Il personaggio
Ronchi dei Legionari piange Olimpia Gellini, ex deportata a Chemnitz e Auschwitz

La comunità piange una figura importante per la storia locale. In vita rimangono solo due ex deportati, Candotto e Franzi.
Era sopravvissuta dall'orrore dei campi di concentramento nazisti. Nelle scorse ore, Ronchi dei Legionari ha perso Olimpia Gellini unica donna superstite agli orrori della dittatura. Non era solo una delle tantissime donne arrestate e deportate quasi alla fine della Seconda guerra mondiale, ma anche una testimone della storia che, dopo alcuni anni di comprensibile silenzio, ha voluto raccontare quella sua tremenda esperienza, specie ai ragazzi delle scuole.
Olimpia Gellini, vedova Legovini, era nata a Ronchi dei Legionari il 22 giugno del 1924. Era la più anziana di cimque fratelli. Una ragazza come tante ma diventata straordinaria quando, non ancora ventenne, aveva incontrato dei militanti antifascisti in via Pacinotti, ai piedi del carso. Diventò una di loro, una staffetta partigiana. Il suo soprannome di battaglia era “Stana” ed aveva iniziato a portare generi alimentari agli affamati dalla guerra, ma anche messaggi nascosti nell'orlo della gonna destinati a chi voleva comunicare con parenti o amici.
Olimpia sapeva bene come custodire i messaggi segreti. Lei che aveva imparato il mestiere di sarta faceva degli orli speciali. Fu arrestata nel primo pomeriggio del 5 maggio 1944 nella sua casa. Nella mattinata di quel giorno era stato catturato un partigiano che, torturato, aveva rivelato alcuni nomi di appartenenti alla stessa organizzazione. Quindi era stato ucciso. Olimpia fu avvisata che il suo arresto sarebbe stato una questione di ore, ma preferì attendere i suoi carcerieri per evitare che fossero prelevati suo nonno ed altri membri della famiglia. Fu dapprima rinchiusa nelle carceri di Sesana e, poi, al Coroneo di Trieste dove rimase per cinque mesi. Il 24 luglio fu scelta, assieme ad altre cinque donne, per essere fucilata. Ma si salvò perché, nel frattempo, era stato arrestato l'autore di un attentato ad un camion carico di tedeschi.
Il 5 ottobre del 1944 partì per Auschwitz, dove gli fu affibbiato il numero di matricola. Era l’88933. Da lì il trasferimento a Chemnitz, dove Olimpia fu impiegata in una fabbrica di munizioni dove lavorava dodici ore al giorno.
Il 9 maggio del 1945, dopo un terribile bombardamento, Olimpia Gellini, si svegliò e scoprì che le SS erano scomparse. “Era rimasta solo una kapò – raccontava Olimpia in una delle sue testimonianze – che si impossessò del mio straccio detto cappotto e fuggì”. Da li cominciò un lungo viaggio di ritorno verso casa. Due mesi di cammino sino a Linz, poi in treno sino a Bolzano. Qui un prete trovò lei e altre sventurate prigioniere, tra le quali alcune donne ronchesi, e le portò sino a Ronchi dei Legionari: era il 29 giugno del 1945.
La sua fu una storia tragica, fortunatamente conclusasi in maniera positiva, ma che ha segnato Olimpia per tutta la vita. Oggi la città le tributerà l'ultimo saluto, con una benedizione che, alle 11, avrà luogo nella camera mortuaria del cimitero di via D'Annunzio. La sua salma sarà esposta dalle 10. A ricordarla è stato anche il primo cittadino uscente.
“Una donna – ha detto il sindaco, Livio Vecchiet – alla quale la città dovrà essere grata per sempre”. Olimpia Gellini lascia le figlie Sonia con Edi e Cinzia con Claudio e Paolo e le sorelle. La sua famiglia desidera ringraziare i sanitari delle cure palliative, gli assistenti della cooperativa Terranova ed il suo angelo custode Giulia. Di quei terribili anni, oggi, a Ronchi dei Legionari, rimangono ancora in vita due uomini: Mario Candotto, nato nel 1926, deportato a Dachau e Rodolfo Franzi, classe 1923, anch'egli internato nello stesso lager.
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