Quel «piccolo nìo» ritrovato dal poeta dell’Isola del Sole

Quel «piccolo nìo» ritrovato dal poeta dell’Isola del Sole: il ricordo a Grado al suo poeta

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Quel «piccolo nìo» ritrovato dal poeta dell’Isola del Sole: il ricordo a Grado al suo poeta

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 13 Ago 2025
Copertina per Quel «piccolo nìo» ritrovato dal poeta dell’Isola del Sole: il ricordo a Grado al suo poeta

L’infanzia e la giovinezza di Biagio Marin presentate ieri nelle letture sceniche di Tullio Svettini e Addis Brizzi-Valsassina, con testi scelti da Marina Bressan.

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Da quassù lo sguardo si smarrisce nell’orizzonte rosa, lo stesso che osservava in vita il poeta graisan dalla sua casa di fronte. Il mare “ciacola” ai piedi della Biblioteca Civica intitolata a Falco Marin, caduto in guerra in un’estate di fine luglio. Mentre le stelle lacrimano nel cielo e il dolore dell’universo pare farsi più vivo, sulla terrazza della biblioteca va in scena lo spettacolo “Biagio Marin – L’infanzia perduta e ritrovata. Il poeta e la sua amica Maria”, su testi scelti e introdotti da Marina Bressan, con interpretazione di Tullio Svettini e Addis Brizzi-Valsassina. Si è svolta così - nella brezza di mare che ha addolcito la serata di ieri, 12 agosto – la pièce recitata dal duo affiatato in un contrappunto di versi dialettali e prosa. Una lettura scenica realizzata da Grado Teatro e dal Centro Ricerche Turismo e Cultura di Gorizia. «Questa sera – ha preso la parola l’assessore alla Cultura e all’Istruzione Lidianna Degrassi – la dedichiamo al poeta la cui casa è qui di fronte a noi. Un gigante del Novecento, per il quale le quotazioni aumentano di anno in anno». Proprio in occasione del genetliaco del poeta, il 29 giugno scorso è stato presentato dall’amministrazione comunale l’ultimo volume pubblicato dalla casa editrice L’Erma di Bretschneider. E nel ricordare il nuovo lotto di documenti in via di acquisizione dal comune di Grado, Degrassi ha sottolineato come saranno presto disponibili «altri materiali e poesie» da scoprire, che andranno ad arricchire l'eredità del poeta e il ricco panorama in sua memoria.

«Tutto ruota – spiega Bressan - intorno alla figura della sua amica d’infanzia Maria Degrassi, terza donna citata nella dedica de “I canti dell’isola” (1970-1981). Ritroviamo la nonna Tonia, la moglie Pina e infine Maria. Un personaggio che mi ha sempre incuriosito, di cui non ho trovato quasi nulla, se non una quantità notevole di poesie a lei dedicate. Nessuno l’ha mai ricordata, nonostante abbia rivestito un’importanza fondamentale nella sua vita, a iniziare dai primi anni, quando si conobbero alle elementari con la maestra Fonzara». Fra il ragazzino fulvo e la bambina “dagli occhi come more” subito scoccò la scintilla. «Era di una gentilezza unica – prosegue - affabile, ma al contempo anche molto decisa e risoluta». Maria mantiene viva la fiamma dell’infanzia e del «piccolo nio» che è il microcosmo di Biasetto inteso come «origine e fine del suo itinerario poetico». Un microcosmo raccolto fra l’osteria-casa del padre Antonio, dove resta affascinato dall’affabulare paterno e dal linguaggio primigenio dei pescatori, e l’androna in cui giocava con altri ragazzini, dove il ricordo della madre esile e bionda si smarrisce fra campielli e facciate di chiese. Nella basilica si reca ogni sera con la nonna Antonia, ammaliato dai canti delle “mamole” paragonati a «spire d’incenso verso l’eterno».

E infine c’è la bellezza dell’isola con le sue spiagge lambite dal mare «verdolino», arse dal sole, accerchiate dalle vele che si distaccano da riva come lente farfalle. «Ebbe un momento teofanico – precisa - avvertendo la voce dell’eterno che gli chiede di spartire il meraviglioso regno con gli altri». Investito dalla “missione poetica” prenderà a scrivere intorno al quotidiano come in uno Stundenbuch, insufflando luce nel suo canto. «Accanto a lui – aggiunge – il personaggio un po’ dimenticato di Maria: sarà lei a consigliargli di scrivere in dialetto», restandogli al fianco come «il suo punto di ritorno in una vita costellata da tempeste». «Dio – recita Svettini con voce accorata - è colui che coniuga l’eterno, il tempo, l’essere, il divenire», unendo nel suo sguardo «gli spiriti che a lui si affidano». Mentre il bambino si avvicina al mare, avverte la voce del Signore, folgorato dall’incanto dell’isola e dal gioco eterno delle maree. «Nonostante l’isolamento cercato – precisa Bressan - Maria seppe lenire le sue ferite e rabbonirlo.

Fra i due esisteva una grande affinità culturale, perché Maria gestiva Villa Matilde, una pensione sulla Diga». Ad allietare le sue giornate erano i momenti trascorsi con l’amata nelle quiete e luminose stanze invase dalla luce del mare, trastullandosi ad ascoltare «canzoni di acque e di venti» intersecate al volo radente dei gabbiani, mentre poco distante «Trieste è una galassia sospesa fra il turchino e il celeste». «Lei proveniva da una famiglia altolocata – chiosa Bressan -in quanto suo fratello era l’architetto Vigilio Degrassi. Fu sempre gentile verso gli ospiti che affollavano la villa dalle persiane verdi, dove si parlavano più lingue e dall’estero arrivavano riviste della secessione viennese come Ver sacrum. Casa Degrassi era un ambiente multiculturale di cui si beava lo stesso Marin, assiduo frequentatore delle sorelle Degrassi fino alla fine dei giorni di Maria, che si spense nel ’68. Per Biasetto fu un colpo non da poco».

In quanto a Maria, pur essendo stata chiesta in sposa da Ervino Pocar mentre si ritrovava a Firenze con Marin, decise di non sposarsi e restare accanto a Biagio senza tuttavia concederglisi. Finché il poeta fu costretto ad affrontare il trauma di abbandonare l’isola per Gorizia, dove di lì a poco avrebbe frequentato lo Staatsgymnasium. «Per Biasetto sarà uno shock anche la morte di lei, che rappresenterà il punto di inizio e la fine». Uno spettacolo costellato da versi estrapolati da raccolte diverse. Da “La girlanda de gno suore” a “La girlanda per Maria”, fino a “Il piccolo nìo” e “La longa istàe”. Non manca la raccolta pubblicata nel 1968 in occasione della morte della Degrassi - contenente una sola poesia inedita - e un passo tratto dal diario datato 16 maggio 1968, quando annota la notizia della morte dell’amata. Perché il tempo scorre inesorabile, e dei baci sulla bocca resta soltanto «il dolse amaro» mentre le ore «le cala, le cala».  

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