi da fuori grazie agli appositi altoparlanti. Il coro Ermes Grion ha accompagnato la liturgia, presieduta da monsignor Sudoso assieme al vicario parrocchiale, don Mirko Franetovich. Compagni di classe, amici, conoscenti, coetanei di varie realtà sportive e associazionistiche ma anche uomini e donne del corpo di Polizia. Tantissimi hanno partecipato, silenti e attoniti, al dolore di un’intera comunità.
“Ci sembra di essere precipitati in un inferno”, ha detto ancora monsignor Sudoso. “Ci sono tante domande che attraversano il cuore degli amici e dei tanti presenti. Di fronte a inferni simili abbiamo due opzioni: o ci lasciamo travolgere, pensando che la vita non ha senso, pensando di attutire il dolore e non ponendoci alcune domande. L’altra soluzione è quella di reagire all’inferno con tutta la capacità di bene che ciascuno di noi è in grado di fare: reagire all’assurdo con il bene, con il bello, con il vero. Con tutte quelle azioni che ci portano ad amare la vita”.
La scomparsa di Alessandro “ha scatenato una gara di solidarietà per stare vicino alla famiglia. E quando parlo di amore intendo questo, ovvero vedere che di fronte al male le persone si muovono verso il bene. Alessandro ha lasciato un grande vuoto, ma solo fisicamente, nel senso che non lo possiamo più abbracciare. Ciò, però, solo se la vita si gioca sul lato visibile, empirico. Aprire la propria esistenza all’altro è esprimere la vita: questa è la sua logica, che supera e ingloba dentro di sé la logica della morte. Allora non lascia un vuoto ma lascia tanto in ognuno di noi”.
“Alessandro – ha concluso monsignor Sudoso – è stato una persona buona e pulita. La sua memoria potrà diventare una risorsa e un’energia dentro di noi: allora questa vita non sarà sprecata ma avrà reso ancora più belle le nostre esistenze”.
La lettera della sorella Viviana, a fine celebrazione, lo ha voluto ricordare come un ragazzo che “preferiva andare in palestra piuttosto che andare a bere, si prendeva cura di sé e degli altri. Bonariamente lo sgridavamo quando cantava a squarciagola canzoni popolari. Vedere la vicinanza di tutta la comunità ci fa capire quanto fosse speciale. Fisicamente non sei più fra noi ma con lo spirito sì”.
Il coro Grion, a fine cerimonia, ha voluto ricordarlo intonando Stelutis Alpinis, prima che un mazzo di palloncini bianchi fosse lasciato volare in cielo tra gli applausi e le lacrime dei presenti. Il feretro ha, quindi, proseguito verso il cimitero dove Alessandro è stato seppellito.
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