LA MANIFESTAZIONE
«Prelievi e codici bianchi e verdi del Ps in appalto», il Comitato di Salute Pubblica di Gorizia torna in piazza
Fra i presìdi organizzati oggi in tutte le città della regione, anche a Gorizia dubbi sulle riforme regionali. «Impedire lo smantellamento dell’Ente pubblico».
«Vendesi la sanità pubblica del Friuli Venezia Giulia, per informazioni rivolgersi all’assessore Riccardi». Un cartello rosso realizzato dal Comitato di Salute Pubblica di Gorizia che riflette con amara ironia la tragicità della sanità italiana. Il presidio organizzato nella mattinata di oggi – 11 ottobre – in Corso Verdi si è prefisso il duplice obiettivo di risvegliare la cittadinanza dal torpore della rassegnazione, per informarla in merito alla situazione locale e regionale. «Questa giornata è stata scelta dal Coordinamento Regionale Salute FVG – spiega il presidente del Comitato Daniela Careddu – un’organizzazione civica di cittadini che segue quanto accade in Regione in ambito sanitario, battendosi per la salvaguardia del servizio pubblico». Una manifestazione che unisce tutte le piazze della Regione, da Trieste a Pordenone, in un grande abbraccio corale che possa scuotere anche le coscienze delle amministrazioni. «Vogliamo informare i cittadini – prosegue – e dare risalto a quanto viene poco seguito dagli organi di stampa, per fornire un’informazione corretta. La sanità pubblica sta attraversando una grave crisi, in quanto da decenni si procede verso la privatizzazione». Il rischio sempre più reale è la trasformazione del vecchio ente in una “struttura d’élite” accessibile solo a pagamento, esclusiva per quanti dispongono del denaro necessario a visite ed esami.
«Questa privatizzazione è già evidente – precisa – in quanto l’Arcs, Azienda Regionale di Coordinamento per la Salute, intende esternalizzare tutti i punti di prelievo ospedaliero, dando in appalto a privati pezzi del Servizio sanitario. In molti casi la trasformazione è già in atto: per un prelievo si va alla Salute di Lucinico». Non va meglio alle strutture ospedaliere di Spilimbergo e Latisana, già in vendita a enti privati che hanno avanzato il proprio interesse. «Se non fermiamo questa direzione politica – avverte - si andrà in quella direzione. Noi siamo convinti che il sistema pubblico vada salvaguardato, perché ha sempre funzionato, mentre lo stanno smantellando a favore della privatizzazione. Il pubblico deve restare nostro, in quanto non ha le finalità di profitto delle strutture private. Costa meno, è un bene comune ed è l’unico in grado di garantire la presa in carico del paziente». L’esempio più lampante è quello della patologia tumorale, che necessita di visite di controllo ed esami di routine della durata di anni, assicurati nelle strutture private solo previo pagamento. Una gestione che discrimina inevitabilmente fra pazienti di serie A e di serie B andando contro l’articolo 32 della Costituzione, imperniato sulla tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e della collettività. «Se non rafforziamo il sistema pubblico, perderemo un bene comune di tutti e la presa in carico», conferma.
«La sanità pubblica preserva la salute della cittadinanza – rimarca anche il medico Adelino Adami – a partire dalla prevenzione, dalla medicina scolastica e del lavoro. Interviene quando insorge la malattia, con la presa in carico e il successivo percorso di cura. È una filosofia completamente diversa da quella privata, che si limita a fornire prestazioni. L’interpretazione dell’esame richiesto nella tua condizione di solitudine viene completamente disattesa. Il motivo per cui puntiamo su quella pubblica è che si tratta di una medicina a tutto tondo: preventiva, ma in grado di intervenire anche nel recupero successivo. Perdere la salute pubblica per puntare su quella privata significa smarrire questa visione d’insieme». Mentre a Cividale il pronto soccorso è stato trasformato in “Punto di primo intervento”, nell’intera Regione i codici bianchi e verdi sono stati affidati in appalto a cooperative esterne. «Non dobbiamo essere rassegnati – riflette Adami – ma fiduciosi nelle capacità di farci sentire». Bloccata temporaneamente la delibera che imponeva il trasferimento della sezione di Cardiologia goriziana a Monfalcone, Adami ribadisce l’importanza di sottoscrivere una delibera regionale.
«Verba volant, scripta manent – recita – per questo abbiamo chiesto un incontro con tutti i capigruppo dell’amministrazione comunale. È necessaria una delibera firmata dalla Regione a certificare che la Cardiologia resti aperta». Incerto anche il destino dell’ex Sanatorio, ipoteticamente portato a compimento per il prossimo trimestre. «A fronte di un impegno da 30 milioni di euro, ci aspettiamo che la struttura funzioni. L’intenzione è trasferirvi il nucleo di pazienti cerebrolesi, un tempo spostati da San Giusto all’ospedale». Un’idea infelice, quella di dedicare l’ex Sanatorio di via Veneto a pazienti che necessitano dell’intervento tempestivo di rianimatori per essere intubati. «Se si dovesse presentare la necessità d’intervenire dovrebbero essere caricati sull’ambulanza e inviati in ospedale». Alcune voci sostengono che insieme ai pazienti con deficit neurologici si sposti la stessa Rsa, in luogo della Casa e dell’Ospedale di comunità. «L’Ospedale di comunità con venti posti letto dovrebbe accogliere i pazienti non ancora idonei a essere dimessi – specifica – ma se va l’Rsa si perdono posti letto».
A raccontare la sua esperienza è stata poi la coordinatrice della Fondazione Gimbe Rossella Rizzatto: «Era il 2005 – racconta – quando nella notte fra Natale e Santo Stefano mio fratello rimase vittima di un infarto miocardico». Vent’anni di calvario durante i quali Mario rimase in stato vegetativo, mantenuto in vita grazie alla realizzazione di un presidio adeguato. In seguito alla riforma dell’assessore Telesca i pazienti in stato vegetativo vennero trasferiti dalla Clinica San Giusto al quinto piano dell’Ospedale civile. «Lì c’è anche un servizio di psicoterapia e musicoterapia – aggiunge – mentre ritengo impensabile trasferire questo nucleo in un’area periferica della città. Ci auguriamo che si possa raggiungere un momento di confronto», auspica. «Credo nella forza delle piazze – riprende Careddu – non siate rassegnati. Siamo ancora in democrazia – conclude - è legittimo manifestare e scendere in piazza». (Foto: Rossana D'Ambrosio).
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