La peste a Gorizia e quel voto che diede vita alla chiesa di San Rocco, fulcro del borgo

La peste a Gorizia e quel voto che diede vita alla chiesa di San Rocco, fulcro del borgo

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La peste a Gorizia e quel voto che diede vita alla chiesa di San Rocco, fulcro del borgo

Di Vanni Feresin • Pubblicato il 11 Lug 2021
Copertina per La peste a Gorizia e quel voto che diede vita alla chiesa di San Rocco, fulcro del borgo

La chiesa dell'omonimo borgo è legata alla grave epidemia che flagelò la città nel Seicento. La storia dei suoi dipinti.

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Il 19 settembre 1497 il vescovo Sebastiano Nascimbene, vicario generale del Capitolo di Aquileia, essendo vacante la cattedra patriarcale da cui Gorizia dipendeva, aveva accordato ai decani e agli abitanti della comunità “sotto la torre in Goritia” la facoltà di erigere una cappella in onore dei Santi Sebastiano martire e Rocco confessore, con il consenso del pievano di Gorizia Andrea Posch. I lavori cominciarono nello stesso anno grazie ai contributi dei nobili Febo, Giovanni e Nicolò della Torre così da permettere nell’agosto del 1500 al vescovo di Caorle Pietro Carlo, vicario del Patriarca di Aquileia Grimani, di consacrare l’altare ligneo ornato dalle statue dei santi protettori.

Il 27 giugno del 1602 il Patriarca Francesco Barbaro autorizzò la costituzione della Confraternita di San Rocco, riconosciuta da Papa Urbano VIII il 17 luglio 1627 con bolla rilasciata nella basilica di Santa Maria Maggiore in Roma. Nel 1623 i goriziani, sfuggiti alla peste, decisero di provvedere all’ampliamento e all’adattamento della Chiesa di San Rocco, facendo voto di visitarla processionalmente tutti gli anni nel giorno del santo (16 agosto). Il vescovo di Trieste Pompeo Coronini consacrò il 23 agosto del 1637 la chiesa rinnovata e l’altare maggiore includendo nella pietra dell’altare le reliquie dei santi Andrea, Giusto e Cristoforo.

Il 21 agosto 1644 Giacomo Crisaj parroco pro tempore di Gorizia e Salavano rende noto di aver benedetto il nuovo cimitero e consacrato alcuni altari laterali della chiesa. Il 28 luglio 1645 gli Stati Provinciali accordarono ai Padri Domenicani la chiesa di San Rocco, il 10 novembre del 1648 venne accordato il possesso della medesima e il 6 gennaio 1650 i Padri si trasferirono al Santuario della Castagnevizza lasciando la cura della chiesa ad un cappellano fino alla rinuncia del giuspatronato avvenuta nelle mani del Principe Arcivescovo Carlo Michele d’Attems nel 1768. Il 7 febbraio 1683 la chiesa di San Rocco venne visitata da oltre quattromila persone che ringraziavano per essere nuovamente sfuggite alla peste.

Nel 1847 venne elevata a parrocchia la chiesa di Piazzutta e quella di San Rocco divenne cappellania curata, si dovrà attendere fino al 1881 perché la chiesa di San Rocco diventi parrocchia. La costruzione del campanile iniziò nel 1690 e venne portata a compimento nel 1702, il progettista ed esecutore dei lavori fu il milanese Pietro Gianni. Il campanile che era però tozzo e a forma di torre, coperto da un semplice tetto di coppi, venne completato nel 1886 con l’offerta di trentamila fiorini da parte del benefattore Pietro Merlo. La facciata della chiesa in stile ionico fu ultimata nell’agosto del 1899 dal goriziano Giovanni Brisco e venne restaurata dopo la prima guerra mondiale dall’impresa Silli Francesco di San Rocco.

All’interno della chiesa trovano spazio la pala di Santa Filomena, donata nel 1838 dalla famiglia reale francese in esilio a Gorizia, del Goriziano Giovanni Rauzi; la pala secentesca dell’altare maggiore rappresentante la gloria della Beata Vergine Maria con i santi Rocco, Sebastiano e Agostino probabilmente della scuola di Palma il Vecchio, restaurata nel 1769 da Giovanni Michele Lichtenreiter e nel 1931 dal lucinichese Leopoldo Perco; la via Crucis del 1750 di Antonio Paroli, dello stesso autore esistevano anche dei pannelli lignei venduti nel 1960 al conte Guglielmo Coronini Cromberg; la statua lignea della Madonna del Rosario venerata a San Rocco a partire dal 1883 attraverso la processione di ottobre curata dalla Confraternita del Ss. Rosario; l’organo del 1940 costruito dalla ditta Francesco Zanin di Camino di Codroipo.

Durante il primo conflitto mondiale la chiesa fu quasi completamente distrutta da un obice: l’affresco di Solone Viganoni posto sul soffitto nella navata centrale e raffigurante “la Gloria di San Rocco” venne cancellato, l’organo ottocentesco e la cantoria distrutti, gli altari laterali bruciati e l’archivio della parrocchia e del coro perduti nella parte più antica. La chiesa fu ricostruita negli anni Venti del XX secolo mantenendo la struttura secentesca: vennero rinnovati gli altari alterali con l’acquisto di due statue lignee quella del Sacro Cuore nel 1934 e quella di Santa Lucia nel 1935. La venerazione per la Santa della luce trova origine fin dalla fine del XVI secolo con l’istituzione a San Rocco della Confraternita intitolata a Santa Lucia.

Un punto di aggregazione importante è certamente l’oratorio progettato nei primi anni ’60 dall’architetto goriziano Guglielmo Riavis e inaugurato nell’agosto del 1965. Tra le opere degli ultimi trent’anni è da citare la Casa ai monti “Pietro Cocolin” inaugurata nel 1981e la sala polifunzionale inaugurata nel 2006.  I parroci della chiesa: don Martino Zucchiatti (1881 – 1894), don Carlo de Baubela (1895 – 1927), don Francesco Marega (1928 – 1960), don Onofrio Burgnich (1960 – 1967), don Ruggero Dipiazza (1967).

La facciata della Chiesa di San Rocco


Poco si sa della struttura originaria della Chiesa e della sua facciata: la documentazione che ci è pervenuta si limita all’atto di concessione (19 settembre 1497) da parte del Vicario di Aquileia Sebastiano Nascimbene ad erigere la cappella, al relativo concorso finanziario da parte dei fratelli Giovanni, Febo e Nicolò baroni della Torre ed alla consacrazione (penultima domenica d’agosto del 1500) del ligneo altare maggiore per mano del Vescovo Pietro Carlo di Carole Vicario del Patriarca Domenico Grimani. Il tempio venne ampliato a seguito del voto fatto dai goriziani nel 1623 per essere stati preservati dalla peste e la sua consacrazione avvenne il 23 agosto 1637 da parte del Vescovo di Triste, il Goriziano Pompeo Coronini.

La facciata del rinnovato tempio presentava un’ampia vetrata a mezza luna la quale, dopo oltre due secoli, e precisamnete nel 1867, essendo curato don Bartolomeo Strechel, venne murata a seguito di insistenze da parte degli addetti alla cantoria; al suo posto il pittore goriziano Filippo Pich (1806 – 1879) dipinse un affresco raffigurante San Rocco contornato da arabeschi. Il Pich era noto in città per altre effigi sacre realizzate sulle facciate di case goriziane fra le quali quella (oggi sostituita da altar figura) sulla casa situata al numero 1 di via Parcar fatta eseguire da Pietro Lasciac (chiamato bonariamente Pieri Paleot in quanto esercitava l’attività di conciacapelli) e raffigurante i Santi titolari dei figli Pierina, Antonio e Francesco Saverio, con la Madonna della Neve.

Troppo spoglio doveva apparire ancora il frontale della chiesa se trent’anni più tardi i borghigiani sollecitarono un conveniente abbellimento. Edotto di tale desiderio, interpretato dal fabbriciere Pietro Lasciac, il figlio di questi, architetto Antonio, partecipando ad un libero concorso per una chiesa parrocchiale indetto da un’accademia d’arte viennese, elaborò un progetto che sarebbe stato, almeno nelle intenzioni, utilizzato poi per un completo rinnovo della facciata del tempio sanrocchese. Inviato a Vienna e premiato, il progetto, che si ispirava a una delle più note basiliche romane, divenne irreperibile.

In seguito, per interessamento dello zelante parroco don Carlo de Baubela, nell’aprile del 1898, su progetto dell’ing. Giovanni Prisco (1834 – 1904) ebbero inizio i lavori di abbellimento che prevdevano una scrupolosa osservanza dell’ordine architettonico ionico. Il progetto contemplava anche una nicchia destinata ad accogliere la statua di San Rocco. Questa fu realizzata nel laboratorio degli scultori G. Fiaschi e F. Dazzi di Carrara. Da un settimanale dell’epoca si rileva trattasi “di un bellissimo lavoro eseguito con grande maestria in fino marmo di Carrara”; ed ancora “specialmente il volto del Santo è molto espressivo. Questo medesimo laboratorio ha fornito alcuni anni or sono anche le statue del Duomo di Cormons”.

Da rilevare che per il restauro della facciata concorsero il Goriziano Pietro Merlo (che già contribuì generosamente per l’innalzamento della torre campanaria nel 1886) con un lascito di mille fiorino, il Municipio di Gorizia e i borghigiani. Giunse anche un contributo di cento fiorino elargito dall’Imperatore “dalla propria cassetta particolare”. La benedizione della statua si svolse l’anno successivo e precisamente nel pomeriggio del 15 agosto 1899, vigilia della festa patronale. La cronaca in proposito riferisce che “sterminata è l’affluenza di popolo alla chiesa di San Rocco” e che “il Borgo è tutto in festa, tutto pavesato, specialmente poi la facciata della chiesa nel cui mezzo si vede la bellissima effigie in marmo bianco, riescito stupendamente in modo particolare nei lineamenti del volto”.

Alle 18, dopo un breve sermone di padre Chiappi, in piazza, il decano del Capitolo Metropolitano mons. Luigi Tomsig assistito da otto sacerdoti, procedette alla benedizione della statua e un complesso formato da sedici coristi del luogo, dodici ragazzi dell’Istituto Abbandonati e da dodici musicisti, eseguì l’Inno a San Rocco composto dal borghigiano prof. Francesco Saverio Lasciac. Musica, canti e scampanii coronarono la manifestazione, preludio di un’altra festosa giornata, quella del Santo Patrono il 16 agosto. Durante la guerra del 1915-1918, mentre la chiesa venne gravemente danneggiata la facciata riportò solo lievi danni ripari a cura dalle imprese Ricconi e Silli preposte alla ricostruzione del sacro edificio.

Nell’iconografia tradizionale, San Rocco viene raffigurato con il fedelissimo cane e la mancanza della bestiola nella nicchia diede per lungo tempo la stura e scherzose battute: i sanroccari, accusati di averlo rubato o addirittura mangiato, rispondevano che l’animale era scappato e che il “sintar” (canicida) l’aveva acchiappato. Nel 1941, il sanroccaro Pietro Urdan volle rimediare a tale mancanza e modellò personalmente un cagnolino di gesso. Ma, probabilmente per difetto di proporzioni, la statuina venne sostituita nel 1955 da un’altra che non ebbe altrettanta fortuna. Nell’agosto del 2003 un terzo cagnolino prese posto ai piedi del Santo e questa sembra la soluzione definitiva con buona pace di coloro ai quali stanno a cuore le vicende del vecchio borgo Goriziano e i suoi simboli più significativi.

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