«Riportiamo gli italiani a fare i saldatori», nasce il patto Monfalcone-Fincantieri

«Riportiamo gli italiani a fare i saldatori», nasce il patto Monfalcone-Fincantieri

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«Riportiamo gli italiani a fare i saldatori», nasce il patto Monfalcone-Fincantieri

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 26 Ott 2022
Copertina per «Riportiamo gli italiani a fare i saldatori», nasce il patto Monfalcone-Fincantieri

Prima visita dell'amministratore delegato in municipio, obiettivo puntare sulla formazione

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Un nuovo percorso sul lungo periodo, per massimizzare il lavoro sul territorio e far crescere le realtà più piccole. Sono gli unici punti programmatici emersi oggi a Monfalcone, dopo l’incontro tra il sindaco Anna Maria Cisint e l’amministratore delegato di Fincantieri, Pierroberto Folgiero, che segue il tavolo tenutosi ieri con l’assessore regionale al lavoro Alessia Rosolen proprio sul tema occupazione. È stata anche la prima volta che il nuovo numero uno del colosso cantieristico ha fatto visita in municipio.

“Sarà un progetto con grandi step di lunga e media gittata - ha spiegato la prima cittadina - che dovrà essere del territorio. Abbiamo parlato di cose concrete, è un percorso difficile ma possibile”. I dettagli, però, non sono emersi, a partire dalla reale esigenza di personale sulla città bisiaca dell’impresa: “Il piano industriale è in fase di elaborazione” ha commentato Folgiero, confermando comunque il prossimo recruiting day atteso a gennaio, entro il quale saranno chiare le effettive esigenze per nuove assunzioni.

L’obiettivo emerso, per quanto spiegato, è comunque ambizioso in termini di tempistiche: “Riportare gli italiani alla saldatrice” come sottolineato dallo stesso ad. Un punto che passerà inevitabilmente dalla formazione, sia a livello scolastico - in particolare dagli Its - che dentro l’azienda. L’arco temporale in questo senso non è delineato, ragionando su 10 o 20 anni per poter avere finalmente figure professionali fatte e formate secondo le esigenze che serviranno sempre di più al settore manifatturiero, guardando anche al modello tedesco.

In Germania, infatti, il numero di iscritti ai corsi tecnico-professionali è ben più alto rispetto a quelli italiani. Sarà anche questo un nodo su cui ragionare, con il vertice di Fincantieri che ha annunciato di voler rimettere “le mani al centro del manifatturiero”. Ricordando che il colosso spende ogni anno 3 miliardi di euro sul territorio regionale, ha quindi anticipato di voler “creare impatto, sulla base dei progetti che si faranno”. Il tutto, però, rimane ancora avvolto da numerosi punti di domanda, a partire dal sistema di lavoro.

L’elefante nella sala di cristalli è infatti il sistema di subappalti, su cui il percorso dovrà necessariamente soffermarsi per rivedere il tema occupazione. Soprattutto se l’obiettivo è rendere il più locale possibile l’occupazione. “È un progetto concreto e sperimentale - ha precisato Cisint - per ottenere pian piano dei risultati. Questa città soffre molto e ha bisogno di avviare un percorso per il territorio”. Per Folgiero, “è un adempimento sociale e renderà l’azienda più forte. Non si tratta di filantropismo”.

Guardando ai rincari di materiali ed energia, il numero uno non nasconde le preoccupazioni per l’indotto di piccole e medie imprese che segue Fincantieri: “C’è grandissima sofferenza per l’aumento dei costi, il capofila deve tenere e interagire con il cliente che può fare la sua parte. A noi serve questa filiera e bisogna avere coraggio nel sostenerla. Il sistema cluster non si deve scomporre”. Mentre Fincantieri ragiona sulle nuove occupazioni, rimane aperta la crisi Wärtsilä a Trieste: “Stiamo seguendo la vicenda da vicino e conosciamo benissimo la storia”.

I suoi lavoratori potrebbero in caso trovare posto nei cantieri? “Fincantieri fa l’integratore e non credo nel verticalizzare tutto nella stessa azienda. Siamo sicuramente la casa di chi sa fare integrazione. Le persone qualificate in questo Paese sono sempre utili”. Sul nuovo ministero del Mare, distaccato da quello delle Infrastrutture nel nuovo governo, “mi aspetto che ci sia un assetto che dia più forza possibile alle imprese, soprattutto a quelle che esportano e tutto quello che esportano lo producono in Italia”.

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