Preghiere islamiche: il Consiglio di Stato nega il commissario a Monfalcone

Preghiere islamiche: il Consiglio di Stato nega il commissario a Monfalcone

IL DECRETO

Preghiere islamiche: il Consiglio di Stato nega il commissario a Monfalcone

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 24 Apr 2024
Copertina per Preghiere islamiche: il Consiglio di Stato nega il commissario a Monfalcone

Cisint: «Comune non si occupa dei bisogni e delle sedi delle confessioni religiose». C'è attesa per la decisione del Tar prevista per il 23 maggio.

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La II Sezione del Consiglio di Stato, riunitasi ieri in camera di consiglio a Roma, ha respinto l’istanza depositata dal Centro culturale islamico Darus Salaam, che aveva fatto richiesta di disporre la nomina di un commissario ad acta per trovare delle ulteriori sedi alternative che consentissero ai fedeli musulmani dei centri islamici cittadini di poter pregare. Qui la replica del legale dei centri islamici, Vincenzo Latorraca.

«Ritenuto che non sia possibile accogliere l’istanza di nominare un Commissario ad acta poiché in mancanza di un dictum preciso da eseguire tale non potendosi qualificare il compito di mettere le parti intorno ad un tavolo – si legge nell’ordinanza firmata dal presidente Gianpiero Paolo Cirillo - considerato che l’inutilità della nomina del Commissario ad acta appare ancor più evidente se si pensa che il 23 maggio 2024 verrà celebrato il giudizio di merito cosicché egli non avrebbe neanche lo spazio per poter condurre le parti ad un accordo, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, respinge l’istanza».

Le reazioni provenienti dal municipio di piazza della Repubblica non si sono fatte attendere. «È l’ennesimo pronunciamento dell’organo giurisdizionale – sono le parole espresse in una nota dal sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint - che conferma la correttezza del comportamento tenuto dall’ente. L’amministrazione comunale era intervenuta con due ordinanze nei confronti di due strutture operanti in modo irregolare in locali che, per ragioni urbanistiche, di sicurezza e incolumità pubblica, non potevano essere adibiti a luoghi di culto.
Peraltro ciò è continuato anche in violazione a due pronunciamenti del Consiglio di Stato che avevano confermato che quando la preghiera diventa un esercizio collettivo deve essere praticata nel rispetto della legge, rendendo quindi validi i provvedimenti del Comune, sistematicamente violati in questo periodo».

«I responsabili dei due centri avevano quindi chiesto la nomina di un commissario per imporre all’amministrazione pubblica siti temporanei di preghiera alternativa a quelli indicati, dopo una accurata ricognizione, dagli uffici municipali – continua il primo cittadino - anche questa pretesa è stata ora respinta dal Consiglio di Stato. Questa nuova decisione conferma la mia convinzione che, in uno Stato laico, il Comune non si occupa dei bisogni e delle sedi delle confessioni religiose».

«Non è compito del sindaco soddisfare, con i soldi di tutti i cittadini, le pretese private di una componente che sta perseguendo un evidente processo di islamizzazione, non rispettando la legalità e i principi del nostro ordinamento» ribadisce in chiusura Cisint. Ora non resta che attendere il 23 maggio quando il Tar del Fvg si pronuncerà in maniera definitiva nel merito di tutta la vicenda.

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