Quel messaggio di pace e collaborazione scientifica dalla rompighiaccio Laura Bassi con il supporto dei radioamatori di Grado

Quel messaggio di pace e collaborazione scientifica dalla rompighiaccio Laura Bassi con il supporto dei radioamatori di Grado

L'ATTIVAZIONE

Quel messaggio di pace e collaborazione scientifica dalla rompighiaccio Laura Bassi con il supporto dei radioamatori di Grado

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 29 Set 2025
Copertina per Quel messaggio di pace e collaborazione scientifica dalla rompighiaccio Laura Bassi con il supporto dei radioamatori di Grado

Un progetto portato avanti dal presidente di Adri-Antartica Julius Fabbri in collaborazione con l’Ogs di Trieste. A ottobre la nave salperà per l'Antartide

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Mentre le immagini degli orsi polari dell’Artico russo facevano il giro del mondo, mostrando gli animali in una base abbandonata da anni, il 26 settembre scorso dalla nave rompighiaccio Laura Bassi a Trieste sono stati inviati segnali radio che hanno raggiunto 45 Paesi del globo terrestre. A sperimentare il brivido dell’attivazione è stato il radioamatore Julius Fabbri con il supporto del gruppo ARI di Grado e la collaborazione di OGS. «Siamo quattro volontari dell’Associazione Radioamatori Italiana sessione di Grado – interviene il presidente Andrea Regolin – e abbiamo fornito a Julius il supporto tecnico-operativo. Dopo che il comandante dell’Ogs ci ha assicurato la propria disponibilità abbiamo portato sulla nave due stazioni radio complete». Una volta installate antenne aggiuntive per captare i segnali, il gruppo ha eseguito attivazione telegrafica in codice morse - fra i primi sistemi sfruttati in situazioni di emergenza – e tramite fonia. «L’obiettivo principale – spiega il docente nonché presidente dell’associazione Adri-Antartica Fabbri – è diffondere un messaggio di pace e collaborazione scientifica internazionale, ma anche tenere vivo l'interesse per l'istituzione formale del sito storico in Antartide presso i resti della base "Giacomo Bove", eretta 50 anni fa e smantellata dagli argentini otto mesi dopo».

Se per Trump i cambiamenti climatici rappresentano «la più grande truffa», per gli scienziati lo scioglimento dei ghiacci e il rinverdimento della penisola antartica costituisce una seria minaccia contro la quale dovrebbero coalizzarsi gli interessi mondiali. Oltre ad auspicare una collaborazione fra scienziati di nazionalità diverse, Fabbri si batte per candidare il sito e tutelarne la memoria storica fin dalla sua prima spedizione in Antartide nel 2003. «Conobbi la storia della “nostra” base dismessa dagli argentini e da anni ne propongo la candidatura a sito storico. Il messaggio che abbiamo voluto lanciare intende voltare pagina con il passato, per guardare al futuro e rafforzare ancor più il legame di amicizia e cooperazione tra Argentina e Italia. Un modo per designare il sito storico insieme al popolo argentino con spirito di leale collaborazione, anche in vista dell'Anno Geofisico internazionale 2032-2033». Era la fine del 1975 quando la motonave Colombo salpò da Trieste alla volta dell’Antartide con 30 tonnellate di materiale prefabbricato. A realizzare la prima base scientifica italiana fu la lungimiranza dell’imprenditore Renato Cepparo, che la dedicò all’esploratore Bove. «Questa base di ricerca venne smantellata dalla marina militare argentina – riporta – dopo soli otto mesi dalla sua costruzione, ma la sua storia è caduta nell’oblio. È un cold case irrisolto – rimarca – in quanto i resti della base non sono ancora stati ritrovati». Secondo le ricerche di Fabbri pare che siano tuttora conservati a Buenos Aires in un magazzino della marina argentina. «Gli argentini – prosegue - rivendicano la sovranità territoriale della penisola antartica. È una storia che conoscono in pochi, concomitante a quattro anniversari».

Quattro “compleanni” per ricordare il 40mo anniversario del Programma nazionale di ricerche in Antartide, il 50mo dall’inaugurazione della stazione “Giacomo Bove”, il ventesimo anno di vita della base italo-francese “Concordia” e il 64mo anno dall’entrate in vigore del Trattato Antartico. Prossima a salpare per una nuova missione in Antartide, la Laura Bassi ha accolto anche quattro radioamatori di Grado, raggiungendo 500 diversi interlocutori sparsi nel mondo. «Noi siamo radioamatori – chiosa – abbiamo la passione di “andare” in posti sperduti tipo le isole, oppure difficili da raggiungere, e mettere in atto quella che viene definita “attivazione radio”». A ricevere il segnale - oltre a Paesi quali Finlandia, Ucraina, Polonia, Cina, Kazakistan, Isole Canarie o le più vicine Austria, Slovenia e Repubblica Ceca - è stata anche una base scientifica tedesca collocata al Polo Sud, nel lontano Antartide. «Una grande soddisfazione - commenta con entusiasmo – perché per la prima volta in un luogo in cui nessun altro radioamatore aveva trasmesso abbiamo effettuato un’attivazione radio dalla nave rompighiaccio». Una nave da ricerca dotata di tre radio, che nel 2023 ha toccato il punto più a Sud mai raggiunto da nessun’altra imbarcazione, spingendosi nella Baia delle Balene nella dipendenza di Ross.

«Sono tre radio molto potenti – specifica – ma vengono usate per scopi civili o per la loro sicurezza, ma non come fanno i radioamatori». «Attivare il segnale da una nave scientifica in partenza per il Polo Sud è raro – ribadisce Rigolin – in quanto la nave ha sistemi suoi analoghi per mantenere i contatti in caso di emergenza». Onde corte che assicurano la comunicazione con il resto del mondo, anche a distanza di migliaia e migliaia di chilometri. «Americani, canadesi o russi, non c’era distinzione – conferma – e abbiamo collegato tre quarti degli stati del mondo sfruttando la possibilità delle onde corte di riflettersi sulla ionosfera per raggiungere grandi distanze». Un gruppo fondato nel 1973 da una ventina di appassionati. «Perché a Grado siamo in tanti? Perché c’era la scuola radiotelegrafisti, poi chiusa per l’avanzare delle tecnologie e la modifica delle normative sulla navigazione. Ma è rimasto un nucleo di appassionati, e al momento contiamo circa 25 iscritti». Cruciale per i radioamatori è la gestione delle emergenze, come durante il terribile terremoto del 1976, quando fu grazie alla loro attività di “angeli custodi” che si riuscì a intervenire tempestivamente.

«All’epoca non c’erano i cellulari – ricorda – ma solo una rete a filo, subito divelta dal terremoto. I primi messaggi di soccorso sono stati forniti dai radioamatori dell’epoca, che in quell’evento catastrofico contribuirono a portare assistenza». Da allora furono integrati nella Protezione civile, rivestendo un ruolo centrale come membro obbligatorio dei Centri operativi comunali. «Nei diversi Coc c’è la figura del radioamatore – chiarisce – e la sede è integrata a quella della Protezione civile, dove curiamo l’aspetto delle comunicazioni. Abbiamo anche una sala radio nella sede regionale di Palmanova». Un’attività di volontariato a tutela della cittadinanza, che supporta strumentazioni satellitari e digitali maggiormente suscettibili a lockdown. «Le apparecchiature radio che si basano sulle onde corte risentono meno di queste problematiche. Per questo anche la Laura Bassi – oltre a strumenti all’avanguardia – ha sistemi base che le consentono di mantenere i contatti in caso di tempesta solare o di copertura delle parabole con il ghiaccio». Una capillarità diffusa sul territorio, in grado di contrastare ipotetici scenari di guerra ibrida o improvvisi eventi calamitosi. E dunque indispensabile non solo alla Protezione civile, ma agli stessi organi delle Prefetture a tutela della pubblica sicurezza. (Foto: Andrea Regolin).

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