L'odio che uccise la famiglia Malič, tre pietre per il ricordo a Devetaki

L'odio che uccise la famiglia Malič, tre pietre per il ricordo a Devetaki

doberdò del lago

L'odio che uccise la famiglia Malič, tre pietre per il ricordo a Devetaki

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 27 Gen 2023
Copertina per L'odio che uccise la famiglia Malič, tre pietre per il ricordo a Devetaki

Poste le ultime tre pietre nel comune carsolino, il ricordo della famiglia vittima dell'odio e catturati nel 1944.

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Il civico 1/b della frazione di Devetaki nel comune di Doberdò del Lago ha accolto tre nuove Stolpersteine in occasione del Giorno della Memoria. Qui sono stati ricordati Jožef Malič, nato a Vrtojba nel 1900; sua moglie Alojzija Marišič Malič di Opatje selo del 1901 e la loro figlia Severina Malič, nata a Vrtojba nel 1925. Con le tre pietre d'inciampo di oggi, si è giunti a 17 segni di questo "monumento diffuso" che dal 2018 è presente anche in diversi punti della comunità carsolina.

La cerimonia si è svolta alla presenza del sindaco Fabio Vizintin, del presidente della sezione Anpi "Vallone-Jamiano" Patrik Zulian, del presidente dell'Associazione cattolica Hrast Cristian Lavrencic, con la collaborazione della squadra locale della Protezione civile e dei carabinieri della stazione di Doberdò. Il primo cittadino ha tenuto una riflessione sulle origini e sul senso del male nel mondo: "Il male è essere forzati contro le proprie volontà, è morire senza dignità" ha affermato.

E ancora Vizintin: "Il male da abbattere è l'odio che nasce dalla non accettazione delle diversità religiose e culturali. Dall'odio purtroppo nascono azioni individuali prima e sistemiche poi". Dal sindaco di Doberdò è giunto quindi l'invito ad intervenire subito "sui piccoli fuochi generativi del male". A tracciare il ricordo della tragedia che interessò la famiglia Malič - composta da madre, padre e figlia - è stato il signor Marian Malič.

Quello di Marian, oggi 72enne, è stato un ricordo commosso rivolto ai nonni e alla zia. Lui non li ha mai conosciuti, se non in fotografia. Nonno Jozef era operaio in cantiere a Monfalcone e lavorava la terra. Nonna Alojzija educava la famiglia, era una donna onesta e umile. La zia Severina era la più piccola della famiglia. La guerra forzò l'interruzione degli studi che lei aveva intrapreso. Severina fu una staffetta partigiana. Nel 1944, i tre vennero arrestati e portati a Gorizia per essere poi trasferiti in Germania.

Jozef morì a Dachau mentre le due donne conclusero la loro vita nel campo di Ravensbruck. Anche questi tre testimoni, in questa giornata, sono stati un monito per dire "mai più" all'orrore della guerra e delle dittature.

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