Palazzo Attems e quell'architetto misterioso che trasformò il gioiello di Pacassi

Palazzo Attems e quell'architetto misterioso che trasformò il gioiello di Pacassi

Z di Zahony

Palazzo Attems e quell'architetto misterioso che trasformò il gioiello di Pacassi

Di Vanni Feresin • Pubblicato il 05 Set 2021
Copertina per Palazzo Attems e quell'architetto misterioso che trasformò il gioiello di Pacassi

Nato nel 1740, l'attuale municipio ha subito diversi interventi nei secoli e ha perso quasi tutti gli elementi. La storia.

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Il Palazzo Attems-Santa Croce venne ultimato da Nicolò Pacassi nel 1740 e, all’epoca, l’architetto aveva appena 24 anni. Questo risulta essere il primo grande progetto attribuito all’architetto Goriziano, che ideerà e realizzerà altri due notevoli palazzi per la nobile famiglia degli Attems: il palazzo di piazza Corno nel 1745 e quello di Podgora del 1748, andato distrutto durante il primo conflitto mondiale, l’8 agosto del 1915.

Dell’originario edificio, oggi palazzo municipale, permangono oggi solamente i tre balconcini sul fronte stradale, la loggia jonica rivolta al giardino e la doppia scalinata d’ispirazione veneta, con gli altri gradini che conducono al primo piano. L’edificio venne completamente modificato da Johann Christoph Ritter de Zahony, subito dopo l’acquisto del 1923. Le modifiche sono state effettuate da un architetto che rimase misteriosamente anonimo.

Scrive l’architetto Diego Kuzmin nell’opera monografica dedicata al palazzo municipale “Il Palazzo Municipale di Gorizia 1908 – 2008” [pag. 15]: “Palazzo Attems Santa Croce, strutturato, come tutte le progettazioni del Pacassi, secondo il rigido asse longitudinale della logica palladiana, disposto ortogonalmente rispetto la simmetria della facciata, in origine presentava una pianta tripartita, nei modi del palazzo veneto, che prevedeva, al primo piano, un salone passante per feste e ricevimenti, utilizzato anche come disimpegno per le stanze, in questo caso in numero di quattro per ciascun lato".

"Il pianoterra era costruito, in analogia a quello superiore, con una androna a collegare l’esterna piazzetta Santa Croce alla corte interna e al parco, attraverso i quali si sviluppava un passaggio pubblico, in uso fino agli anni ‘309 quando venne realizzata la via Barzellini, a collegare via Rabatta e l’abitato di San Rocco con il Centro della città”. Il barone Ritter era giunto a Gorizia da Francoforte sul Meno e aveva portato con sé le sue idee di imprenditoria moderna che diedero grande impulso alla vita della città di Gorizia.

Continua Kuzmin [op. cit. pp. 16-17]: “Il nuovo stile neoclassico che il palazzo viene ad assumere dopo le modifiche, meglio confà alla nuova classe sociale di ricchi borghesi ed imprenditori emergenti alle quali i Ritter appartenevano. Con l’uso di forme architettoniche che riprendono figure geometriche semplice, tra le quali è particolarmente significativo il triangolo, viene rappresentata l’autorevolezza e l’austerità di chi abitava l’edificio, rispetto la precedente ed evanescente frivolezza barocca e rococò, più confacente alla nobiltà settecentesca”.

La famiglia Thurn (tra il 1802 e il 1822), che aveva posseduto il palazzo prima dei Ritter, aveva abbellito e decorato gli interni con opere di Furlanetto, Paroli e Stefani, il tutto venne fatto scomparire dopo l’intervento molto invasivo dei Ritter. I nuovi proprietari, oltre alla totale modificazione interna ed esterna, fecero costruire una nuova ala al palazzo e sistemarono anche il parco “all’inglese” con la realizzazione di una collinetta artificiale e sovrastata da un belvedere, questa parte venne demolita per la realizzazione dell’attuale via Barzellini.

“Dell’impianto di quest’epoca rimane traccia nel tempietto monoptero anch’esso a colonne doriche con copertura orientaleggiante a campanatura, in asse all’ingresso e nell’aiola circolare nel messo della court d’honneur, quest’ultima però modificata negli anni Trenta del Novecento quando viene ad acquistare l’attuale rigoroso cromatismo e la rigida geometria determinata dall’inserimento della figura di un quadrato, rappresentato dai cedri del Libano, nel cerchio dell’aiola di convallaria, contornata di bosso”.

A conclusione della discendenza mascolina dei Ritter, per volontà testamentaria di Enrico Guglielmo barone Ritter se Zahony, il 19 novembre 1903 tutti i beni mobili e immobili passarono alla contessa Carla Coronini Cronberg nata baronessa Ritter Zahony e alla contessa Eleonora Palffy-Daum principessa di Thiano, nata contessa Nugent. Nello stesso atto testamentario si nota che il palazzo Attems-Santa Croce passava alla principessa Eleonora.

Solo quattro anni più tardi, il 16 novembre 1907, la stessa principessa si impegnava a vendere il palazzo sito nell’allora via Teatro 24 con cortili, giardino e serra annessa, nella stessa lettera Eleonora Palffy-Daum prospettava la vendita di altri edifici siti tra le attuali via del Municipio e via Rabatta, questa proposta sarebbe rimasta in vigore fino al 31 dicembre di quell’anno.

Il Consiglio comunale presieduto dal podestà, avvocato Francesco Marani, relatore il consigliere Giuseppe Venuti, nelle sedute del 27 e 28 dicembre 1907 deliberò l’acquisto dell'immobile con cortili e serra per un valore ingente di 330.000 corone da pagarsi entro il marzo del 1911, come da verbale della seduta si legge: “In questa stessa aula fu fatto cenno da vari colleghi dell’impellente bisogno di dare ricetto un po’ più decoroso ai nostri uffici municipali […]".

"In tutta mia coscienza sono al caso di proporre a quest’Inclito Consiglio di farsi acquirente pel Comune, e a condizioni secondo il mio modo di vedere vantaggiosissima, del complesso che si estende tra le vie del Teatri e quella dei Cappuccini con un’area complessiva di metri quadri 23.000 intestate oggi a nome della nobil donna Contessa Eleonora Palffy”. Nello stesso palazzo dimorava anche la famiglia della baronessa Angiolina Ritter de Zahony Sartorio che intervenne nelle trattative per una somma di 30mila corone da pagarsi in tre rate uguali tra il 1909 e il 1911. Il formale passaggio avvenne il 17 marzo del 1908.

Gli uffici amministrativi vennero immediatamente spostati nel nuovo complesso ma la sala del Consiglio comunale rimarrà, fino al 1965, in corso Verdi nell’edificio costruito dal Podestà Giacomo di Colloredo-Mels nel 1863, secondo le indicazioni dell’architetto Giuseppe Brigida.

Il Palazzo Ritter de Zahony subirà nei decenni successivi varie modificazioni, la prima, subito dopo la seconda guerra mondiale, per mano dell’ingegnere capo del Comune Riccardo Del Neri (1896-1964) che interverrà sulla facciata cambiandola radicalmente, poi, negli anni Settanta del Novecento, con la consulenza dell’architetto Guglielmo Riavis (1917-1987), verrà modificata l’androna d’ingresso con nuovi rivestimenti in pietra d’aurisina, si realizzeranno gli attuali accessi al vano scale e l’architetto Riavis si occuperà personalmente dell’arredamento interno delle sale al piano nobile.

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