La rinascita della Brda e il suo boom raccontata dal sindaco Franc Mužič

La rinascita della Brda e il suo boom raccontata dal sindaco Franc Mužič

Alla scoperta del territorio

La rinascita della Brda e il suo boom raccontata dal sindaco Franc Mužič

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 05 Nov 2020
Copertina per La rinascita della Brda e il suo boom raccontata dal sindaco Franc Mužič

In meno di trent'anni, la Brda ha cambiato volto. Abbiamo incontrato il suo sindaco, in carica fin dall'inizio di questo sviluppo.

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Confinante per due terzi con la nostra regione, la Brda rappresenta geograficamente un tutt’uno insieme alla controparte italiana, il Collio goriziano. Oggetto di un vero e proprio boom turistico negli ultimi anni, quest’angolo di Slovenia è sicuramente un posto affascinante per le sue particolarità culturali e paesaggistiche. Per conoscere più a fondo la zona, abbiamo incontrato il sindaco del Comune omonimo, Franc Mužič, in carica fin dal 1995.

Proprio quell’anno, Brda è diventata una realtà locale a sé, staccandosi dalla municipalità di Nova Gorica. Non esiste, però, un vero e proprio paese con questo nome: si tratta infatti di un comune diffuso, composto da numerosi centri, distribuiti su 72 chilometri quadrati, con epicentro Castel Dobra (Dobrovo in sloveno) dove ha sede il municipio. Proprio qui ci accoglie il primo cittadino, che ricorda come si è evoluto il territorio all’indomani dell’indipendenza dalla Jugoslavia: “Fin dai primi tempi, come amministrazione abbiamo deciso quali sarebbero state le linee guida da seguire per il futuro del territorio”.

I punti principali riguardavano principalmente lo sviluppo agricolo, in quanto Brda ha sempre basato la propria economia sul settore primario: “Oltre alla produzione di vino - ci racconta -, è molto sviluppata anche quella frutticola, che da lavoro alla popolazione per tutto l’anno”. In questo senso, preziosi sono stati i contributi arrivati dall’Unione europea all’inizio del nuovo secolo, soprattutto dopo l’ingresso di Lubiana, che hanno permesso di migliorare molte coltivazioni, tra cui quelle delle olive. In quello stesso periodo, inoltre, si è iniziato a puntare anche sul turismo, scommettendo su un settore praticamente nuovo per queste zone.

“Abbiamo capito che, sviluppando il turismo - sottolinea Mužič -, sarebbe incrementato di conseguenza anche il settore primario”. Questa diversificazione è stata resa necessaria dal mutamento repentino del mercato interno, passando da oltre 20 milioni di consumatori nell’allora federazione jugoslava agli appena 2 milioni della Slovenia indipendente. “Per questo abbiamo deciso di aprirci al contesto europeo” e le iniziative adottano hanno subito avuto l’obiettivo di farsi conoscere come territorio al di fuori dei confini. Nel ’96, ecco nascere il logo che ancora oggi rappresenta la Brda.

Ciò ha significato fare un importante lavoro anche sulle proprie infrastrutture e luoghi d’intesse: “Nel 1994 - ricorda il sindaco -, contavamo appena 20 posti letto nell’osteria del paese; oggi ne abbiamo più di 800 in tutte le strutture ricettive del comune”. Tutto ciò è stato possibile grazie alla sinergia tra sei realtà locali slovene, che hanno avuto accesso a una linea di credito nazionale nonché agli aiuti europei. Questi hanno inoltre contribuito al restauro del borgo di Šmartno (San Martino) e del castello di Dobrovo, nonché di Villa Vipolže, anche grazie all’aiuto di privati e aziende locali.

Oggi l’obiettivo è fare rete anche con i vicini italiani: Brda confina con cinque municipalità goriziane e con due di esse (San Floriano e Cormons) è gemellato. In ballo c’è la candidatura del Collio/Brda a Patrimonio mondiale UNESCO, su cui si lavora già da dieci anni. Mužič però non vede “una collaborazione sincera tra le parti, per qualcuno il confine è rimasto in testa. Spero che con le future generazioni questa impostazione cambi”. L’auspici, quindi, è che il progetto transfrontaliero possa andare in porto entro i prossimi cinque anni, magari sposandosi con la candidatura a Capitale europea della cultura di Nova Gorica-Gorizia.



Si ringrazia Giuseppe Peter Pflanz per la traduzione.

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