Pace, accoglienza e vita: gli appelli del Natale del vescovo di Gorizia

Pace, accoglienza e vita: gli appelli del Natale del vescovo di Gorizia

le omelie

Pace, accoglienza e vita: gli appelli del Natale del vescovo di Gorizia

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 25 Dic 2023
Copertina per Pace, accoglienza e vita: gli appelli del Natale del vescovo di Gorizia

Il vertice della Curia ha rivolto le sue riflessioni verso chi fugge dalla guerra e sull'accoglienza, ma anche sul lavoro da fare per portare la pace.

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La pace e l’accoglienza sono stati i temi su cui hanno ruotato le omelie di Natale dell’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli. Ieri sera a mezzanotte, in Cattedrale, il vertice della Curia ha dedicato le sue parole al trovare un modo per contrastare la violenza che dilaga nel mondo: “Mi sarebbe piaciuto cambiare l’inizio della mia riflessione, ma la situazione rispetto allo scorso anno non è migliorata, anzi è peggiorata: alla guerra in Ucraina, si è aggiunta ora la tragica guerra di Hamas e Israele”.

Per l’arcivescovo, “la vita è direttamente connessa con la pace”, anticipando nel suo discorso anche l’appuntamento della marcia che unirà il confine di Gorizia e Nova Gorica, nell’ultimo giorno dell’anno. “Il primo effetto della guerra, che è il contrario della pace, ma anche del terrorismo e della violenza di ogni genere, è la morte, cioè il contrario della vita. La morte non solo dei militari, che sono uomini e donne e hanno diritto di vivere anche loro, ma pure dei civili, anche di tantissimi bambini. Solo nella pace ci può essere vita”.

Viceversa, ha rimarcato che “solo se c’è rispetto per la vita c’è pace e si costruisce la pace”. Ha quindi ricordato le vittime di quest’anno nel Mediterraneo, 2271, "il 60% in più rispetto allo scorso anno e probabilmente sono molte di più perché di certi naufragi non si hanno dati precisi”, parlando anche di chi ha responsabilità in questo: “Chi fomenta guerre e non garantisce opportunità per una vita degna e pacifica nei paesi di provenienza, dei trafficanti di esseri umani, delle autorità che rendono più complicati i salvataggi”.

Dito puntato anche verso “chi crea nell’opinione pubblica un clima di rifiuto verso chi scappa da guerre, fame e povertà)”. Immancabile un passaggio sulla cultura, visto l’appuntamento che ormai dista poco più di 12 mesi con GO! 2025: “La vita, una vita degna, deve comprendere anche la sfera culturale e spirituale: se non c’è la possibilità di istruzione, di formazione, di fruizione della cultura; se non c’è la possibilità di praticare la propria religione come singoli e come associati, non c’è una vita degna”.

Questa mattina in Sant’Ignazio, invece, monsignor Redaelli si è soffermato sul “passo del Vangelo di Giovanni evidenzia una dinamica che sottolinea la libertà degli uomini: l’accoglienza e il rifiuto. La salvezza non è mai imposta, ma proposta e interpella la nostra libertà”. Ha quindi parlato della discordia che può fare danni così come la guerra: “Le guerre cominciano così: suscitando sentimenti contrari al vicino, che diventa nemico; provocando appositamente emozioni di paura; interpretando male ogni parola e azione dell’altra parte e così via”.

“Ci vuole allora una grazia speciale - ha rimarcato - per ‘tenere duro’ (come recita la versione friulana: ‘fâs che i amans de pâs a puedin tignî dur tal ben’), perché chi lavora per la guerra non ha soste e, come succede nella vita spirituale, se nell’impegno per la pace non si va avanti, non si sta fermi, ma si va indietro”. Da qui, l’appello a un cambiamento: “C’è sempre la possibilità della conversione, anche le persone più violente possono diventare pacifiche”. Un tema che sarà sviluppato nel percorso che coinvolgerà le due città domenica.

Foto Sergio Marini

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