Polemiche e critiche su simboli e vie di Gorizia, battaglia sui nomi

Polemiche e critiche su simboli e vie di Gorizia, battaglia sui nomi

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Polemiche e critiche su simboli e vie di Gorizia, battaglia sui nomi

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 23 Apr 2022
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Scambio di accuse su nomi di luoghi e simboli, Romano: «Non si tocchi il tricolore».

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È infervorata la discussione sulla toponomastica e identitaria di Gorizia, tema che torna caldo in prossimità delle elezioni. Nei giorni scorsi, il sindaco Rodolfo Ziberna aveva puntato il dito contro l’ex sindaco di Aiello nonché candidato proprio in riva all’Isonzo nel 2007, Andrea Bellavite, il quale aveva posto attenzione sulla carenza di vie in città dedicate a figure slovene. “Forse dovrebbero togliersi gli occhiali dell'ideologia - il commento del primo cittadino - con cui, purtroppo, filtrano ogni cosa, a partire dai fatti della storia”.

Dal canto suo, Bellavite aveva suggerito che “Appena insediata, la nuova amministrazione dovrebbe riformare la commissione toponomastica comunale, affidandole la missione di procedere a una serie di proposte che se non elimineranno tutte le ormai anacronistiche e inopportune dedicazioni guerrafondaie, potranno almeno contribuire a rendere meno evidente una palese ingiustizia”. Dopo questa polemica, è l’assessore al Welfare Silvana Romano ad intervenire nel dibattito per difendere il tricolore e il Leone di San Marco presenti sul colle del castello.

Il riferimento è alle parole di Severino Bigotto - che ha specificato di parlare a titolo personale -, il quale aveva ricordato la storia contesa di Gorizia tra Venezia e gli Asburgo, con la prima che portano lì il simbolo della Serenissima dopo aver conquistato la città per un breve periodo di tempo. Rimasto poi nelle sotterrati del maniero, venne affisso definitivamente solo nel 1919. L’idea di rimovere la bandiera nazionale, poi, “non è astio verso la repubblica” ma “semplicemente adeguare le costumanze di questa città a quella di tutte le altre città italiane che hanno il vessillo esposto solo sui luoghi istituzionali”.

Parole mal digerite dall’esponente della giunta. “Qui ci troviamo di fronte non a idee ma a farneticazioni irricevibili e inaccettabili - attacca Romano - di una sinistra che non può andare al governo, né a Gorizia né altrove. Questi vogliono cancellare la nostra storia e sarebbero anche capaci di cambiare nome al Colosseo nella loro convinta follia. Se vincerà la sinistra toglierà il tricolore dal castello, se vinceremo noi ne isseremo uno ancora più grande”. Nella discussione, interveniente anche il lettore Marino Clemente, con una lettera indirizzata alla nostra redazione per puntualizzare alcuni elementi.

“I primi dati dell'esistenza storica di Gorizia - scrive - risalgono a più di mille anni orsono, e non che prima ci fosse il nulla. In questa lunga storia, piena di vicissitudini ma anche di lunghi periodi storicamente tranquilli, la storia locale si è sviluppata grazie a tante persone che hanno fatto parte della città e che appartenevano etnicamente, culturalmente, linguisticamente alle varie componenti cittadine, austriaci, sloveni, friulani, italiani, tutti facevano parte del tessuto variegato e ricco della società goriziana e del circondario”.

Clemente evidenzia che “della toponomastica locale, però, sembra che la storia di Gorizia sia cominciata dopo l'avvento dell'irredentismo nazionalista, dopo la Prima guerra mondiale, quando è stata conquistata, più che redenta, dall'Italia. Prima, storicamente, il nulla. Cancellati i precedenti 800 anni di storia, non degni di nota. Ridurre a cento anni tutta la varietà storica e sociale, ridurre al pensiero unico di ‘Gorizia è italiana e solo italiana’ risulta una prepotenza nei confronti degli altri, i ‘non italiani’ secondo questa visione, ma risulta anche una lettura antistorica di ciò che è stata ed è tutt'ora Gorizia”.

“Purtroppo - prosegue la missiva -, il sindaco Ziberna attinge ancora a piene mani a questo retaggio storico nazionalista ed accusa poi altri di spingere un ‘pensiero unico’. L'ambiguità delle sue dichiarazioni, a seconda dell'interlocutore, fa pensare. Grande amico, a parole, degli sloveni e di una parte della minoranza locale, quella “bianca”, non quella “rossa”, ma poi rivolgendosi al suo elettorato, nazionalista ed antisloveno, è sempre pronto a rassicurarlo che lui si spenderà sempre per l'italianità "indiscutibile" di Gorizia. In sostanza sta con i piedi in due scarpe”.

“Questa dicotomia del sindaco, non il primo ad esprimerla, ma speriamo l'ultimo, è ciò che frena la città ad aprire lo sguardo ad una realtà variegata e concreta, fatta di gente per la quale il confine ed i limiti sono storia, gente che vede nella importante componente slovena una ricchezza per tutta la città. Da sempre anche la cultura slovena ha contribuito a caratterizzare Gorizia, non sarebbe ora che ne vengano riconosciuti i meriti? E non si potrebbe cominciare dalla toponomastica come nel suo blog propone, con cognizione di causa, Andrea Bellavite?” conclude la lettera.

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