Paolo Calabresi nei Perfetti sconosciuti a Gorizia, «uniamo teatro e cinema»

Paolo Calabresi nei Perfetti sconosciuti a Gorizia, «uniamo teatro e cinema»

l'intervista

Paolo Calabresi nei Perfetti sconosciuti a Gorizia, «uniamo teatro e cinema»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 29 Mar 2024
Copertina per Paolo Calabresi nei Perfetti sconosciuti a Gorizia, «uniamo teatro e cinema»

Paolo Calabresi, nei panni di Rocco, sarà tra i sette protagonisti al Verdi della commedia tratta dall'omonimo film scritto e diretto da Paolo Genovese.

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«Lei lo ha visto il film? Beh effettivamente chi non lo ha visto in Italia». La battuta di Paolo Calabresi (nella foto) durante l’intervista racconta molto della fama che si porta dietro Perfetti sconosciuti, lo spettacolo teatrale che arriverà martedì 2 aprile alle 20.45 al Teatro Verdi di Gorizia. Tratta dall’omonimo film, con cui ha in comune anche l’ideatore Paolo Genovese, l’opera pone al centro le vite segrete di ognuno di noi, partendo da una «roulette russa» dove al posto della pistola ci sono i telefoni che squillano.

Chi ci sarà con lei sul palco?
Dino Abbrescia, Alice Bertini, Marco Bonini, Massimo De Lorenzo, Anna Ferzetti e Astrid Meloni. Io ho rubato il personaggio che nel film era di Marco Giallini (Rocco, ndr). L’alchimia che si è creata tra noi è stata straordinaria. So che sono cose che si dicono quasi sempre, ma è vero: non ci siamo tirati i piatti fuori scena. Questo testo ha sette protagonisti e aiuta molto a evitare questi meccanismi di gelosie, con tournée lunghe si finisce per avere problemi frequentemente. Il mondo degli attori è particolare. Noi invece abbiamo scavallato questo periodo, superando le 160 repliche, e ci divertiamo moltissimo. Anche il pubblico si diverte molto, anche di più che con il film, perché le parti di malinconia sono diverse: la macchina da presa ha un modo molto spinto di raccontare il senso di inquietudine, fin dall’inizio, mentre a teatro il pubblico vede sempre tutti.

Che personaggio è il suo? È stato influenzato dall’interpretazione di Giallini?
Tutti noi siamo riusciti a dimenticarci del film, anche se le linee del personaggio inequivocabili. Rocco ha prudenza nel voler bene alla propria moglie, una pazienza nel comprendere e la lungimiranza nel capire che quel gioco che la moglie propone non è un gioco ma una roulette russa. Fa comunque buon viso a cattivo gioco e capisce come andrà a finire. È un personaggio diverso da quelli che interpreto solitamente, che sono o il cattivo o l’idiota.

Quanto è stato difficile questo cambio di registro per lei?
Non è stato facile per nulla. Genovese voleva una recitazione più vicina a quella cinematografica rispetto a quella teatrale, che fosse molto naturale, e questo porta a un’operazione molto interessante. Lo spettacolo avvicina due mondi, teatro e cinema, che per decenni sono stati molto lontani, anche perché gli attori non hanno il microfono sul palco e devono farsi sentire a tutti. Pur conservando l’intensità, abbiamo lavorato su questo e capisci che questi due mondi sono perfettamente compatibili.

Qual è stata la reazione del pubblico rispetto al film?
Il pubblico è intimorito all’inizio come noi lo eravamo alle prove, ma entra subito dentro lo spettacolo quando il gioco non è ancora iniziato. Si ha la sensazione di essere in un salotto con sette amici che pensavano di conoscersi perfettamente, e invece non è così.

Al centro ci sono le identità che abbiamo dentro i nostri telefoni. Il pubblico si identifica in questa situazione?
Ha una reazione di grande ilarità, a differenza del film, e ci siamo stupiti di quanto le persone ridono. È una risata liberatoria e anche esorcizzante, come dire 'a me non succederebbe mai’, come chi cade con la buccia di banana. Verso la fine, quando le tragedie diventano più pregnanti e dure, il pubblico però resta in silenzio e capisci che hanno capito che può succedere anche a loro. Tutto ciò è frutto non tanto della bravura degli attori, quanto della geniale idea di base del film, che ha raccolto questa strana tendenza a depositare dentro un hard disk esterno non solo i propri segreti, ma anche la vita intima. I tradimenti e le cose intime sono sempre esistiti, però restavano nei nostri cuore e cervello. Oggi abbiamo una protesi e non la controlliamo del tutto, anche se ci vengono proposti dei meccanismi per occultarla.

Perfetti sconosciuti è campione di remake in giro per il mondo, come se lo spiega?
Genovese ha fatto molta fatica a fare questo film. I produttori non lo volevano, perché un girato dentro una stanza poteva risultare noioso. Sono pregiudizi che spesso le produzioni hanno. A Paolo però era saltato un altro progetto e alla fine la sua produzione ha ceduto a fare questo film. A volte succedono cose strane.

Di tutti questi remake e dell’originale, ha visto qualcuno in particolare per trovare ispirazione?
Ho visto cose molto curiose, alcuni miei colleghi hanno scelto di non riguardare il film ma io invece l’ho rivisto più volte, così come il remake spagnolo e altre messe in scene teatrali di altri Paesi. Mi serviva capire dove stavano gli elementi comuni. Il cellulare è il tema su cui bisognava lavorare, ma è tutto molto personalizzato e viene fuori con la stessa forza.

Proprio il fatto che tutto parta dallo sbirciare nei telefoni altrui, rende questa commedia strettamente legata all’oggi, anche se tradimenti e vite nascoste sono sempre esistiti?
Credo che sarebbe stato impossibile farla in altre epoche, oggi abbiamo la tendenza a personalizzarci e delegare tutto. È una tendenza molto pericolosa, ma al di là dei giudizi etici è pericoloso perché perdiamo il controllo delle cose. Già solo scrivere una lettera all’epoca era ben diverso dal scrivere un messaggino oggi. Prima era tutto più dilatato, c’era il tempo di sedimentare e riflettere sulle cose, ora invece agiamo direttamente perché c’è qualcuno che ci aiuta.

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