Ramadan in mensa a scuola a Monfalcone, Cisint: pericolo per bambini

Ramadan in mensa a scuola a Monfalcone, Cisint: pericolo per bambini

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Ramadan in mensa a scuola a Monfalcone, Cisint: pericolo per bambini

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 28 Mar 2023
Copertina per Ramadan in mensa a scuola a Monfalcone, Cisint: pericolo per bambini

Il sindaco scrive al ministro dell'Istruzione, «bambini vengono emarginati». La replica di un'insegnante: «Capire la cultura».

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È una “lettera di denuncia” che ha subito diviso in due popolazione e umori, quella scritta dal sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint, sulla situazione dei bambini musulmani durante il mese di Ramadan. Rivolgendosi al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e alla direttrice dell’Ufficio scolastico regionale, Daniela Beltrame, nonché al presidente regionale uscente Massimiliano Fedriga, la prima cittadina scrive di “un grave pregiudizio della salute e di inaccettabile vulnus educativo” nelle scuole.

Il riferimento è al digiuno durante le settimane sante per la religione musulmana, iniziate il 22 marzo e che termineranno il 20 aprile. “Bambini di famiglie islamiche - denuncia nella lettera - vengono esclusi dal consumo dei pasti nelle classi a tempo prolungato. Com’è noto, compete al Comune la responsabilità della gestione del servizio mensa, della programmazione dei relativi investimenti e del controllo generale: gli accertamenti effettuati con i funzionari comunali preposti, purtroppo, hanno confermato questa inammissibile pratica”.

Per Cisint, è “gravissimo che, sinora, non sia stato affrontato in tutti i suoi risvolti un problema palese di tutela dei minori e non siano stati considerati gli aspetti pedagogici, educativi e sanitari ed il portato delle conseguenze e degli effetti di un digiuno, che preclude di norma persino l’assunzione della semplice acqua e che si protrae per un periodo così lungo. Il rispetto delle usanze religiose, che deve essere garantito a ogni culto di fede non può essere invocato, o assunto come giustificazione” quando rivolte a soggetti fragili.

Evidenzia poi i rischi che l’assenza di cibo e acqua hanno sui più piccoli, modificando “le quote dell’ormone della crescita, indebolire l’attenzione e alimentare l’apatia. Anche sotto il profilo pedagogico questa pratica appare inammissibile: nella scuola la mensa non ha una funzione solamente nutrizionale, ma va considerata come un importante momento di educazione e promozione sociale”. Rileva quindi “la condizione di marginalità nella quale si sono venuti a trovare, durante la mensa, i ragazzi costretti al digiuno”.

Nello stesso tempo, ci sarebbe “il profondo disagio vissuto da tutti gli altri minori nel condividere questa situazione. È stato riscontrato l’isolamento di questi ad altri bambini seduti ad un tavolo diverso nella stessa stanza dove contemporaneamente altri consumavano il pasto da cui erano esclusi. Un doppio trauma emotivo, che come tale può lasciare segni nei minori coinvolti. Tutto ciò diventa intollerabile quando avviene nell’indifferenza, o nella connivenza, delle istituzioni e di chi ha la responsabilità educante e formativa dei giovani”.

"Peraltro, l’eventuale invito ai genitori a togliere i bambini dalle scuole nel ‘tempo-mensa’, non diminuisce affatto, tutt’altro, il grave problema di esclusione nutrizionale e di discrimine educativo, aspetti verso i quali l’autorità scolastica e l istituzioni non possono restare indifferenti” conclude la lettera, auspicando un intervento delle autorità e preannunciando ulteriori posizioni dell’amministrazione locale. La missiva non è piaciuta ad alcune insegnanti, in particolare a Rossella Beltrame, docente alla primaria Battisti che attacca le posizioni espresse.

“Un’azione con i dirigenti scolastici e i rappresentanti della comunità bengalese - commenta - sarebbe stata più opportuna per affrontare queste situazioni con chi le vive sul posto. Ovviamente a scuola viviamo situazioni diverse, con famiglie meno restrittive e altre più osservanti. Negli anni passati è capitato di vedere malori e giramenti di testa. Noi insegnanti parliamo con gli studenti di questo, ricordando loro che il momento della merenda è importante e tanto più il pranzo. Bisogna però capire la loro cultura ed educare le persone”.

Sul fatto che i bambini rimangono nella stessa sala dove gli altri mangiano, Beltrame rimarca che “gli insegnati hanno il dovere di sorvegliare tutta la classe in quel momento”. In ogni caso, invita a “non criminalizzare questa pratica. Sarebbe più giusto far parlare la comunità con un nutrizionista. È una situazione che dura poco più di un mese, certo trovarsi davanti al divieto di pranzare mentre gli altri lo fanno non è facile, ma non trovo opportuna questa richiesta di aiuto” conclude la docente, che ricorda anche come in età scolare molti ragazzi sono esentati dalla pratica religiosa.

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