La protesta
La rabbia fuori dal Cpr di Gradisca, «basta morti di Stato»
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Una sessantina di manifestanti ha cercato un contatto con le persone all'interno sotto lo sguardo vigile della Polizia.
Dopo il suicidio di un ragazzo marocchino all’interno del Cpr di Gradisca d’Isonzo è partita la protesta di fronte ai cancelli della struttura gradiscana. La richiesta, dunque, di conoscere cosa sia successo al ragazzo marocchino uccisosi qualche settimana fa all’interno delle mura del Cpr ma anche ribadire con forza la contrarietà all’esistenza di strutture come quelle ospitate nella ex caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo sono state le motivazioni che hanno spinto, nel pomeriggio di una domenica di dicembre, una sessantina di persone, richiamate dal collettivo No Cpr – No Frontiere, a ritrovarsi di fronte ai cancelli del Centro di Permanenza per i Rimpatri. Tra loro e le mura, uno schieramento di forze dell’ordine, circa una ventina di uomini e donne di Polizia e Digos.
“Ci sono morti in tutta Italia”, hanno precisato alcuni manifestanti esprimendo “solidarietà ai reclusi, tenuti dentro a questo lager moderno. Sulle circostanze dell’ultima morte è tutto coperto da segreto di Stato, non sappiamo nemmeno il nome”, così i manifestanti.
Dopo due ore di protesta statica, gli stessi si sono diretti verso l’ingresso del Cpr dal cui interno, distinti anche se non in forma eccessiva, alcuni rumori che hanno indotto qualcuno dei presenti a tentare un dialogo con chi si trova all’interno, fornendo anche un numero di telefono per poter essere contattati.
Si tratta della quarta morte dall’apertura delle strutture ma del primo suicidio. Una lista che annovera Majid, caduto dal tetto dell’allora Cie nella notte tra l’11 e il 12 agosto 2013, Vakhtang Enukidze, il georgiano per il quale l’autopsia aveva individuato l’edema polmonare come causa di morte nel gennaio 2020 e, prima del ragazzo marocchino di inizio dicembre, un cittadino albanese a luglio 2020.
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