Ottiene la cittadinanza italiana anche se vedova, primo caso a Monfalcone

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Ottiene la cittadinanza italiana anche se vedova, primo caso a Monfalcone

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 11 Ago 2023
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La causa con il Viminale davanti al Tribunale di Trieste, ottenendo il parere favorevole della Consulta su richiesta dell'avvocato Stefano Grassi.

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Una persona straniera può ottenere la cittadinanza italiana, anche se rimasta vedova durante l'iter. Questo è ciò che stabilisce la sentenza numero 195 del 2022 della Corte costituzionale, emessa a seguito di una questione di costituzionalità fatta dall'avvocato Stefano Grassi di Ronchi dei Legionari (nella foto). La causa era posta in giudizio davanti al Tribunale di Trieste, arrivando a una pronuncia storica che ha avuto un primo riscontro il 28 luglio con l’emissione della sentenza dello stesso Tribunale. Questo ha sancito il diritto ad ottenere la cittadinanza italiana per una cittadina ucraina assistita proprio dal legale ronchese.

La decisione in questione è davvero attuale. Andiamo nello specifico, riassumendo quanto accaduto. Cosa è successo? L’11 novembre 2019, la signora Georgina Glukhykh, nata in Ucraina ma residente a Monfalcone, ha fatto ricorso contro il ministero dell’Interno per far sì che venga accertato il suo diritto a ricevere la cittadinanza italiana nonostante la morte di suo marito. La ricorrente, il 14 marzo 2009 aveva sposato Gianpaolo Robustelli, cittadino italiano e residente in Italia, deceduto il 27 luglio 2012. In precedenza però, il 9 giugno 2011, la donna aveva inoltrato alla Prefettura un’istanza ai sensi dell’articolo 5 della legge 91 del 1992, per il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Ha quindi ricevuto il 22 aprile 2013 un provvedimento che non permetteva il procedere dell’istanza, a causa del decesso del marito. Come si legge dal testo dalla sentenza, il ministero – costituitosi in giudizio - si è opposto alla domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana e ha chiesto il rigetto del ricorso. Il legale ha quindi sollevato una questione di legittimità costituzionale della legge del 1992 in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione. La giudice civile triestina Filomena Piccirillo ha quindi disposto l'immediata trasmissione degli atti alla Consulta, sospendendo il giudizio.

Piccirillo ha definito la questione “rilevante in quanto, nel caso di specie, una pronuncia di incostituzionalità della norma nel senso sopra indicato consentirebbe alla ricorrente di eliminare l’ostacolo frapposto dal legislatore al riconoscimento del suo diritto” e ha rilevato la violazione dell’articolo 3 della Costituzione, in relazione agli articoli 111 e 24 della Carta costituzionale.

Scorrendo il testo, si giunge ad un’altra considerazione del giudice: “Fermo restando che il vincolo matrimoniale è un presupposto necessario per il riconoscimento della cittadinanza, non si comprende perché il legislatore equipari, ai fini dell’esclusione del diritto, l’ipotesi di divorzio, separazione o annullamento del matrimonio – circostanze che, sia pur intervenute nelle more del procedimento, sono comunque riconducibili ad una scelta dei coniugi - alla diversa ipotesi del decesso del coniuge nelle more del procedimento- circostanza che, quale evento fortuito, esula completamente dalla sfera di volontà e dominio del richiedente”.

Quanto richiesto dalla signora Glukhykh è stato quindi accolto in quanto “la morte - scrive il Giudice delle Leggi - pur se scioglie il vincolo matrimoniale, non fa venire meno la pienezza delle tutele, privatistiche e pubblicistiche, fondate sull’aver fatto parte di una comunità familiare basata sulla solidarietà coniugale e dunque non può inibire la spettanza di un diritto sostenuto dai relativi presupposti costitutivi; irragionevole dunque sarebbe negare all’istante, che ha maturato i requisiti e presentato domanda di cittadinanza, il riconoscimento della stessa in ragione di un evento – qual è la morte del coniuge – del tutto indipendente sia dalla sua sfera di controllo sia dalla ratio dell’attribuzione della cittadinanza”.

Alla luce della pronuncia della Consulta, il Tribunale di Trieste ha stabilito che la domanda della donna residente a Monfalcone deve trovare accoglimento. Georgina Glukhykh ha diritto di ottenere lo status di cittadina italiana in quanto i presupposti per il riconoscimento sussistevano già al momento della presentazione dell’istanza. Inoltre, alla donna andranno rimborsate le spese sostenute in attesa del giudizio. Sul caso, Grassi ha espresso piena soddisfazione. "Il Tribunale di Trieste – sono le sue parole - facendo proprie le statuizioni della sentenza numero 195 del 2022 della Corte costituzionale ha emesso una sentenza apri pista, che avrà dei riflessi su molti altri casi pendenti, vista anche la zona di confine in cui viviamo".

"Un plauso particolare va alla sensibilità del giudice del Tribunale di Trieste, che ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, da me sollevata nel corso del giudizio, trasmettendola alla Corte Costituzionale per la decisione”. E ancora Grassi: “In conclusione, posso affermare che i giudici della Corte costituzionale, dichiarando l'incostituzionalità della norma, hanno manifestato la loro indipendenza e lungimiranza, adeguando la normativa in materia di cittadinanza ai principi costituzionali e di civiltà giuridica".

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